ISTITUTO FRANCESCO FATTORELLO – ROMA – dal 1947 “la via italiana alla comunicazione” – Direttore: prof. Giuseppe Ragnetti
Tesina di fine Corso a cura di Elena Fini
I Mezzi di Comunicazione creatori di un esercito manipolato o semplici interpreti di eventi ?
Proviamo paura quando ciò che abbiamo davanti è ignoto. Ammiriamo colui che riesce a percepirlo o meglio a crearlo, ma perché lasciare questo piacere agli altri quando da spettatori possiamo diventare protagonisti della nostra vita?
I comportamenti umani sono a volte sorprendenti, a volte bizzarri ed è questo che ci rende vivi e speciali.
A volte incontriamo muri che appaiono troppo solidi per essere abbattuti ma siamo noi che li rendiamo sempre più alti e dolorosi attraverso le nostre insicurezze che, spesso, ingiustamente ci rendono inermi davanti alla bellezza del dialogo e della conoscenza reciproca.
Josef Rattner ha detto che l’uomo ha superato la distanza che lo separava dalla luna, ma continua a non raggiungere il suo prossimo. “Quello che potrebbe salvare l’uomo dalla sua angustia sarebbe il dialogo autentico, la comunicazione con il tu. Il dialogo autentico potrà essere ritrovato solo dagli individui che hanno un interesse per i loro simili. Solo colui che ha rinunciato allo spirito del potere e della violazione è in grado di udire e di rispondere. Ragionevoli sono solo gli individui che hanno imparato ad accogliere in sé i pensieri degli altri senza cadere subito nell’angoscia o in una posizione di difesa”.
La parola! Questa grande arma che molti di noi non riescono ad usare bene o, ancor peggio, ignorano: essa è capace di fondere culture, idee e persone completamente diverse ed in quanto tali meritevoli di un nostro sforzo.
Scriveva Gorgia da Lentini in Elogio ad Elena: “La parola è una potente signora, che con piccolissimo corpo invisibile, sa compiere cose molte divine; riesce, infatti, sia a calmare la paura sia ad eliminare il dolore sia a suscitare la gioia sia ad aumentare la pietà”: con questo scritto, egli tendeva a dimostrare il potere persuasorio della parola dimostrando che più che dalla bellezza, Elena aveva seguito Paride per la sua capacità comunicativa.
Infatti, la strategia vincente per dissolvere le proprie difficoltà comunicative è nascosta dentro di noi ed aspetta solo di essere incentivata ed amata dalla forza interiore. Non sempre è facile esternare ciò che possediamo nella nostra mente e nel nostro cuore.
Ciò può concretizzarsi attivando un sistema comunicativo che si basa sia sul linguaggio verbale sia non verbale: è proprio così che si sconfigge il mostro dell’incomprensione.
Solo chi sa comunicare ha più successo di chi non lo sa o non vuole farlo!
Roland Barthes ha scritto che la comunicazione è un atto d’amore, perché essa è basata sempre su un rapporto tra più persone ed invita allo scambio di idee.
La comunicazione non è, però, solo verbale, ma anche non verbale e paraverbale. Le parole non possono viaggiare da sole, perché la voce o il timbro nonché la gestualità incidono moltissimo sulla loro efficacia.
Noi guardiamo giornalmente la televisione, ascoltiamo la radio, leggiamo i giornali, divenendo spesso schiavi delle parole e delle opinioni altrui.
Non siamo più capaci di ragionare e di capire cosa ci aggrada di più, perché guardiamo determinati programmi invece di altri. Non sempre sappiamo scegliere e ci facciamo intrappolare in un vortice di conformismo sociale. Si ha l’impressione, forse non errata, che i Potenti della terra decidano per noi , ma in fondo questo è il loro mestiere : lasciamoglielo fare. Ma noi abbiamo effettivamente una certa autonomia? Cos’è l’opinione per noi e cosa ci indirizza di più verso di essa sia a livello sociale sia economico?
Domanda: è davvero possibile, ad esempio, che guardando una pubblicità ci viene voglia di comprare qualcosa di cui non abbiamo bisogno? E’ davvero in corso la cosiddetta Alluvione Mediatica ?
In un anno i Paesi Europei trasmettono oltre tre milioni di spot pubblicitari: un giovane di 18 anni, dunque, è già stato esposto a 140mila spot. Inoltre, la quantità di informazioni pubblicate si raddoppiano di quattro o cinque volte ogni tre anni. Negli USA si è passati da 50 a 100 canali. Addirittura nello stesso istante i satelliti inviano in ogni angolo del pianeta una serie infinita di messaggi, ma la maggior parte di questi sforzi è inutile dato che entro 24 ore le persone dimenticano fino all’80% di quello che credono di aver imparato da questa alluvione mediatica. Quest’ultima ci porta alla falsa idea di aver imparato qualcosa.
Tutto ciò avviene perché la mente odia la confusione, è insicura, non cambia e può avere problemi di messa a fuoco.
Alcuni professionisti(in ogni campo e di qualsiasi nazione) ritenevano giusta “ l’impostazione teorica anglosassone”, secondo la quale il pubblico era un target(bersaglio) che non aveva scampo laddove le campagne pubblicitarie riuscivano a farci fare ciò che loro volevano, dimenticando che nessun essere umano è in grado di entrare nella nostra mente. Ogni individuo ha un filtro percettivo per cui siamo noi che decidiamo cosa fare entrare).
Indubbiamente gli stimoli esistono ma non possono costringerci a fare nulla se non eravamo, già precedentemente, interessati a farlo. La realtà non esiste, ma esiste la nostra percezione, che è una visione della realtà. La percezione è, quindi, il filtro tra noi e il mondo che elabora gli stimoli attraverso meccanismi filtranti.
Ne consegue che non c’è niente di più facile che persuadere una persona che ha bisogno di essere persuasa. Facciamo un esempio: una nuova pubblicità propone un mascara rivoluzionario che promette di ingrandire gli occhi e rendere più intenso lo sguardo attraverso l’infoltimento delle ciglia ed io, dunque, lo voglio provare. In questo caso potrei ipotizzare tantissimi motivi come cause scatenanti del mio ipotetico acquisto. Potrei essere o una giovane ragazza che ama molto curarsi ed ha una passione sfrenata per il make-up, o un professionista che lavora per privati e quindi per questioni lavorative io decido di provarlo, oppure una signora che con il passare degli anni ha delle ciglia poco folte e corte, oppure un uomo che ha una moglie particolarmente esigente e tanti altri ancora.
Questo prodotto ha un particolare mercato, vasto o meno, ma questo non ci interessa: è la sua fruizione che è a cuore sia a chi lo deve produrre, sia a chi lo deve mettere sul mercato sia al fruitore!
Prima della sponsorizzazione c’è una lunga catena per la produzione, un iter lunghissimo per il quale, in alcuni casi, ci vogliono anche anni, soprattutto se il prodotto in questione è tecnologicamente avanzato (in questo caso per tecnologia non intendiamo l’information tecnology ma semplicemente un livello superiore del prodotto). L’azienda deve effettuare un’analisi di mercato(sistemica raccolta, conservazione e analisi dei dati relativi a problemi di marketing dei beni e\o dei servizi) che aiuti gli imprenditori a trasformare le idee commerciali in utilità di prodotti. Le domande attraverso le quali il manager riesce a studiare la sostenibilità del suo prodotto sono le seguenti: chi sono i potenziali acquirenti e quali le loro esigenze?
Com’è strutturato il mercato riguardante il mio ambito? Quanti sono i competitori e quanto investono nella ricerca? Cosa stanno offrendo attualmente e cosa potrebbero introdurre sul mercato?
Attraverso dati statistici le imprese riescono ad ottenere un’ampia visione sui settori, sui comportamenti dei consumatori. Le stime sono approssimative dunque è consigliabile integrarle attraverso ulteriori studi e conviene valutare anche l’eventualità dello scenario peggiore. Lo studio di mercato è talmente importante che alcune aziende decidono di affidare le ricerche ad apposite società di consulenza esterna, altre invece hanno al loro interno un team di professionisti che praticano esclusivamente questa tecnica. I compiti attinenti a queste società o work team sono connessi alla raccolta di dati statistici e sono relativi:
- alle tipologie di promozione più efficaci
- ai gruppi di consumatori di riferimento
- ai nuovi segmenti del mercato
- alle caratteristiche della comunicazione pubblicitaria nell’area d’interesse
- all’andamento delle aree in cui l’impresa compete nonché l’analisi della domanda e i cambiamenti dei consumi
Queste analisi supportano, perciò, le strategie decisionali dell’azienda stessa, riuscendo a prevedere le richieste e le preferenze degli acquirenti; allora si potrà effettuare la valutazione dei profitti e anticipare i volumi di produzione.
Dunque, le imprese studiano i nostri bisogni e le nostre abitudini per cui non sono loro a decidere per noi ma siamo noi ad influenzare le loro decisioni di marketing. Facciamo parte del sistema ed in realtà siamo noi a gestirlo anche se indirettamente. Non esiste un unico modo che vada bene per tutti. Ogni pubblico, alla fine, è diverso dall’altro.
Nonostante l’alluvione mediatica ognuno di noi può ancora scegliere di non dare nessun significato alle informazioni che ci vengono date e di dare importanza, al contrario, solo alle nostre necessità.
Proviamo ad analizzare la situazione da un altro punto di vista. Se fosse vero che la televisione riesce a farmi comprare ciò che non mi serve, allora io, casalinga in una casa senza giardino (e con nessun conoscente che si interessi o ami la coltivazione) grazie ad una pubblicità all’ultimo grido nella quale un contadino seminudo dal fisico impeccabile guida un trattore, dovrei comprare quest’ultimo. Non credo che lo acquistereste.
Compriamo solo ciò che ci incuriosisce, ma ci attira perché già l’ambito di produzione è corrispondente ai nostri interessi.
L’informazione è spudoratamente un’attività commerciale: vende notizie approfittando della curiosità dei potenziali clienti.
Veniamo al punto da cui siamo partiti: secondo alcuni la comunicazione influisce sullo stato psicologico dell’uomo e sulla sua volontà perché l’informazione sarebbe un particolare processo mediante il quale chi lo promuove punta ad ottenere l’adesione di opinione che egli propone riguardo ad essa.
Piace ricordare una frase del filosofo di età neroniana, Seneca, il quale, nella Lettere a Lucilio, asserisce che “a formare l’opinione comune come pure la giusta opinione, è necessaria una sicura nozione delle cose, senza le quali i nostri giudizi sono confusi e mutevoli; perciò sono necessari i principi, che permettono giudizi chiari e immutabili”.
Si deve ricordare che gli studi accademici, nel nostro paese non si sono occupati spesso dell’opinione nella maniera più consona, sebbene essa sia un argomento che può ancora affascinare, proprio perché essa fa parte dell’uomo. Pascal dichiarava che l’opinione è la regina del mondo: essa è sempre il frutto dell’interazione sociale.
Camus, perspicacemente, diceva che se mai sarebbe esistito un partito di coloro che non sono sicuri delle proprie opinioni, egli ne avrebbe fatto parte. Cosa vuol dire?
L’opinione o dòxa, come dicevano i Greci, non è la stessa cosa della conoscenza. Scriveva Platone in Repubblica: “E poiché chi opina non opinerà né l’essere né il non essere, l’opinione non può essere né ignoranza né conoscenza, bensì sta in mezzo tra le due”. Il filosofo ateniese, dunque, aveva già compreso che l’opinione è una conoscenza imperfetta e mutevole, non propriamente episteme.
Ora l’opinione pubblica è un fenomeno molto moderno nonostante tutti i riferimenti che troviamo nelle età precedenti e, per noi uomini di età contemporanea, la storia del concetto d’opinione non può che coincidere con la formazione dello stato moderno, il quale, con il monopoli della forza, ha relegato l’individuo nella sfera priva della morale, mentre la sfera pubblica è stata assorbita dallo Stato.
Se il potere diviene, però, pubblico, dall’altra parte l’economia si privatizza, concetto affermato da Habermas, il quale vede le radici dell’opinione pubblica proprio nell’origine del capitalismo e della stampa.
E’ nella cultura illuminista, per l’intrinseco carattere di razionalismo, che nasce il concetto moderno di opinione pubblica, aprendo un enorme interesse su di essa. Per Kant l’opinione non può essere motivo di scienza proprio per il suo carattere soggettivo, dal che si deduce ciò che pensava Platone, ossia che “all’opinione piace opinare”.
Ma veniamo al 1900: è merito di Pasquale Rossi di aver compreso con largo anticipo che esiste una psicologia sociale dei gruppi organizzati e una psicologia collettiva della folla. Da quel momento psicologisti francesi e americani si sono dedicati ampiamente al tema in esame. Interessante è la posizione dello studioso Sprott, il quale sostiene che le persone che si lasciano psicologicamente condizionare da essa rientrano in un’attitudine, mentre quelle che vi dedicano un interesse solo intellettuale hanno un’opinione.
KrecK e Crutchfield si sono occupati di conoscenza, opinione e credenza, Bauer di opinione statica e dinamica, la quale ha dimostrato tutta la propria forza nell’età di Pericle, Lippman della teoria degli stereotipi, per cui l’opinione pubblica è una finzione e Dewey condivide lo stesso pessimismo di Lippman, al punto di dichiarare che l’uomo non è solo un animale politico (come affermava Aristotele), ma anche un consumatore e uno che ama svagarsi, mentre per Dupréel la natura tra folla e opinione dipende dal grado d’intensità e della durata dei gruppi. E’ la Teoria di Stoetzel che ha avuto molta riscossa in Europa, soprattutto in Francia e in Italia, dove la Scuola di Roma del Prof. Fattorello ha raggiunto risultati validi nello studio dei processi informativi e delle loro relazioni con l’opinione pubblica.
Stoetzel ha individuato due tipi di distribuzione delle opinioni, quella normale e quella conformata, che possiedono anche una diversa natura: una è organizzata, l’altra non è organizzata.
Si giunge al concetto di conformismo, oggi più che mai dilagante soprattutto con le mode grazie anche ad una globalizzazione che s’impone sempre di più, per cui è sempre più valevole, a mio avviso, quanto asserisce Lippman, ossia del fatto che noi crediamo di avere delle opinioni mentre è solamente sulla rappresentazione di esse che le opinioni si sono formate nella nostra mente e che noi giudichiamo.
Vero è che già Cicerone aveva definito l’opinione imbecillam assensionem, dato che, per la sua stessa natura, l’opinione contempla al suo interno l’errore. Incisiva è a questo punto la definizione di Locke: non dobbiamo giudicare le cose secondo le opinioni, ma le opinioni secondo le cose.
Dunque, le opinioni sono manifestazioni valide solo nel contesto e nel preciso momento in cui vengono prese (G. Ragnetti), ma non è detto che le persone che esprimono l’opinione in quel momento rimangano fedeli alla stessa per sempre: Tot hominse, tot sententiae (Terenzio).
Ma l’azione sull’opinione pubblica come avviene? Le campagne fanno leva sui valori dell’individuo, ossia: educazione, propaganda, pubblicità, la quale si è sviluppata maggiormente negli U.S.A. e informazione. Fermiamoci sull’informazione che, secondo Fattorello, è la maggior parte di messaggi e ciò significa che non c’è momento comunicativo senza il momento informativo, per cui c’è comunicazione quando tra promotore e recettore si stabilisce una convergenza d’interpretazione. Quindi, la realtà può essere trasmessa solo attraverso la sua formula d’opinione che il soggetto promotore propone in maniera tale da adattarsi al soggetto recettore ed ottenerne l’adesione.
Allora l’industria dei mezzi di comunicazione non fa altro che “ mettere in forma” un prodotto che è pari ai gusti del pubblico al quale è indirizzato. Proprio come il marketing, l’industria dei mezzi di comunicazione deve studiare il suo mercato-recettore e fornire un prodotto adeguato per ottemperare alle regole di mercato, che si basano in fin dei conti sul gradimento.
Da ciò si deduce che la Tecnica Sociale del prof. Fattorello ha restituito dignità al soggetto recettore perché lo rende il vero protagonista di un processo comunicativo che è di natura sociale. L’opinione, dunque, ha i suoi attori: i soggetti attivi (pochi), che possiedono una propria opinione e un minimo di originalità e i soggetti passivi, i quali sono comunque recettori uniti in gruppi vincolati o plurivincolati. L’adesione all’opinione avviene mediante il contatto, l’interesse e l’attenzione, la valutazione, l’adesione o il rifiuto e l’adozione.
L’opinione pubblica rappresenta il percorso preferenziale nella società attuale, in cui la standardizzazione sociale ne è terreno di coltura, per cui l’omologazione è evidente nell’insegnamento con un’eguaglianza di opportunità e la specializzazione e la democratizzazione con un’educazione pianificata, che isolano l’uomo, sebbene sia circondato da moltitudine. In questa maniera, egli non è più in grado di esprimere un’opinione individuale e neppure una pubblica. La personalità dell’individuo e la sua acculturazione divengono i fattori preminenti di ogni scelta d’opinione. Francesco Fattorello, dunque, ribadisce la circolarità del processo e la pari dignità del promotore e del recettore., per cui egli respinge la tesi secondo cui nella formazione dell’opinione l’azione va dal promotore al recettore. Egli dubita anche sul presunto potere dei mezzi d’informazione di condizionare il pubblico, che agiscono indubbiamente sulle opinioni ma non sono in grado di condizionare i comportamenti delle persone.
Ergo: solo in relazione ai propri rapporti con la sfera sociale l’uomo ricerca e trova la sua posizione, perché è membro della società e del suo gruppo; l’opinione cosiddetta individuale non può che essere collettiva.