Elettore: vaso da riempire o fiaccola accesa? Il libero arbitrio dell’individuo resiste al presunto strapotere dei media

SIAMO IN PIENA CAMPAGNA ELETTORALE, SONO IN ARRIVO LE ELEZIONI AMMINISTRATIVE IN IMPORTANTI REGIONI ITALIANE.
E ALLORA CI SEMBRA OPPORTUNO PROPORVI SUL NOSTRO SITO LA TESINA SCRITTA DA DUE BRAVE STUDENTESSE CIRCA 10 ANNI FA’, SULL’ARGOMENTO DI GRANDE ATTUALITA’.
CAMBIANO CONTESTI E ATTORI PROTAGONISTI, MA RESTANO SEMPRE VALIDI GLI SPUNTI DI RIFLESSIONE CHE IL LAVORO CI PROPONE.

Vincitori, vinti, scontenti, delusi, soddisfatti e non rimborsabili, le recenti elezioni europee ed amministrative hanno visto sfilare tutti, ma proprio tutti! “Signori” e “signorine” del mondo politico continuano a dominare la scena e a renderci omaggio della loro presenza nei salotti buoni della tv, nei talk e nei tg . Ma il protagonista indiscusso di questo post elezioni è solo ed unicamente lui “Il Signor Astensionismo”.

Già in altre occasioni ha fatto la sua comparsa, talvolta richiamato a gran voce da chi necessitava della sua presenza per raggiungere i risultati sperati, altre volte non invitato come un’ospite indesiderato di cui si può fare volentieri a meno.

Se nel 2004 la percentuale di consensi da lui ottenuta fu del 35% , il 2009 è stato un anno ancora più favorevole (40% circa gli astenuti), il che  significa che un italiano su 3 non ha votato (3 milioni di voti persi per il Pdl e 4 milioni per il Pd).

Ma come noi figli del tubo catodico e nipoti del plasma non più “plasmati” dalla nostra cara tv balia? Cosa è successo? Abbiamo or dunque riacquistato il senno? Ci siamo forse riappropriati del nostro libero arbitrio?

A dispetto di una campagna elettorale martellante e pervasiva (come le altre peraltro!), l’elettore chiamato costantemente a recarsi alle urne, ha deciso di astenersi dal voto, manifestando così la sua disaffezione nei confronti del sistema politico.

Pd e Pdl , i due grandi partiti del Paese si sono mobilitati per scongiurare l’astensione di parte dei rispettivi elettorati. “Non si capisce cosa c’è in gioco, non è il momento del voto di protesta. Capisco la delusione ma non e’ il momento di astenersi” ha ribadito più volte il leader del Pd Dario Franceschini. Gli fa eco Fabrizio Cicchitto del Pdl  che ha chiesto all’elettorato di “battere l’assenteismo nella consapevolezza che questa manovra di destabilizzazione possa essere respinta soprattutto con il concorso attivo della grande maggioranza del popolo italiano che è con Berlusconi”. L’ipotesi di un elevato astensionismo è stata ventilata anche dal governatore della Regione Lazio, Piero Marazzo che prima delle elezioni ha dichiarato: ”L’astensionismo alle prossime elezioni europee e’ un rischio. Dobbiamo però evitare che questo accada. Molti dei destini dei territori sono nelle mani del Parlamento europeo. Invitiamo i cittadini a votare, insegniamo che il destino e’ sempre nelle loro mani. Mai abbandonarlo agli altri”.

Le affermazioni sopra riportate dimostrano il tentativo da parte di ambo le parti di dissuadere gli elettori dalla scelta astensionista, controproducente per entrambi gli schieramenti.

La stracopertura mediatica dei leader di maggioranza e opposizione sembra però non aver portato ai risultati che ci si era prefissati, l’alta percentuale di astenuti ne è la riprova.

Quanto è stato appena detto va a centrare uno dei punti fondamentali della Teoria Della Tecnica Sociale dell’Informazione, ovvero che il Soggetto Recettore non è passivo e facilmente condizionabile, non un burattino insomma, ma al contrario un Soggetto che dimostra di avere pari dignità rispetto al Soggetto Promotore e dotato delle sue stesse facoltà opinanti.

A questo punto, si potrebbe obiettare che esiste una forma di “astensionismo passivo”, che si traduce semplicemente nella totale indifferenza e nel completo disinteresse nei confronti della politica. Al centro della nostra trattazione sta invece una forma di  astensionismo  cosiddetto “ attivo” per cui il Soggetto Recettore, consapevole dei suoi mezzi, diventa a sua volta Soggetto Promotore di un messaggio politico, che non potrà lasciare indifferenti i Soggetti Recettori (mondo politico) cui si rivolge.

Un simile messaggio politico, benché espresso da una parte dell’elettorato, questo è bene precisarlo, è risultato significativo e decisivo nel determinare l’esito finale di questa consultazione elettorale. In virtù della  sua importanza non può essere trascurato, ma va considerato per poi diventare oggetto di una profonda riflessione e revisione politica.

Facciamo ora un passo indietro e ritorniamo al discorso relativo alla pervasività e all’influenza dei mezzi di comunicazione.

Quanto detto finora sembrerebbe dunque smentire tutte quelle teorie che tra gli anni ‘50 e gli anni’60  hanno fatto degli effetti illimitati dei media e del loro potere persuasorio il loro credo.

Tra queste citiamo la cosiddetta “teoria della cospirazione” elaborata da Adorno, Horkheimer e Marcuse , esponenti della Scuola di Francoforte. I tre autori sono noti per le loro aspre critiche al sistema dei mass media, una vera “industria culturale” – come la definivano – che manipolerebbe l’individuo per integrarlo in un sistema di produzione oppressivo.

L’idea che muove Adorno è che i mezzi di comunicazione di massa fanno introiettare all’individuo il sistema esistente e i valori o i disvalori della società. Al fondo di questa critica c’è un presupposto ben preciso e cioè che i mass-media non sono qualcosa di neutro, non sono meri contenitori che possono essere riempiti con i contenuti più vari. Per Adorno i mezzi di comunicazione di massa sono essi stessi ideologia  perché il loro compito precipuo è quello di diffondere un’immagine del mondo che sia accettabile da tutti, è quello di sviluppare linguaggi uniformi e standardizzati che vadano bene per tutti e che quindi,  inevitabilmente contribuiscono a un conformismo generale.

Adorno fa l’esempio della pubblicità, cui ha dedicato  numerosi   saggi importanti di analisi sociologica, perché nella pubblicità ha visto il tipico strumento di manipolazione delle coscienze: la pubblicità sembra qualcosa di innocente, ma in realtà è uno strumento di seduzione, manipolazione e di addomesticamento degli individui. La pubblicità, nonostante la sua forma seducente, è uno strumento diabolico per manipolare la coscienza individuale, per trasformare gli uomini in robot, in manichini, in qualcosa che possa servire agli scopi del sistema sociale . Quindi l’individuo risulterebbe in questo senso, un essere inerme in  balia del potere mediatico; in realtà la pubblicità, soprattutto oggi, deve confrontarsi con un utente-consumatore tutt’altro che  sprovveduto, ma anzi sempre più critico e partecipe nella fruizione e ricezione del messaggio che gli viene proposto.

Secondo Marcuse invece, i mass media non permetterebbero l’indipendenza del pensiero, l’autonomia e il diritto all’opposizione politica e priverebbero l’uomo della funzione critica .

Abbiamo già notato come  media quali giornali, tv e internet risultino dei soggetti cooperanti e non la causa principale e decisiva nel processo di formazione dell’opinione dell’elettore.

A tal proposito possiamo citare la teoria del “flusso a due fasi della comunicazione” di Lazarsfeld, Berelson e Gaudet, che prende le distanze, in maniera netta, dalla teoria ipodermica[1]. Secondo la teoria dei tre autori, la risposta ai messaggi veicolati dai media non è diretta e immediata, ma mediata e influenzata dalle relazioni sociali. Cosa ancor più importante gli individui non sono tutti uguali di fronte alle campagne mediali, ma hanno differenti ruoli nei processi comunicativi.

Diversi sono gli elementi che condizionano e orientano gli elettori nelle loro scelte di voto. La scelta finale dell’elettore, anche quella di non votare, rappresenta il prodotto di un processo decisionale in cui si inseriscono numerosi fattori che influenzano la preferenza o l’astinenza finale. Tra questi troviamo:
– caratteri sociali ed economici durevoli
– identificazioni partitiche di lungo periodo
– predisposizione in materia di politiche
– preferenze relative a temi di politiche correnti
– percezioni delle condizioni attuali del paese o personali
– valutazione retrospettiva dell’amministrazione in carica e dei suoi risultati
– valutazione delle qualità personali dei candidati
– valutazioni prospettive della potenziale efficacia futura dei candidati e dei partiti.

Analizziamo, ad esempio, il fattore relativo alle percezioni delle condizioni attuali del paese o personali. Sappiamo che la campagna elettorale appena trascorsa, è stata segnata da numerose interviste rilasciate dal premier Silvio Berlusconi, che spesso assumevano più la forma di messaggi autogestiti. In una maxi-intervista rilasciata a “Porta a porta”, il presidente del consiglio ha sostenuto: “Oggi non c’è nessuno che perdendo il lavoro non venga aiutato dallo Stato. C’è la cassa integrazione per i precari, così come per i lavoratori a progetto”.

Questo passaggio dell’intervista potrebbe rispondere a verità per tutti coloro che non si trovino a vivere la condizione di precari, coloro invece che fanno i conti con questa realtà hanno una percezione ben diversa di una simile affermazione e tale percezione influirà nella loro scelta di voto più dell’onnipresenza di un qualsiasi leader politico in una qualche trasmissione televisiva.

In definitiva, vediamo come variabili quali il contesto, l’ambiente, la condizione socio-economica e le relazioni sociali concorrano in misura determinante a delineare e definire le scelte di voto dell’individuo. A dimostrazione del fatto che il libero arbitrio resiste al presunto strapotere dei media.

Corso di Laurea in Editoria, Media e Giornalismo                                                                 Anno Accademico 2008/2009           Corso di Tecniche di Relazione, Prof.Ragnetti.                Emilia Secci e Valentina Altavilla

[1] Teoria Ipodermica si caratterizza per una relazione diretta e univoca che lega lo stimolo alla risposta. I postulati sui quali si fonda sono principalmente quattro: il pubblico è una massa indifferenziata, i messaggi veicolati dai media sono potenti fattori di persuasione, gli individui sono indifesi rispetto al potere dei media, i messaggi sono ricevuti da tutti i membri alla stesso modo.

Spettacolarizzazione e personalizzazione della Comunicazione politica: riflessioni

Lidia Avella

SPETTACOLARIZZAZIONE E PERSONALIZZAZIONE DELLA COMUNICAZIONE POLITICA: RIFLESSIONI

Introduzione

La politica oggi ha ormai completamente cambiato la sua natura. Da luogo del dialogo, del confronto tra idee, dell’esposizione argomentata si è trasformata in spazio del consumo.

La comunicazione di massa ha imposto agli attori politici e al pubblico dei cittadini lo scenario dello spettacolo. Il ruolo della leadership è stato amplificato e la maggior parte delle élite politiche è selezionata con criteri che non hanno più nulla a che fare con le logiche politiche.

Tutto è iniziato nel XX secolo, quando si è avviato il processo di mediatizzazione della società e quindi parallelamente della politica.

Il ruolo primario di agenzia di socializzazione viene svolto dai media e non più dalle tradizionali agenzie come la famiglia, la scuola, la chiesa e il partito.

La politica dunque muta, diventando anche pettegolezzo, scandalo, spettacolo. Si arriva al punto in cui i media quotidianamente si comportano da intermediari fra il personaggio politico e il cittadino, interpretando ciò che l’opinione pubblica vuole sapere allo scopo di poter valutare l’idoneità di una persona a ricoprire cariche pubbliche.

La comunicazione politica allora non è più riferita solo al rapporto tra istituzioni, partiti, movimenti e cittadini, ma crea e veicola anche idee, conoscenze, gusti e stili di vita.

I media col passare del tempo, quindi, hanno prodotto una profonda modifica dei caratteri tradizionali della politica e dei partiti. I nuovi luoghi della deliberazione e della rappresentanza sono oggi esclusivamente gli stessi media. È ormai solo nel contesto mediale che le istituzioni, le forze politiche, i leader e i candidati comunicano tra di loro e con i cittadini-spettatori. I media rappresentano oggi la ribalta della scena politica.

In questo scenario i tre attori dello spazio pubblico, sistema dei media, sistema politico e cittadino elettore, sono così in una relazione asimmetrica e piramidale con al vertice proprio il sistema mediale.

Con la mia tesi mi propongo di analizzare in modo più profondo tutti questi cambiamenti che nella politica e nella sua comunicazione si sono avuti negli ultimi anni. In particolare ho osservato il peso dei media in questo percorso, cioè come il sistema mediale abbia accompagnato la trasformazione della politica fino allo stato attuale. Ho cercato di fare una sorta di punto della situazione, provando quindi a capire come la comunicazione politica sia cambiata e come si presenta oggi, ma soprattutto se questo cambiamento così decisivo abbia fatto bene o meno alla politica.

L’idea dell’argomento da affrontare è arrivata con la lettura del testo di Mazzoleni e Sfardini “La politica pop”. I due autori in questo libro approfondiscono la questione del mutamento della comunicazione politica in Italia e spiegano come questo sia un fenomeno nato in realtà ben oltre i nostri confini. Fanno chiarezza sulle nuove tipologie di programmi che appartengono ai neonati generi dell’infotainment e del politainment e le caratteristiche di ognuno.

Prendendo spunto da alcuni argomenti del libro, ho voluto approfondirne altri con la ricerca e lo studio di ulteriori testi e affidandomi al web. La mia guida scientifica e teorica è stato il testo di Mazzoleni “La comunicazione politica”, mentre confesso di aver riso e di essermi a volte stupita leggendo “Il teatrone della politica” di Ceccarelli.

La lettura dei primi libri mi ha permesso di capire cosa approfondire e quanto sarebbe stato utile inserire nella mia tesi esempi concreti.

Così il mio lavoro ha preso forma, ho analizzato le domande a cui volevo dare una risposta e ho fissato i miei obbiettivi.
Ho cominciato con l’affrontare i concetti di base nel primo capitolo, in cui spiego il fenomeno della mediatizzazione, ovvero i cambiamenti che l’avvento e l’affermazione dei media hanno portato nella comunicazione, e in quella politica in modo particolare. Ho citato autori come Altheide e Snow, che ben spiegano come sia stata per lo più la logica politica ad adeguarsi a quella dei media, e non viceversa.

Ho approfondito con maggiore attenzione il ruolo della televisione in questo processo di cambiamento della comunicazione politica, poiché tra i vari vecchi e nuovi media è il mezzo di comunicazione principale nel nostro Paese, il punto di riferimento informativo per i cittadini italiani. La televisione ha cambiato molto il mondo politico, tanto che ormai la politica dell’era televisiva è molto diversa rispetto a quella del passato.

Ho analizzato poi i principali effetti della mediatizzazione, distinti in effetti mediatici, che riguardano gli aspetti mediali della comunicazione politica (effetto di tematizzazione, effetto di spettacolarizzazione ed effetto di frammentazione del discorso politico) ed effetti politici, che riguardano più propriamente il sistema politico (effetto di personalizzazione, effetto di leaderizzazione, effetto di selezione delle élite politiche).

In questa descrizione ho rivolto la mia attenzione specialmente alla spettacolarizzazione e personalizzazione del discorso politico, che rappresentano il fulcro della mia tesi, essendo gli effetti che attirano oggi maggiormente l’attenzione degli addetti ai lavori e non solo.

La spettacolarizzazione della politica è fonte continua di critiche e sdegno da parte dei cittadini, così come la sua personalizzazione ha portato effetti rilevanti nel modo di comunicare la politica stessa.

Ho proposto infine una descrizione del principale esempio di questo cambiamento della politica italiana, da molti considerato l’artefice dei mutamenti avvenuti nel nostro scenario politico: Silvio Berlusconi.

Ho voluto sottolineare come il Cavaliere sia il culmine dei cambiamenti analizzati, come la sua comunicazione abbia saputo, per l’Italia, precorrere i tempi, come essendo un buon conoscitore del mondo dello spettacolo sia stato il primo ad adattare alle sue logiche anche il discorso politico, riuscendo evidentemente nell’intento e accaparrandosi il favore di molti elettori. Ho raccontato dunque alcune delle principali trovate da lui messe in atto e alcuni aspetti del suo marketing politico.

Nel secondo capitolo ho cercato di mettere ordine tra i concetti che si usano parlando di questa svolta popolare della politica, appunto spettacolarizzata e personalizzata. Ho introdotto così i termini infotainment, politainment e soft news, elencando le varianti di questi nuovi generi di informazione-intrattenimento e proponendo alcuni esempi di programmi del palinsesto italiano che appartengono all’uno o all’altro genere.

Ho poi descritto e analizzato il programma che è a mio parere il miglior esempio di come si affronti oggi la politica in TV, ovvero Porta a Porta di Bruno Vespa. Dopo aver descritto il programma, spiegato i suoi punti forti e le critiche rivolte alla trasmissione e al suo conduttore, ho raccontato alcuni rilevanti episodi andati in onda che mescolano bene politica e spettacolo.

Infine il terzo ed ultimo capitolo è dedicato ad un argomento che molto mi ha appassionata.

Quello che ho cercato di capire è se tutti questi cambiamenti avvenuti nella comunicazione politica abbiano modificato la partecipazione dei cittadini alle questioni di interesse pubblico.

Ho aperto il capitolo parlando di quanto sia solo un’utopia oggi l’ideale del cittadino ben informato, che conosce in modo profondo la politica e vi partecipa attivamente. Ho spiegato come il modo di informarsi sia cambiato e come l’informazione non possa più prescindere dai media.

Ho poi descritto le due opposte posizioni degli studiosi rispetto alla questione. Ovvero quella degli ottimisti, sostenitori della teoria del circolo virtuoso, che considerano i media, pur con alcuni limiti, capaci di informare i cittadini, e non solo. Infatti i media eserciterebbero anche un effetto di mobilitazione poiché stimolano l’interesse e la curiosità dei cittadini nei confronti della politica.

La tesi opposta è quella del video malaise, sostenuta invece dai pessimisti. Questa ritiene che i mass media non aiutino la conoscenza, anzi al contrario sono addirittura strumenti di cattiva informazione. In particolare le accuse sono rivolte alla televisione, che ha reso il cittadino spettatore passivo della politica.

Secondo questa tesi la politica “pop” non fa altro che aumentare la sfiducia e lo sdegno del cittadino verso il mondo politico, visto sempre più come un teatro fatto di personaggi, di litigi e risse, di apparenza e di poca sostanza.

Ho poi analizzato un punto di vista intermedio, ovvero quello della teoria del cittadino vigile.

Si parla cioè di un cittadino che seppur distratto dalle proprio cose, non appassionato alla politica e spesso non ben informato, è attento e vigile, appunto, sulle questioni che lo toccano da vicino ed è capace di attivarsi su quelle questioni che per lui contano. Insomma nonostante il cittadino si dedichi in gran parte alla visione di programmi politici leggeri e scanzonati, secondo questo orientamento, può ancora essere pienamente “cittadino”.

Ho proposto infine un ultimo spunto di riflessione sulle qualità civiche che secondo alcuni avrebbe la comunicazione politica così cambiata. Grazie all’infotainment, al politainment e alle soft news, la politica oggi è addirittura più vicina ai cittadini, poiché non appartiene più ad un mondo lontano e separato, ma entra sempre con più facilità nella loro vita quotidiana.

Così anche i programmi di puro intrattenimento come i reality show possono svolgere una funzione pubblica, rappresentando e insegnando aspetti della cittadinanza contemporanea a vasti ed eterogenei pubblici. E le soft news, dal canto loro, riescono a far arrivare le informazioni su problemi politici importanti anche a pubblici poco inclini a seguire i TG o i programmi di approfondimento.

Arrivo quindi alle mie conclusioni, in cui tiro le somme del mio lavoro e esprimo le mie considerazioni e riflessioni, guardando soprattutto alla Teoria della Tecnica sociale dell’informazione di Francesco Fattorello.

Conclusione

Appare evidente dal mio lavoro che la politica e la sua comunicazione abbiano subito rilevanti cambiamenti e questo, come detto, è un fenomeno che caratterizza in maniera piuttosto omogenea tutto il mondo occidentale.

Dopo i discorsi affrontati nei precedenti capitoli, voglio dare spazio ad un’ultima importante riflessione, partendo dal contesto italiano, ma che vale in generale per i temi trattati.

Da quando in Italia nel 1994 Berlusconi è entrato nel mondo politico il mutamento ha avuto inizio. È cambiato innanzitutto il concetto di elettore, che pian piano è stato uniformato a quello di consumatore, con importanti conseguenze.

Berlusconi per primo ha infatti impostato il suo movimento politico su una serie di valori e contenuti che ha presentato agli elettori come merce da acquistare. Agendo come un’azienda, il neonato movimento propone il proprio prodotto esaltandone i vantaggi, rispetto alla concorrenza, per gli elettori e per il sistema generale.

La strategia di Berlusconi è stata chiara fin dall’inizio. Ha organizzato il suo partito utilizzando principalmente le strutture aziendali dedicate alla vendita di spazi pubblicitari che già usava per le sue reti televisive e affidandosi a politiche di marketing mirate, che provenivano chiaramente dal mondo aziendale.

Questa strategia del Cavaliere ha iniziato il cambiamento della politica italiana di cui abbiamo discusso, visto che dal momento del suo arrivo sulla scena politica e dalla sua successiva vittoria elettorale, tutte le altre parti politiche hanno dovuto fare i conti con un tipo di strategia totalmente diversa rispetto al passato. E soprattutto vi si sono dovute adattare.

Quindi anche la controparte ha cominciato a confrontarsi in modo diverso con gli elettori e quindi a considerarli come potenziali clienti, come consumatori. Si è giunti così al punto estremo: la politica è diventata una merce da vendere e i partiti-aziende riempiono di vantaggi il proprio prodotto tentando di convincere i consumatori-elettori ad acquistarlo.

Partiamo da queste considerazioni e analizziamo il fenomeno tenendo presente la Teoria della tecnica sociale dell’informazione di Francesco Fattorello per capire soprattutto quali siano gli effetti sulla politica.

La teoria parte dal presupposto che ci siano due tipi informazione, quella contingente e quella non contingente. Ognuna delle quali ha propri mezzi per essere comunicata, diversi tra loro e adatti a differenti scopi.

L’informazione contingente è quella legata al presente e all’attualità. È l’informazione che soddisfa l’urgenza, la tempestività, è pensata per l’oggi, e si esaurisce nella quotidianità. Si avvale di stereotipi per ottenere una rapida e tempestiva adesione di opinione, ovvero condivisione del messaggio che si vuole trasmettere.

L’informazione contingente è tipicamente l’informazione giornalistica, quindi sia scritta che radio-televisiva. Ma anche più in generale si fa riferimento all’informazione pubblicistica, compresa quindi la pubblicità.

L’informazione non contingente al contrario non ha esigenze di tempestività e di urgenza.

Si preoccupa di rispettare i valori che sono volti a formare attitudini profonde. È un’informazione praticata per il domani e soprattutto da vita ad opinioni cristallizzate e largamente condivise, al contrario dell’informazione contingente che da vita ad opinioni anch’esse contingenti.

L’informazione non contingente è quella che richiede tempo, come il processo del maestro che insegna ai suoi allievi opinioni accettate attraverso un processo storico da un gruppo, da una società, di cui sono diventate patrimonio nazionale.

La politica così come nasce appartiene sicuramente all’informazione non contingente, poiché è un processo lungo, trasmette valori profondi e socializza la comunità.

Oggi però si tende a trattare la politica come qualcosa di contingente, e soprattutto si usano i mezzi dell’informazione contingente per la comunicazione politica, cadendo ovviamente in errore. Si cerca cioè di trasmettere valori, nello specifico valori politici, nei modi e con i mezzi con cui invece si trasmettono le opinioni contingenti. Così si tende a trasformare la politica semplicemente in un prodotto, da utilizzare e da cercare solo quando serve.

In sintesi, quindi, oggi la comunicazione politica è cambiata, parla esattamente la lingua della pubblicità ed usa i suoi stessi mezzi. Di conseguenza è cambiata anche la politica, che è stata trasformata in un prodotto, comparabile con altri. Tra i prodotti proposti il cittadino sceglie il proprio preferito, cioè quello che più soddisfa le proprie esigenze, non più secondo una condivisione di valori profondi, come in passato, ma in base ad opinioni contingenti, legate al momento.

Allora, si può parlare di politica con i mezzi dell’informazione contingente? Si, si può e oggi lo si fa. Ma chiaramente questo ha delle conseguenze. E la principale delle conseguenze è l’impoverimento della politica, divenuta una merce al pari di altre.

il Fatto-Rello n.2

Editoriale di GIUSEPPE RAGNETTI

Il secondo numero del Fatto-rello vede la luce a conclusione di un periodo particolarmente intenso di comunicazione elettorale in vista delle elezioni politiche dell’Aprile 2006. L’alluvione mediatica dalla quale, nostro malgrado, siamo stati travolti ha visto il trionfo dei più abusati ed intollerabili luoghi comuni.

Prof. Giuseppe Ragnetti

Prof. Giuseppe Ragnetti

Questi, ancora una volta, sono stati la conseguenza dell’insostenibile impostazione teorica d’oltre oceano per cui il mezzo sarebbe di per sé un valido ed efficace messaggio a prescindere dai contenuti da esso veicolati. La propaganda elettorale, prima, e le successive analisi dei risultati ottenuti hanno evidenziato, ancora una volta, la convinzione largamente diffusa dell’esistenza di uomini (in questo caso politici, figuriamoci!!!!) in grado di agire non tanto sulle opinioni di altri uomini, ma sui loro schemi mentali ed, in ultima analisi, sui loro comportamenti.

Dimenticano costoro che esiste una forte scissione tra opinioni ed atteggiamenti, da una parte, e comportamenti adottati nella vita reale. Più che mai, dobbiamo sentirci orgogliosi, noi fattorelliani, di appartenere alla nostra piccola istituzione culturale che ormai da decenni ha fatto chiarezza sull’impossibilità che attraverso i mezzi della comunicazione sociale si possano governare i comportamenti umani.

Nei prossimi mesi avremo modo di discutere nelle nostre aule del recuperato “miracolo” Berlusconi e dell’incompiuto “miracolo” Prodi. Lo faremo con il rigore scientifico che ci distingue da sempre e che ci consente di essere ancora dopo 60 anni la prima scuola legittimata a definirsi “la via italiana alla comunicazione”.