La comunicazione nelle relazioni interpersonali in ambito lavorativo

Tecniche di assertività e propositività per una Comunicazione efficace in ambito lavorativo

Comunicazione Non Verbale. Che gesto parli ?

Non comunichiamo solo attraverso le parole: anche il nostro corpo possiede un suo “linguaggio” che amplia e, a volte, sostituisce il contenuto verbale della comunicazione stessa.

L’Arte dell’ASCOLTO

Tecniche di comunicazione nella gestione delle risorse umane.


Interroghiamoci su:

• Non interrompo gli altri o parlo mentre stanno parlando loro

• Concentro completamente la mia attenzione su ciò che l’altro sta dicendo

• Aspetto il mio momento di parlare

• Sono un ascoltatore empatico e per me è importante capire che cosa gli altri stanno
cercando di dire

• Sostengo ed incoraggio gli altri quando parlano

• Non comparo me stesso a chi parla durante la conversazione

• Evito di leggere ed anticipare il pensiero altrui quando ascolto qualcuno

• Fornisco un ritorno costruttivo quando rispondo

• Sono sinceramente interessato agli altri quando parlano

• Riesco a dimostrare il mio interesse ed il mio coinvolgimento anche attraverso la
comunicazione non verbale

• Capisco che il mio ascolto può essere di grande aiuto a chi mi parla ed evito distrazioni o
fare altro e soprattutto rimando i miei viaggi mentali a quando l’ascolto sarà terminato.

dal Seminario Intensivo su Tecniche relazionali e comunicative
Santa Marinella

La Creta e la Statua … Storia di ordinaria Manipolazione

Il tecnico dell’informazione manipola e trasforma perché questo è un meccanismo intrinseco al fenomeno dell’informazione … l’obiettività, per questi motivi, non esiste.

Le 12 possibili barriere della comunicazione secondo Thomas Gordon

Gordon descrive i 12 atteggiamenti da evitare per non rischiare di interrompere la comunicazione  e compromettere la relazione

Tutto ciò che bisogna sapere sugli aspetti della comunicazione negativa

L’importanza di Saper Parlare in Pubblico

Colui che, capace di pensare, non sa esprimere il suo pensiero, è allo stesso livello di chi non riesce a pensare

Pericle, una delle più grandi personalità della storia antica, dominò Atene dal 461 al 429 a.C.

Perchè imparare a parlare …

Il nostro modo di parlare condiziona tutti gli aspetti della nostra vita.

Il successo, non solo in campo professionale, dipende dalla nostra capacità di esprimerci.

L’arte di saper parlare in pubblico investe tutte le aree della comunicazione e consiste nell’abilità di comunicare le proprie idee.

COMUNICO … ergo sum

“Ho il piacere di comunicare….”

Il bisogno di comunicare con gli altri è una prerogativa irrinunciabile dell’uomo.  I momenti di scambio, dialogo vero “senza maschere” con la propria “isola felice”, così rari nella nostra quotidianità, sono indispensabili per il nostro equilibrio psicofisico.

Aggressività, timidezza, ansia, indecisione, sensi di colpa, bassa o eccessiva autostima condizionano sempre la nostra vita quotidiana.

Essere consapevoli del proprio stato d’animo ci aiuta a capire come siamo interiormente e ciò ha un effetto benefico sulle relazioni che stabiliamo con gli altri. “Conosci te stesso” dunque, ma non solo. Imparare a comunicare è facile a dirsi, ma non a farsi. La comunicazione, dovete sapere, è una strana materia, una disciplina difficilissima e tanto sottovalutata. Se il chimico interagisce con sostanze e composizione degli elementi, se l’avvocato ha a che fare con pratiche, atti e codici vari, il tecnico con macchine e meccanismi, la comunicazione tratta delle relazioni con gli esseri umani. Mica semplice!

La comunicazione è un processo mai definitivo e mai definito, è in continua evoluzione perché, semplicemente, gli esseri umani sono diversi gli uni dagli altri, non sono fissi né catalogabili, non si possono applicare “formule magiche” o ricette ad effetto immediato! Vi siete imbattuti in una bella ma alquanto difficile disciplina voi che vi avvicinate allo studio della comunicazione! State attenti! Una volta entrati nel mondo della comunicazione non farete più ritorno al vostro quotidiano “banale” e pieno zeppo di luoghi comuni. Chi si occupa di comunicazione va oltre le tecniche e le formulette, spacca il capello in quattordicimila parti e…non è soddisfatto. Il percorso è faticoso, anche se intellettualmente coinvolgente, e sarà difficile demolire conoscenze limitate ma fortemente radicate nel corso degli anni. Talvolta superficiali ma, tuttavia, rassicuranti ed importanti per ognuno di voi.

Dovrete acquisire la consapevolezza che se volete comunicare con qualcuno dovete abbandonare il vostro egocentrismo e pensare solo ed esclusivamente al vostro soggetto recettore perché non sempre considerazioni e pensieri ritenuti importanti ed interessanti  per noi, lo sono altrettanto per chi ci ascolta. Proprio così!

La comunicazione non avviene in partenza ma all’arrivo, cioè avviene in colui che ascolta, nella testa del soggetto recettore.

La “dotta ignoranza”.

Socrate: “Ciò che mi importa è di essere d’accordo con me stesso e cercare di non fare mai il contrario di ciò che penso”.

Sofista: “ E che cosa pensi, che cosa sai di più di quanto non sappiano gli altri?”

Socrate: “ Che cosa so più degli altri? So di non sapere niente”.

Socrate, come si direbbe oggi giorno, era uno che la sapeva lunga!

Vi ho anticipato già prima dell’importanza di conoscere se stessi e mettersi continuamente in discussione, ebbene, il dialogo qui proposto ne evidenzia tutta l’importanza. Il dialogo che qui vi abbiamo presentato racchiude a pieno il significato della comunicazione, un processo in continuo divenire.

La maggior parte di voi associa la comunicazione in senso lato ad una disciplina, che gia ai tempi di Socrate era molto adoperata e dallo stesso filosofo molto osteggiata, cioè la retorica. Non ci soffermeremo sul significato e sull’evoluzione storica di questo concetto, ma è importante sottolinearne alcuni aspetti.

Il “bel  parlare” non è comunicazione vera e propria, è solo uno dei tanti aspetti che investe il fenomeno comunicativo, che riguarda in particolar modo l’enunciazione del discorso o il parlare in pubblico. Quello che a noi interessa è sottolineare la differenza che sussiste tra la “confutazione” dei sofisti, ai quali era attribuita l’arte della retorica, e il dialogo socratico. In entrambi i casi si ha una discordanza di opinioni, ma c’è una differenza e la ritroviamo nello spirito che li anima.

Nella confutazione sofistica, proprio come nel contraddittorio giudiziario, tutto gioca nel riuscire ad aver ragione sull’opinione altrui, soffocandola con ogni possibile mezzo dialettico.

Nel dialogo socratico, invece, il fine principale era quello della ricerca comune della verità, anche a costo delle proprie convinzioni.

L’ideale della confutazione sofista è ridurre al silenzio l’interlocutore per arrivare ad una conclusione.

L’ideale del dialogo autentico è invece opposto: quello di un cammino di verità, quanto si vuole accidentato e inconcluso, ma mai inconcludente, lungo il quale le opinioni altrui servono almeno quanto le proprie.

Nel dialogo socratico non vi è il gusto della prevaricazione o della prevalenza sull’altro, ma al contrario, l’obiettivo è volto a liberare nell’altro energie, a rompere determinate cortecce superficiali, e di conseguenza ad innescare e fare emergere una riflessione.

Il dialogare socratico, pur nella sua eccessiva tensione costruttiva, e pur investendo energie per cogliere il punto debole del ragionamento dell’altro, ha il pregio di andare incontro all’interlocutore perché si configura come una discussione strutturata su domande e risposte tra persone associate dal comune interesse alla ricerca.

Da Socrate, dunque, mutuiamo importanti concetti che sono alla base del processo comunicativo:

  • la comunicazione è relazione con gli altri, è un comune sentire dove entrambi i soggetti crescono dalla relazione che stabiliscono;
  • i soggetti, in particolare il recettore, sono attivi ed entrambi dotati di facoltà opinanti (toglietevi dalla testa i condizionamenti, le persuasioni occulte ecc);
  • le parole acquistano significato nella nostra mente e non possiedono valore di per sè. Ciò è fondamentale perché presuppone la conoscenza del soggetto recettore che abbiamo di fronte.
  • Non possiamo parlare e cercare di stabilire un dialogo se pensiamo solo con la nostra mente e in base alla nostra acculturazione, esperienza di vita ecc. Dobbiamo calarci nei panni del nostro soggetto recettore, capire cosa è importante per lui! Solo così la comunicazione riesce e il dialogo diviene autentico. Tutte le incomprensioni nascono dal fatto che ognuno di noi continua a relazionarsi secondo il proprio punto di vista e non riesce a cogliere nell’altro ciò che per lui è importante.
  • Sanza conversazione o familiaritade impossibile è a conoscere li uomini. Dante –  “Convivio”

Queste riflessioni sono alla base del nostro Corso fortemente voluto, per prepararvi ad un migliore approccio relazionale e comunicativo con tutti gli attori dei vostri rapporti sociali.

Prof. Giuseppe Ragnetti

Tecniche e cautele nella Comunicazione con i Minori

Conferenza di apertura al Corso di formazione “Le basi e le tecniche della comunicazione umana” tenuto a Catania dal prof. Ragnetti per Operatori sociali delle amministrazioni pubbliche e del privato noprofit

Ogni individuo è al centro di una quantità di rapporti (genitore/figlio, marito/moglie, pubblica amministrazione/cittadino, dipendente/manager…ecc); non sempre, però è consapevole del contesto e delle dinamiche comunicative della situazione in atto.

La mancanza di questa consapevolezza rende poco efficaci ed efficienti sia le capacità relazionali, sia quelle comunicative. Questa consapevolezza è legata ad una capacità di osservare/ascoltare che è generalmente poco sviluppata. La maggior parte degli equivoci in cui l’individuo s’imbatte nella comunicazione interpersonale deriva dall’abitudine prevalente, come comunicatori, di non porsi nella posizione di ascoltatori e di non saper immaginare se gli altri riusciranno o meno a comprendere cosa stiamo per dire.

Molte forme di disagio esistenziale e di difficoltà in ambito familiare e professionale sono, anche, l’effetto di una comunicazione problematica, ambigua e contraddittoria. Da tale presupposto s’impone la necessità di individuare percorsi che consentano di apprendere i molteplici segreti della comunicazione interpersonale. Imparare a comunicare, però, non solo attraverso l’apprendimento di tecniche e strategie, ma soprattutto mediante un’attenta riflessione sul proprio modo di esserci e relazionarsi.

Ma che cosa è questa “comunicazione”?

La comunicazione non è ciò che vogliamo dire, ciò che noi pensiamo di dire, ciò che riteniamo di dover dire, ciò che abbiamo letto sui libri, ciò che abbiamo appreso, ecc. la comunicazione non è tutto questo. La comunicazione non avviene in partenza, avviene all’arrivo, cioè in colui che ascolta, nella sua testa. Bisogna sgomberare il campo da falsi preconcetti e da false credenze.

Ad esempio, molte volte sentiamo dire “Non esistono i valori”, “Non ci sono più i valori di una volta”, ecc. A voi che lavorate nel sociale molte volte vi “cadono le braccia” perchè i giovani non credono più a nulla e vi lamentate che c’è il vuoto. In realtà, si continuano a non capire le dinamiche, i meccanismi della comunicazione quando si fanno questi discorsi, perché questi giovani non è vero che non hanno più valori. Ma chi decide che cosa è un valore? La nostra cultura, i nostri genitori, il nostro sociale? Ci hanno detto che il valore è” questo e questo” e tutto ciò che non lo è, sarà soltanto un dis valore, quindi una seconda categoria, per cui i nostri ragazzi saranno, al massimo, portatori di dis-valori. E’ lì il contrasto, è lì, il parlarsi tra due unità che non hanno nessuna possibilità di capirsi. E allora?

Imposizione, repressione, autorità, che sono, ancora, la negazione all’ennesima potenza di una possibilità di relazionarsi. Allora dobbiamo subito, come partenza choc, metterci in testa che tutto ciò che fa di noi gli uomini che siamo,ha ben poco a che vedere con l’universo delle altre persone con cui interagiamo.

Tutto il nostro sforzo,quindi, di trasferire necessariamente, di imporre ai nostri figli le cose in cui crediamo non è corretto, perché dobbiamo comprendere che abbiamo a che fare con un altro essere umano, diverso da noi e che la società in cui noi siamo cresciuti è diversa da quella in cui loro stanno crescendo.

Voi che operate in situazioni problematiche dovete avere soprattutto una funzione di comprensione, di intervento, possibilmente con finalità terapeutiche, che vuol dire instaurare un dialogo per capire, per poter poi comunicare nella maniera più giusta ciò che “ scienza e coscienza” ritengono essere il comportamento ideale per quel tipo di problema, di patologia, di necessità sociale, ecc. Per gli operatori sociali, per chi si occupa di disagio, in particolare per chi lavora ed è a stretto contatto con i minori, è obbligatorio uscire fuori dai luoghi comuni, dai discorsi di salotto, dai “così fan tutti”: tutti voi dovete essere diversi, non potete essere come l’uomo della strada…

Dovete diventare innanzi tutto sociologi nel vostro lavoro, nel senso che dovete imparare a capire la società in quel momento, i cambiamenti, l’orientamento; quali sono le cose che interessano alle persone inserite in un determinato contesto, ai giovani in particolare.

Non è vero che i giovani non credono più a nulla; per esempio, credono al nulla, vi pare poco? Questi ragazzi hanno bisogno di qualcosa, ma questo può essere capito attraverso loro stessi.

Sono stato invitato a parlarvi di comunicazione e in particolare di come comunicare con i minori e a questo proposito vorrei dire che la comunicazione è una delle scienze più difficili anche se molto penalizzata. Tutti ne parlano, giornali, radio, televisione e adesso i cosidetti social, e ciò che impressiona è la pretesa di dare giudizi su una disciplina complessa, che si occupa dei rapporti tra gli esseri umani. Non esistono formule magiche nè regole fisse, perché non esistono esseri umani fissi, ragazzi uguali, programmati univocamente su cui possiamo fare ipotesi previsionali di comportamento, di reazioni costanti a determinati stimoli. Come si può pensare di circoscrivere un ragazzo in un modello! Se non sei così, se non ti comporti in un certo modo, c’è qualcosa che non va o, addirittura, “l’è tutto da rifare!”! E’ questo uno degli errori più gravi che commettono genitori ed educatori , insieme al fatto di non ascoltare più i ragazzi. A questo proposito è fondamentale sottolineare ed enfatizzare l’arte dell’ascolto, che avremo modo di approfondire come una delle premesse – base del processo comunicativo.

Ascoltare per conoscere, conoscere per capire, capire per comunicare, comunicare per agire.

Chi opera nel sociale come voi ha una grande responsabilità: capire anche la comunicazione inespressa, sentire ed ascoltare anche quello che non viene detto. Come capire se non mettendo le persone in condizione di parlare senza il terrore del giudizio? Il meccanismo di base è lavorare sull’uomo, fare assumere consapevolezza al singolo della propria personalità ,della sua miracolosa unicità, del suo essere interiore, quindi delle sue potenzialità e capacità; cioè dobbiamo restituire ai ragazzi la fiducia nei propri mezzi, dobbiamo far capire loro che possono farcela da soli, senza “aiuti” esterni (pensiamo all’uso di droghe, fumo, alcool ecc). Dovremmo capire che non solo i “bravi” sono bravi, e solo i “buoni” sono buoni: tutti noi siamo stati testimoni che non sempre i ragazzi “migliori” sono stati anche i migliori nella vita! Talvolta situazioni difficili, quasi insostenibili per un ragazzo, hanno fornito stimoli reattivi di tale forza positiva e creativa da trasformare uno sconfitto certo , un quasi emarginato messo all’angolo, in un adulto vittorioso e con tutti gli attributi a posto!

Il primo obiettivo, allora, è far assumere consapevolezza al ragazzo, ascoltare, condividere empaticamente, entrare dentro i problemi. Quando il ragazzo, la persona che ha problemi, assume consapevolezza, capisce che anche con le sue gambe può continuare a camminare. Siamo noi che dobbiamo incoraggiarli e dare forti motivazioni affinché ognuno di loro creda in se stesso, in un età che è fisiologicamente problematica e dove coesistono due spinte opposte: la voglia di diventare autonomi, staccarsi dai genitori e dal periodo della fanciullezza e rimanere, nel contempo, legati alla famiglia cercando in essa protezione, ascolto ed incoraggiamento.

Corso istituzionale di “Comunicazione” – 2016

Istituto_Fattorello FBl’appuntamento più atteso della settimana:

I LUNEDI’ DELLA COMUNICAZIONE AL “SERAFICO”
il piacere di ascoltare, conoscere, capire per comunicare

L’Istituto Francesco Fattorello in Roma, la prima Scuola di comunicazione in Italia, propone ogni settimana una full immersion relazionale e comunicativa

Dal 1° febbraio 2016 a fine giugno, tutti i lunedì dalle 17.30 alle 21.00, ti aspetta il Corso di “SCIENZE E METODOLOGIA DELL’INFORMAZIONE E TECNICHE DELLA COMUNICAZIONE” con le seguenti aree tematiche:

  • Teoria della Tecnica sociale dell’Informazione
  • Scienze dell’Opinione
  • Tecniche della comunicazione scritta e orale
  • Rapporti interpersonali e comunicazione non verbale
  • Modalità relazionali: controllo delle barriere e sviluppo delle competenze comunicative
  • L’arte dell’ascolto e la sua funzione comunicativa
  • I linguaggi della comunicazione
  • Marketing e comunicazione politica
  • Promozione dell’Immagine e Tecniche operative
  • Funzioni aziendali e comunicazione organizzativa

La valutazione finale degli iscritti all’Istituto Fattorello individua anche la loro attitudine e disponibilità a:
– sviluppare rapporti interpersonali positivi
– comunicare in maniera chiara ed efficace in ogni possibile occasione
– gestire senza conflittualità i gruppi di lavoro
– contribuire in maniera creativa agli aspetti interattivi della didattica
– farsi carico di studi e ricerche di apprendimento, per argomenti di particolare interesse, su stimoli forniti dal docente
– presentare in aula relazioni su ricerche effettuate
– socializzare in senso lato
– affrontare situazioni e problemi in ottica propositiva, anche con l’individuazione di piccole innovazioni

Il nostro 70° Corso annuale dà continuità all’insegnamento della Tecnica Sociale dell’Informazione, già impartito dal prof. Francesco Fattorello presso la Facoltà di Scienze Statistiche dell’Università degli Studi di Roma “La Sapienza”, sin dal 1947.

La validità scientifica della nostra proposta formativa è garantita dalle originali metodologie dell’Istituto, unica Scuola regolarmente autorizzata e legittimata ad approfondire e diffondere l’impostazione teorica fattorelliana, anche attraverso l’attivazione di regolari Corsi didattici.

I nostri Corsi, nel pieno rispetto della volontà espressa dal prof. Fattorello prima e dai suoi eredi poi, non hanno subito discontinuità di nessun genere, consentendo in tal modo lunga vita alla prima Scuola italiana del settore.

L’Istituto è diretto dal prof. Giuseppe Ragnetti che ha contribuito alla diffusione della “Teoria della Tecnica sociale dell’informazione” in ambito universitario, attraverso il suo insegnamento presso il Corso di Laurea in Scienze della Comunicazione e presso la Laurea Specialistica in Editoria Media e Giornalismo dell’Università degli Studi “Carlo Bo” di Urbino e presso altre Università italiane, nonché in prestigiosi contesti quali SSAI – Scuola Superiore dell’Amministrazione dell’Interno, Questure, Prefetture, Scuola di Polizia Giudiziaria, Scuole di Formazione politica, Corsi di Comunicazione per le Forze dell’Ordine, Enti pubblici e Organizzazioni private.

Il prof. Ragnetti, garante della coerenza e correttezza delle diverse discipline nei confronti dell’impostazione teorica originale dell’Istituto, è coadiuvato da un équipe di Docenti, tutti ex allievi dell’Istituto stesso.

Con 70 anni di tradizione scientifica alle spalle e con tutta la responsabilità che ne deriva, adeguando tuttavia costantemente gli strumenti didattici e gli obiettivi della ricerca alle esigenze dei tempi e, talvolta, anticipandone l’evoluzione, l’Istituto si propone di fornire ancora oggi il bagaglio culturale indispensabile ai “maestri della comunicazione” ed a tutte le attività che si avvalgono delle migliori abilità relazionali e comunicative.

Una corretta comunicazione , comprendere e farci comprendere, ci dà forza, coraggio, voglia di fare, ci rende attori-protagonisti della nostra vita, ci permette di aiutare gli altri e noi stessi.

Se vuoi intraprendere uno dei tanti “mestieri della comunicazione” o più semplicemente superare i ”blocchi della comunicazione” e la paura del parlare, se vuoi acquisire maggiore autorevolezza, assertività e capacità di ascolto, se vuoi guadagnarti la stima e la considerazione dei tuoi interlocutori e ottenerne condivisione e consenso o, ancor di più, se vuoi aumentare la stima di te stesso e la fiducia nelle tue potenzialità allora è questo il Corso che stavi cercando.

La Sede didattica del Corso è presso la:
Pontificia Facoltà Teologica San Bonaventura
Istituto Seraphicum
Via del Serafico,1 – 00142 Roma-Eur
(raggiungibile con la METRO B capolinea Eur- Laurentina)

Per informazioni: segreteria telefonica allo 06-95.24.188 (lasciare nome e telefono e sarete richiamati) o per telefono al 335-833.42.51 (prof. Giuseppe Ragnetti) o al 329-63.22.430 (prof.ssa Alessandra Romano) o via posta elettronica a: info@istitutofattorello.org oppure a gragnetti@tiscali.it

Locandina Corso Fattorello

Anche per questo anno accademico l’Istituto Fattorello ha attivato la convenzione con l’Associazione internazionale AIESEC per la formazione dei loro iscritti particolarmente interessati ai temi della comunicazione.

L’attuale presidente di AIESEC Federica Di Iulio è stata allieva del corso del Fattorello nell’anno 2015.