Leggere

I libri che da tanto tempo hai in programma di leggere,

i libri che da anni cercavi senza trovarli,

i libri che riguardano qualcosa di cui ti occupi in questo momemto,

i libri che vuoi avere per tenerli a portata di mano in ogni evenienza,

i libri che potresti mettere da parte per leggerli magari quest’estate,

i libri che ti mancano per affiancarli ad altri libri nel tuo scaffale,

i libri che ti ispirano una curiosità improvvisa, frenetica e non chiaramente giustificabile.

Citazione di Italo Calvino ripresa dal libro “Se una notte d’inverno un viaggiatore”, riprodotta sugli shoppers della libreria La Goliardica di Urbino per gentile concessione dell’Editore Einaudi.

L’Eroe di Solferino

L’episodio del giovane luogotenente che, sul campo di battaglia, fa scudo del suo corpo e salva la vita dell’Imperatore Francesco Giuseppe, è tratto dal libro di Joseph Roth “La marcia di Radetzky”.

La Creta e la Statua … Storia di ordinaria Manipolazione

Il tecnico dell’informazione manipola e trasforma perché questo è un meccanismo intrinseco al fenomeno dell’informazione … l’obiettività, per questi motivi, non esiste.

Pensavo fosse amore e invece …

Non ho sempre saputo cosa fare del mio futuro.

A dieci anni, molto fiera del fatto che le insegnanti amavano la mia esuberanza e la mia loquacità, mi ero convinta di voler diventare un avvocato. Qualche tempo dopo, a dodici anni, mossa dalla mia ingenua passione per il disegno, sarei voluta diventare una stilista.

Finché un giorno, in un tema di terza media, ho scritto che sarei diventata una giornalista.

Questo sogno mi ha accompagnato a lungo. Ho cominciato a credere che la mia naturale dote per la scrittura mi sarebbe bastata, e mi avrebbe portato a realizzarlo.

Negli anni del liceo ho iniziato a scrivere seriamente. Mi ricordo che in uno dei primi temi ebbi il voto più alto della classe: ero molto fiera.

All’insegnante era piaciuto perché ero stata sincera, perché avevo detto la verità: e allora credetti di capire perché avevo scelto quel sogno anziché un altro. Si radicò in me la convinzione che un buon giornalista è capace di dirla la verità.

Dice quello che vede, non calca la mano, non romanza. Un buon giornalista conosce la differenza fra le opinioni e ciò che invece la gente merita di sapere.

Il mio percorso di vita con tutto il bagaglio di esperienze che ne consegue, e i miei studi hanno orientato il mio pensiero verso due nuove direzioni e, siccome credo che solo le persone stupide non cambiano mai idea, ho lasciato che tesi più convincenti demolissero le mie.

Il mio percorso di vita mi ha fatto capire che la verità non esiste, e che se esiste non sarà mai la sola. I miei studi, invece, mi hanno insegnato che la professione che ho scelto per il mio avvenire presenta delle controversie che io nemmeno immaginavo; ho commesso degli errori di valutazione credendo ciò che non è.

A questa conclusione mi ci hanno portato soprattutto gli ultimi studi fatti in materia di informazione e comunicazione, capendo finalmente che le due cose sono differenti, ma differenti davvero.

Questa “strana” tecnica sociale così diversa da tutto quello che mi era stato inculcato con assidui ammaestramenti, che ha sovvertito tutte le mie convinzioni, che mi ha confusa, ma che forse ha portato un po’ di realtà in un universo che è stato a lungo falsato.

Perciò via l’idea che siccome mi piace scrivere e ne sono naturalmente portata, questa sia una valida ragione per voler diventare una giornalista. Via l’idea che il giornalista dice la verità, che è testimone freddo e asettico come l’occhio della telecamera.

Molto spesso la parola “verità” è stata la sorella della parola “obiettività”, tema quest’ultimo assai dibattuto, dal momento che molti ritengono sia la prima regola nella gerarchia della deontologia del giornalista. Addirittura in America la si insegna nelle università: ma è mai possibile insegnare l’obiettività? Esiste l’obiettività? E sopratutto: un giornalista può mai essere obiettivo?

Probabilmente no.

Un fatto indiscusso è che il giornalismo è mediazione tra la fonte e il destinatario di qualsivoglia messaggio: mediatore è appunto il giornalista.

Mediazione significa che ci si mette al servizio di un fatto, che lo si propone al cospetto della personalità, della cultura e della soggettività di colui che lo farà diventare una notizia capace di coinvolgere il cittadino-lettore, soddisfarne gli interessi, i bisogni, le curiosità.

Mediatore, ma anche interprete. Ma l’interpretazione non ha nulla a che vedere con l’obiettività.

Il secondo punto che ho sottoposto ai dubbi degli ultimi tempi e degli ultimi studi riguarda la differenza tra letteratura e giornalismo. Nello scegliere la professione giornalistica come mia futura occupazione forse avrei dovuto tener presente qualcosa di cui purtroppo non ero ancora a conoscenza, almeno non nel dettaglio.

La tecnica sociale di Francesco Fattorello, con la sua schematicità, ha fatto molta chiarezza sull’argomento.

Si parla di due tipi di informazione:
● Contingente: tempestiva, il cui valore si identifica nel momento più utile
● Non contingente: più lenta, non basa il suo successo sul carattere tempestivo

I fenomeni dell’informazione della prima categoria si identificano nell’informazione pubblicistica (tra cui anche il giornalismo), cioè nell’informazione indirizzata a quel particolare gruppo recettore, pur esso tempestivo e contingente, che si crede spesso di poter identificare nel così detto pubblico. I fenomeni di informazione che appartengono alla seconda categoria si concretano per mezzo di un processo che nei suoi termini non è diverso dal precedente ma le sue categorie e modalità appaiono diverse da quelle della prima categoria.

Del giornalismo c’è una bella definizione di Umberto Eco: “una storiografia dell’istante”.

Storiografia, dunque, non letteratura.

Il legame tra giornalismo e letteratura, l’opinione, anzi, che il giornalismo sia addirittura un genere letterario, nasce da una secolare tradizione, così radicata nel comune giudizio da trasformare in uno dei miti della professione quello che è invece un pesante impedimento a un modo moderno di fare informazione.

Ieri viveva la passione per il pezzo ben scritto, per la prosa elegante, per un linguaggio che però finiva col divenire troppo lontano dalla lingua parlata, e spesso poco comprensibile; oggi vive la convinzione che solo un stile scarno, asciutto, rapido ed essenziale, e alla portata di tutti può rispondere alla quella funzione fondamentale che è la mediazione di cui parlavo prima. Ecco perché qualcuno azzardò un concetto che inizialmente mi sembrò impossibile e assurdo ma che, con la dovuta attenzione, riuscì a comprendere fino in fondo:
“Indro Montanelli è stato il peggiore giornalista della storia italiana, Emilio Fede ne è il migliore”.

Come dicevo prima, i processi di informazione contingente e non contingente hanno gli stessi termini ma diverse modalità di comportamento.

Entrambi hanno come elementi:
● SP: un soggetto promotore che trasmette (e se è bravo comunica anche) non il fatto ma la forma che egli ha dato al fatto, ovvero l’opinione
● SR: un soggetto recettore che non si limita a ricevere ma interpreta a sua volta, ovvero aderisce o meno all’opinione
● M: un mezzo attraverso il quale trasmettere
● O: l’oggetto, il contenuto cui dar forma
● X): elemento che sta al di fuori del processo, il motivo per cui si mette in atto il processo d’informazione

Sono le modalità di comportamento a cambiare:
● la materia oggetto del primo processo attiene sempre a ciò che è attuale e contingente; nel secondo caso il processo attiene a opinioni cristallizzate
● La tempestività è una caratteristica fondamentale del primo processo ma del secondo, in cui non ci sono limiti di tempo.
● La pubblicità del processo contingente è caratteristica fondamentale, nell’informazione non contingente la pubblicità non conta
● Il processo contingente trae effetto dal fattore della “novità”, nel secondo caso la novità non ha effetto.
● Nel processo contingente il promotore può non avere una qualificazione specifica,
nel non contingente il soggetto è qualificato
● Nel processo contingente il recettore è generico, di breve durata ed eterogeneo; nel secondo caso è di norma qualificato, di lunga durata e omogeneo
● Nel processo contingente il contenuto è generico, nell’altro il contenuto è specifico
● Il processo contingente si basa su opinioni contingenti e fattori di conformità; il secondo si articola tramite procedimenti logici e razionali ed opinioni cristallizzate e valori
● Il contingente può essere processo unilaterale, il non contingente è bilaterale

Esistono dei casi in cui questi due processi che ho appena analizzato si intersecano e sembrano viaggiare di comune accordo pur mantenendo ben nette le loro singole specificità.

Il primo caso riguarda “Quei giorni a Berlino”, libro uscito in Italia nel 1989 e scritto da due giornalisti italiani inviati della Rai, Lilli Gruber e Paolo Borella. Lo scopo fu quello di riportare in un libro (che potrebbe essere considerato strumento dell’informazione non contingente) i contenuti del giornale (informazione contingente) su un fatto di cronaca di straordinaria risonanza a livello mondiale, al fine di contribuire alle ricostruzioni che un giorno gli storici vorranno fare sugli avvenimenti di cui i due giornalisti sono stati tempestivi testimoni.

Il secondo caso riguarda il fatto che informazione contingente e non contingente possono concorrere entrambi alla socializzazione e alla acculturazione dell’individuo. Tuttavia è necessario sottolineare che il giornale certo non educa ma può favorire l’acculturazione: l’informazione contingente può aiutare l’educazione, ma non potrà mai sostituirla.

Alla luce di quanto detto, che è anche quello che sto studiando, mi rendo conto che forse ci avevo capito ben poco del giornalismo, e delle differenze che esistono rispetto ad altre “arti dello scrivere”. E mi rendo conto che tutti i miei piccoli e insignificanti tentativi di
iniziarmi a questa professione si sono basati su linee guida piuttosto confuse e traballanti.

Mi ero sbagliata.

Roberta Restretti

studentessa di Editoria Media e Giornalismo

Università Carlo Bo di Urbino

Lettera Aperta al Prof. Ragnetti

Rendiamo nota, a tutti gli amici del Fattorello, una stimolante lettera aperta di un attento partecipante al Seminario di Studi svoltosi a Pordenone su Francesco fattorello e la sua Teoria della Tecnica Sociale dell’Informazione e la risposta del prof. Ragnetti.

Carissimo professor Ragnetti,

la ringrazio per questi giorni di dibattiti, discussioni e confronto su una tematica importante, bella (e anche molto complessa!) come la comunicazione e quanto da essa ne deriva. La ringrazio anche per la passione con la quale porta avanti la teoria della tecnica sociale di Fattorello, nonostante le mille difficoltà che inevitabilmente ci sono. Penso che sia una teoria molto costruttiva, soprattutto perché dà dignità all’uomo, liberandolo dalla condizione di inetto sociale e di burattino. 
Non so se in questi giorni sono riuscito ad esprimere bene il mio punto di vista. Posso comunque dirle che questi giorni mi sono stati molto utili per riflettere e anche capire bene e meglio molte cose. Soprattutto per quanto riguarda quello che lei ha definito il dodicesimo comandamento dei mezzi di comunicazione (“I mezzi di informazione sono certamente uno specchio della società che li esprime): è una frase che mi ha colpito molto e che ha suscitato in me questa riflessione, che proverò ad esprimere in maniera sintetica in questa “Lettera aperta” che le rivolgo.
È davvero consolatorio o in qualche modo accettabile che la spazzatura, l’ignoranza e il degrado che persistono in televisione quanto sui giornali, siano lo specchio della nostra società? Io trovo che sia aberrante, desolante e mortificante che la pochezza dei vari reality show e della molteplici trasmissioni ripiene di stupidi litigi e volgarità, possa prevalere sulla bellezza della cultura, soprattutto in Italia, Paese che spicca in Europa e nel mondo per le ricchezze artistiche ed architettoniche che possiede. Penso che qualunque professione, da quella giornalistica a quella medica, finanche al semplice spazzino che pulisce le strade delle nostre città, debba essere mossa dalla ricerca della verità, ma soprattutto dalla sua difesa, in rispetto di quella morale e di quell’etica che ogni uomo, pensante e opinante, possiede nella sua coscienza.
Ogni opinione, ogni pensiero, ogni idea che si volge alla ricerca della verità, deve aver diritto ad essere espressa in favore di un dialogo comune che sia mosso dal rispetto, da una critica costruttiva e dall’autocritica, intesa, quest’ultima, come capacità di mettersi in discussione, tralasciando da parte la presunzione di prevalere sull’altro, l’orgoglio, il narcisismo e anche ogni arrivismo personale. Ma qualora queste idee, queste opinioni e questi pensieri, fossero il frutto di una deliberata menzogna, beh, allora penso che non ci sia alcun dubbio sull’esistere di un pericolo di disinformazione e manipolazione da parte di alcuni media.
Penso che l’unico motore che debba muovere l’azione dell’uomo, così come i suoi comportamenti all’interno della società, sia la coscienza. Una coscienza che purtroppo in molti anestetizzano e mettono a tacere, aspettando che siano gli altri ad indicare una via facile da seguire. Una coscienza che dovrebbe essere invece viva e piena di buon senso. Ma soprattutto penso che in una società a volte svogliata come la nostra, la coscienza debba essere stimolata e in certi casi anche educata, senza la presunzione di sentirsi dei superuomini in grado di muovere le persone come se fossero dei burattini, ma attraverso il dialogo, il confronto, l’autocritica e l’umiltà di dubitare anche di sé stessi, se necessario.
Solo attraverso il confronto si può ascoltare l’altro e mettere da parte il proprio orgoglio, lavando così da ogni forma di egoismo le proprie idee e convinzioni. Solo attraverso il dialogo si può conoscere l’altro, eliminando pregiudizi e luoghi comuni, arricchendosi reciprocamente di punti di vista differenti, magari pure mantenendo intatte le proprie posizioni.
Penso che ogni uomo, qualunque sia la sua professione, abbia il dovere di arricchire il mondo in cui vive con un esempio sano, o quantomeno ci dovrebbe provare, nonostante i molteplici difetti che ognuno di noi inevitabilmente possiede. Ma i difetti non devono impedirci di cercare di migliorare i contesti in cui tutti viviamo, mettendo invece a frutto i nostri talenti al servizio della comunità. Qualunque rinuncia in tal senso è un’occasione sprecata. Per noi, per il mondo e per la verità. 
Ci vediamo a febbraio! 
Giuliano
P.s.: naturalmente non mi sono dimenticato di inviarle il mio papiro di laurea! 
…e la risposta del Prof. Ragnetti
 
Ciao Giuliano, anche io debbo ringraziarti per l’attenzione e l’interesse dimostrato nei nostri incontri, e, soprattutto, per la tua inaspettata e sorprendente lettera aperta. Quello che hai scritto è molto stimolante per il prosieguo della “lezioni”a Pordenone e mi fornisce  motivi di riflessione e, magari, di aggiustamento di contenuti e modalità didattiche. Voglio, comunque, rassicurarti che tutto alla fine, ti sarà utile : i vecchi medici di famiglia spiegavano che  dopo la crisi provocata dalla febbre, arrivava la lisi e se si trattava di un bambino, la mamma doveva essere contenta perchè il piccolo sarebbe cresciuto un po’. E’ quello che capita a noi quando ci apriamo a una diversa visione della realtà: la crisi iniziale è inevitabile ma salutare, perché dopo la lisi saremo certamente cresciuti almeno un po’.
A presto  Giuliano e grazie del simpatico papiro, Giuseppe Ragnetti

Seminario intensivo di Studi ad Ariccia per il fine Corso 2014

Anche quest’anno, nelle giornate del 7 e 8 giugno, si è tenuto il consueto week-end out-door, ad ARICCIA presso l’ospitale “Casa del Divin Maestro”, immersa nel verde di un parco secolare, con vista sul magnifico Lago di Albano.

E’ ormai una tradizione per gli iscritti all’Istituto “Francesco Fattorello” approfondire gli argomenti affrontati durante l’anno, in insolite lezioni nel verde, sotto l’esperta guida del prof. Giuseppe Ragnetti.

Nella sessione intensiva di Ariccia si sono privilegiati gli aspetti pratici della comunicazione che hanno coinvolto tutti i partecipanti.

Particolarmente apprezzato e sentito il dopocena con “La storia infinita” e il “Vorrei ma non posso e potrei ma non voglio”.

Ancora una volta il tempo è volato e il momento dei saluti ha lasciato l’amaro in bocca ma con un sincero desidero di “arrivederci a presto!”.

Alcune foto del Seminario di Ariccia scattate dal grande fotografo, Fattorelliano DOC, Roberto Gaeta Carinucci

Nella foto single il prof. Ragnetti ovvero “Il vecchio e il lago” parafrasando un classico della letteratura mondiale: “Il vecchio e il mare” di Ernest Hemingwai

In breve i risultati del blog ottenuti nel 2012

Statistiche di WordPress.com nel rapporto annuale 2012 per questo blog.

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Ecco un estratto:

600 people reached the top of Mt. Everest in 2012. This blog got about 5.300 views in 2012. If every person who reached the top of Mt. Everest viewed this blog, it would have taken 9 years to get that many views.

600 persone ha raggiunto la cima del monte. Everest nel 2012. Questo blog ottenuto circa 5,300 visite nel 2012. Se ogni persona che ha raggiunto la cima del monte. Everest visto questo blog, ci sarebbero voluti 9 anni per ottenere i pareri che molti.

Clicca qui per visulizzare il Report completo

Prova di abilità

A tutti coloro, che individueranno a chi assomiglia il soggetto della foto sottostante, verranno accreditati  un milione di punti,  da utilizzare il prossimo anno per le famose merende al Fattorello.

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Forza, impegnatevi e fateci sapere!

LA DIREZIONE

Cortometraggio “Piccole cose di valore non quantificabile”

Il Corto “Piccole cose di valore non quantificabile”

di Paolo Genovese e Luca Miniero, 9min, 2002

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Trama del film PICCOLE COSE DI VALORE NON QUANTIFICABILE:

Una notte, in una stazione dei carabinieri, un brigadiere raccoglie l’insolita denuncia di una ragazza a cui hanno rubato i sogni.
REGIA: Paolo Genovese, Luca Miniero
SCENEGGIATURA: Fabrizia Sacchi, Gianni Ferreri
ATTORI: Gianni Ferreri, Fabrizia Sacchi Ruoli ed Interpreti
FOTOGRAFIA: Arnaldo Catinari
MONTAGGIO: Paola Freddi
MUSICHE: Francesco Lanzillotta
PRODUZIONE: ZEBRA PRODUCTION
DISTRIBUZIONE: EMME PER PABLO
PAESE: Italia 1999
GENERE: Cortometraggio
DURATA: 10 Min
FORMATO: Colore 35 MM

Vale la pena vederlo…

 

La tesina di ELENA MONTI… “Piccole cose di valore non quantificabile”