La Tecnica Sociale dell’Informazione

La Tecnica Sociale

Relazione del Prof. Francesco Fattorello

I
Prima della seconda guerra mondiale gli studi sul giornalismo, che in Germania contavano già varie esperienze, ebbero in altre parti d’Europa qualche sviluppo documentato, fra l’altro, da alcuni periodici che ancora oggi possono essere oggetto di interessante consultazione. Ricordiamo innanzi tutto la rivista “Zeitungwissenschaft”, diretta dai professori W. Heide di Berlino e K. D’Ester di Monaco, stampata a Essen, che fu l’organo ufficiale degli studi tedeschi della materia. Comparivano a Parigi, nel 1939, gli elegantissimi “Cahiers de la Presse” editi dalla libreria Recueil Sirey, diretti da B. Mirkine – Guertzevitch e da Stephan Valot, organo dell’Institut de Sciences de la Presse, de l’Université de Paris.

E anche in Italia, per opera del gruppo che si era raccolto intorno alla cattedra di storia del giornalismo della Università di Roma, apparve per quattro anni, del 1939 al 1942, la rassegna trimestrale “Il Giornalismo”, in grossi fascicoli con bella copertina che recava come insegna una xilografia di Bruno da Osimo e cercava nella sua veste tipografica di emulare la consorella francese.

Gli studi sull’informazione furono allora in Italia, come in altri paesi, tutti rivolti alla legislazione e alla storia del giornalismo. Ciò dipendeva da una insufficiente attenzione che gli scrittori davano al giornalismo come fenomeno sociale e ad una insufficiente conoscenza o non conoscenza della sociologia dell’informazione.

Nelle Università U.S.A. (fra le due guerre mondiali), mentre gli studi di sociologia avevano un loro particolare sviluppo, si istituivano anche scuole di giornalismo. Ma negli U.S.A queste Scuole ebbero un carattere prevalentemente pratico. Si trattava di portare in quelle scuole più i problemi della professione giornalistica che gli studi sull’informazione.

Tuttavia questa iniziativa contribuì ad elevare alla dignità di insegnamento superiore il giornalismo, sebbene, come dicemmo, più in considerazione della pratica professionale che di interessi scientifici.

L’attenzione agli aspetti più propriamente scientifici, approfonditi col metro della sociologia, si ebbe negli U.S.A. negli ultimi decenni. Questo fatto ha offerto motivo a qualcuno di rimproverare alla vecchia Europa di aver dato con i suoi scrittori solo contributi storici e giuridici. Ma per quanto questi contributi possano apparire limitati, avendo riguardo alla complessità e all’ampiezza del fenomeno dell’informazione, si deve ricordare che proprio in Europa si trova la più antica documentazione delle esperienze degli scrittori. Basterebbero ricordare la “Disputatio juridica de jure novellarum” edita in Lipsia nel 1967 dal prof. Elia Augusto Striyck.

Si opponeva a tale orientamento in Europa la tradizione filosofica e accademica. Perciò gli Europei, fino agli anni che seguirono la seconda guerra mondiale, non rivolsero pressoché alcuna attenzione alla sociologia dell’informazione; in ciò impediti anche da un’altra ingannevole tradizione: quella giornalistica, tuttora in onore, specie nei paesi latini, che fa del giornalismo un’arte o una sottospecie di letteratura.

Tutti conoscono la tecnica americana della “mass comunication”, tutti conoscono il contributo degli scrittori americani che si soffermano sulle interpretazioni dell’analisi del contenuto; tutti conoscono i metodi per la ricerca empirica che sono stati sperimentati sempre negli U.S.A., favoriti dagli interessi di coloro che volevano trarre elementi pratici e immediati dall’impiego degli strumenti dell’informazione. Mancava una teoria generale, una sistematica cui appoggiare i vari contributi e le varie esperienze. Si richiamò a questa esigenza Lasswell allorché propose il suo paradigma che parve rispondere a quella generale aspettativa.

II
Poco abbiamo dunque da contrapporre noi Europei ad un siffatto complesso di esperienze. I paesi latini sembrano ancor oggi poco sensibili allo studio della sociologia dell’informazione. Eppure è solo per questa via, a mio avviso, che si può recare positivo contributo alle indagini su questo fenomeno, specialmente se si vuol ricercare quella sistematica che può mettere ordine all’ incerto mondo delle esperienze empiriche.
Che si fa dunque in Europa? La pubblicistica tedesca, sulla fine della seconda guerra mondiale, si era già avviata per la strada dell’indagine sociologica; prima della Francia che ha tratto motivo per questi orientamenti specialmente con i contributi ragguardevoli del Centre de Radio-diffusion-télévision Française. Si ponevamo per questa strada i nuovi studi avviati in Italia dopo il 1945 e più di recente quelli dei sociologi belgi riuniti intorno al Centre National d’Etudes des Techniques de diffusion collective.

Io accenno agli studi italiani orientati per questa via con organi didattici, con periodici e con organi rappresentativi nel campo internazionale.

Le origini più remote si hanno da quegli studi di storia del giornalismo, che avevano avuto varie manifestazioni avanti la fine della seconda guerra mondiale e poi furono pressoché banditi dalle università italiane. Da questo ostracismo alla storia del giornalismo sorse, per reazione, lo studio della sociologia dell’informazione.

III
A noi cultori della tecnica sociale dell’informazione il termine informazione non è del tutto sufficiente per indicare il fenomeno cui ci riferiamo. Noi parliamo di informazione, ma in realtà alludiamo al fenomeno dell’informazione contingente. Ci sono per lo meno due ordini di fenomeni dell’informazione: quello contingente e quello non contingente; l’informazione per esempio che articola il giornalista e quella che articola l’insegnante. Le differenze sono evidenti anche se non scendiamo all’elencazione dei molti aspetti per cui l’un processo differisce profondamente dall’altro.

Mi si osserva che non sempre è possibile una netta distinzione fra l’uno e l’altro processo. Posso convenire nell’osservazione. Ma la impossibilità in taluni casi di una netta distinzione non toglie che si debba incominciare dal mettere in giusto rilievo le due modalità per osservarne le peculiari caratteristiche; tanto più che si conoscono tante, varie e diverse terminologie con le quali si fa sempre riferimento ai processi dell’informazione contingente. Infatti chi parla di informazione di massa, chi di informazione collettiva e si lascia da parte ogni riferimento all’altra categoria dei fenomeni. I tedeschi parlano di pubblicistica e certamente identificano la pubblicistica nell’informazione contingente.

IV
Fra le varie identificazioni dei termini si ha pure quella di informazione con giornalismo. Qui entriamo un po’ nel mondo della confusione fra filologia e sociologia, ma al sociologo dell’informazione la questione appare molto chiara e non lascia dubbi. Il termine giornalismo sta a indicare l’attività di informazione che si manifesta tramite un determinato strumento: lo strumento giornale. Il giornale è uno strumento dell’informazione. Non si può quindi sostituire il termine giornalismo con quello di informazione; che i processi in informazione si possono avvalere di molti altri strumenti che giornali non sono; né si può accettare l’identificazione avendo riguardo alla periodicità del giornale; nella pratica della informazione vi sono altre strumentazioni che si basano su una periodicità ma non si servono del giornale. Non si può accettare questa identificazione infine per quanto si deduce dalla analisi sociologica del fenomeno, come vedremo appresso.

Detto questo osserviamo ancora che il termine informazione si usa non solo per indicare il fenomeno sociale, ma anche il contenuto del processo nel quale esso si concreta; si può dire infatti: l’informazione è un fenomeno sociale; io ti do questa informazione sul tale avvenimento.
Vi è dunque l’informazione “contenuto” del processo nel quale si articola il fenomeno e l’informazione “fenomeno” quale individuarono anche gli scolastici.

Noi accenniamo qui brevemente al processo dell’informazione considerato per maggior chiarezza di argomentazione solo in uno dei momenti delle ininterrotte sue articolazioni.

Infatti se da un lato il fenomeno dell’informazione si concreta in seno ad un certo ambito sociale e di questo ambito i soggetti promotori inviano ai recettori, sotto forma di messaggi nuovi, forme, opinioni, che sono il riflesso di quell’ambito nel quale essi sono soci; da un altro lato l’articolazione a catena dei processi d’informazione, che si inseriscono con messaggi nuovi nel tessuto sociale, si ha con una successione che non conosce interruzioni, dove i termini di ogni rapporto, che indichiamo come promotori e recettori, sono nel medesimo tempo recettori e promotori del rapporto precedente e di quello susseguente al rapporto considerato.

V
Ciò premesso, è evidente che il fenomeno dell’informazione si concreta nel rapporto fra due termini tramite un mezzo o strumento, strumento che serve a trasferire dall’uno all’altro un certo contenuto. Ma parlare di rapporto non pare sufficiente né appare sufficiente dire che il rapporto si concreta col trasferimento di un contenuto da un termine all’altro.

Che cosa è questo contenuto? Certamente il risultato di un processo di opinione da parte del soggetto promotore nel senso stoetzeliano della parola.

Chi informa opina su ciò che è oggetto di informazione e vi dà perciò una sua “forma”. Su di essa chi informa cerca di ottenere l’adesione di opinione del recettore.

L’avvenimento politico di oggi è da me, informatore, configurato in una certa maniera, in una certa forma, in un certo testo per il giornale cui lo affido per la diffusione, con lo scopo di cercare l’adesione di opinione dei lettori. Questa forma è una rappresentazione; e non rappresentazione di ciò di cui il soggetto informa, ma delle immagini della coscienza che l’uomo costruisce su di tutto ciò che è a lui esterno. La forma di cui discorriamo non è che una nuova immagine derivata dalla prima sulla base del processo di opinione e obiettivizzata in modo tale, da provocare l’adesione di opinioni del recettore, come dicemmo. E’ questo il processo per cui l’informatore perviene alla forma che immette come contenuto dei suoi processi di informazione.

L’analisi del contenuto vi dice: se vi è maggior suggestione alla violenza nei programmi televisivi indirizzati ai giovani o a quelli dedicati agli adulti; vi dice se la presentazione del divorzio è più convincente nei romanzi che nei film. Ma l’analisi del contenuto si fa a posteriori; non è il problema della “messa in forma” di un certo oggetto di informazione da affidare allo strumento prescelto.

La “forma” configurata secondo le intenzioni del soggetto promotore deve contenere quelle quantità di forza sociale che è atta a ottenere l’adesione di opinione del recettore. Simboli o messaggi espressi con parole, o stampati o filmati, o radiodiffusi, o telediffusi, traggono il loro effetto dalla quantità di forza sociale ad essi impresso.

Per raggiungere il suo scopo la forma immessa nei processi di informazione contingente cerca di incoraggiare, come diceva uno scrittore francese, “i sogni del recettore in pieno giorno”; mira più a ottenere una adesione contingente che a sollecitare la riflessione; si preoccupa di attingere alla maggiore possibile semplicità delle sue espressioni per poter interessare quanti più può dei suoi recettori ed esclude ogni aspetto troppo complesso o troppo specifico per essere accessibile ai più: tiene conto dell’accessibilità e dell’ampiezza di gruppi recettori ma soprattutto si propone di essere un fattore di conformità per il recettore secondo le intenzioni dei soggetti promotori.

VI
Io promotore cerco che il destinatario di quel processo che inserisco di bel nuovo nella complessità dei rapporti che si intrecciano nel tessuto sociale non solo aderisca alle mie opinioni, ma le prescelga su tutte le altre che per avventura pervenissero a lui sullo stesso oggetto. Nel promotore vi è sempre questo fine. Nulla di più presuntuoso dell’informazione senza uno scopo o dell’informazione con lo scopo dell’obiettività. Chi informa ha sempre o scopo di ottenere dal recettore l’adesione di opinione alle proprie informazioni a preferenza delle altre.

Chi informa sempre a suo modo anche quando si prefigge la più rigorosa obiettività. Infine noi che informiamo e coloro che da noi sono informati ambedue siamo soggetti opinanti e il fenomeno della informazione non è che un fenomeno di opinione nel senso stoetzeliano della parola.
Noi informiamo ed opiniamo. Noi siamo informati e opiniamo sulle informazioni che ci vengono date. Cosicché il risultato di un fenomeno di informazione è due volte soggettivo; prima per quell’opinare del soggetto promotore su ciò che è motivo di informazione, poi del recettore sulla opinione che gli viene proposta.

Lo strumento concreta il rapporto fra i due soggetti che ne sono i termini; ma per quanto i ritrovati della tecnica moderna siano meravigliosi non lo strumento si rende operante presso i recettori; operante è il contenuto, le “forme” configurate dai soggetti che informano. Esse possono avere una tale quantità di forza sociale da determinare positivi effetti che influiscono sulle facoltà neosociologiche e sul comportamento degli uomini.

Ciò si sottolinea in considerazione di una tendenza, oggi abbastanza comune, di attribuire agli strumenti della informazione facoltà che essi non hanno. E’ sempre l’uomo che mette in moto gli strumenti dell’informazione ed è il loro contenuto che rende operante il processo di cui essi sono tramite. E’ sempre l’uomo che prende l’iniziativa del nuovo rapporto; è sempre l’uomo che immette nel tessuto sociale le nuove forme delle opinioni. Cosicché si pone anche in questa sede, e segnatamente parlando di informazione contingente, dove manca la bilateralità, dove è fatale la disuguaglianza qualitativa e quantitativa fra promotori e recettori, l’eterno problema delle minoranze che guidano e delle masse che sono guidate.

Qualche scrittore solleva a questo proposito l’accusa di “dirigismo” ad una tecnica dell’informazione contingente così configurata; ma a torto perché questi sono fatalmente i termini della questione: l’informazione contingente è più che mai coercitiva entro quei limiti di spazio e di tempo nei quali si pone con la sua forza sociale.

Nessuno si può sottrarre agli effetti dell’informazione e non solo dell’informazione secondo interpretazione psicologica, per la quale l’individuo è il recettore del mondo esterno, ma dell’informazione come la intendiamo noi, operante tramite particolari processi di cui gli individui ne sono i soggetti promotori e recettori.

VII
Come vi è una tecnica industriale per operare sulle cose, così vi è una tecnica sociale per agire sulla opinione degli uomini: la tecnica sociale dell’informazione. E quale sia la sua importanza appare ovvio quando si ricordi che per quanto si possa affermare che l’uomo è sovrano con la sua superiorità di intelligenza e di volontà e che il comportamento dell’uomo è solo determinato dai bisogni e degli scopi, pure l’uomo non si può mai astrarre da quel gioco dei processi di informazione, nel senso da noi indicato, nei quali si identifica gran parte della dinamica sociale.

L’informazione in tale senso intesa è un fattore fondamentale della vita sociale: essa rappresenta nelle due categorie nelle quali l’abbiamo configurata, la dinamica della socializzazione e della cultura.