Se il chicco di grano…

Francesco Ricci

SE IL CHICCO DI GRANO CADUTO IN TERRA NON MUORE, RIMANE SOLO; SE INVECE MUORE PRODUCE MOLTO FRUTTO. (Gv 12,24)

Indice

Premessa
1. La natura ci insegna.
2. L’apostolo Giovanni precursore della Teoria Fattorelliana.
3. L’ascolto: prima espressione dell’amore e base della comunicazione.
4. La formula fattorelliana nelle diverse realtà.
5. Conclusione.
Bibliografia.

Premessa

A conclusione del corso superiore di metodologia dell’informazione e tecniche della comunicazione presso l’Istituto Francesco Fattorello, ci è stato chiesto di redigere una tesi conclusiva su un argomento a nostra scelta che contenga e spieghi ciò che dal corso è emerso, vale a dire la Teoria Fattorelliana.

L’argomento che tratterò prende spunto da un passo del Vangelo di Giovanni, precisamente:“ Se il chicco di grano caduto in terra non muore rimane solo; se invece muore, produce molto frutto”. Gv (12,24)

Un giorno leggendo una lettera che un parroco inviava alla sua comunità in occasione della Santa Pasqua, ispirata a questo passo del Vangelo, mi è venuta spontanea una riflessione che mi ha richiamato l’esperienza vissuta nel corso al Fattorello.

Ho provato successivamente a trovare argomenti per trattare la tesi finale, ma mi ritornava sempre in mente quella lettera, la riflessione e il collegamento all’esperienza Fattorelliana.

Ho deciso allora di abbandonare qualsiasi altra idea e seguire quella traccia, iniziando il mio lavoro e tentando di portare nell’avventura della vita di ciascuno l’esperienza del chicco di grano, che guidato dai cicli naturali, esprime quello che succede nella vita di tutti i giorni ad ognuno di noi, il nostro nascere, crescere, vivere e morire, con le diverse relazioni che ogni giorno siamo tenuti a vivere, tra cui la comunicazione.

Dalla nascita che rappresenta l’avvio di una bella esperienza alla morte quale raggiungimento di un traguardo, che potrà essere diverso secondo il vissuto di ognuno. All’interno di questi due poli si sviluppa la vita quotidiana di ognuno di noi che ci porta ogni giorno a conoscere e vivere esperienze diverse, ad incontrare persone diverse con le quali non sempre è facile comunicare.

CAPITOLO 1

La natura ci insegna

Tutti formiamo un felice anello nella catena della vita. Tutto ha un valore nella vita.

Se la primavera ha così tanto valore è perché glielo ha affidato l’inverno.

Se l’infanzia ha tanto e così meraviglioso valore umano, è perché i genitori ed i nonni hanno trasmesso il meglio di se stessi.

Se una parola entra con il suo valore in un’altra persona e lascia un segno è perché qualcuno ha saputo parlare e ha dato il meglio di sé.

Se la vita ha un valore così grande, è perché qualcuno ha donato tutto il suo essere per potenziarla.

Ciò che accade nella natura, accade nelle persone. La primavera è forse la più desiderata delle quattro stagioni del ciclo annuale.

La primavera è un’esplosione di vita, la primavera è sorpresa, è il risveglio felice a tutto ciò che è nuovo, la primavera è saper ripartire, è saper inventarsi di nuovo dopo uno sbaglio, è sapersi amare e donare, la primavera siamo noi, noi esseri umani.

È quando ad ogni tramonto siamo capaci di pensare al mattino, è quando nelle nostre parole non pensiamo a noi stessi ma all’altro, è quando, calzando le scarpe, desideriamo avanzare nella vita verso un obiettivo, è quando oltre alle rughe conserviamo la lucidità mentale, è quando nella stanchezza prendiamo il riposo con pazienza, è quando nel silenzio prepariamo una nuova azione e un nuovo sorriso.

È quando la natura decide se il chicco di grano muore e germoglia per iniziare un viaggio, o se sparirà senza alcuna traccia.

La comunicazione è la primavera, è l’avvio felice alla scoperta e alla conquista di qualcuno, è lo strumento che ci permetterà di incontrarlo in modi diversi e con risultati diversi solo se sapremo esprimere il meglio di noi, non per noi stessi ma per l’altro e tanto più saremo stati capaci di rendere protagonista il nostro interlocutore, tanto più avranno avuto successo le nostre parole.

Allora siamo primavera, per noi stessi, per essere stati capaci di intraprendere una comunicazione e per l’altro, per essere riusciti a creargli una novità.

In ogni cosa esiste un percorso che permette di raggiungere un obiettivo e tanti fattori interferiscono nella riuscita.

Nella storia del chicco di grano c’è un percorso da seguire, il tipo di terreno che dovrà accogliere il seme, la mano del seminatore; l’inverno che in silenzio e lentamente pianta le radici; la primavera che fa esplodere, crescere e manifestare; poi l’estate che con il suo sole che matura dà il raccolto, che potrà essere di tanti se abbondante, o di pochi se sarà stato scarso; poi ritorna l’autunno tempo di riflessione e di programmazione. L’azzeramento per poi ripartire lo spogliarsi della vecchia veste
per rigenerarsi in un nuovo progetto.

CAPITOLO 2

L’Apostolo Giovanni precursore della teoria Fattorelliana.

Comunicare non significa appagamento personale, ma spogliarsi delle proprie convinzioni e ascoltare l’altro per sapergli dire ciò che lui vuole sentirsi dire da noi.

La comunicazione non avviene in partenza ma all’arrivo nella testa di colui che ascolta del nostro soggetto recettore.

Dobbiamo capire cosa è importante per il nostro soggetto recettore, saper ascoltare cosa lui vuole da noi e solo così possiamo stabilire un dialogo autentico.

Gesù in più occasioni ha mostrato di parlare in modi diversi secondo i suoi interlocutori pur esponendoli gli stessi principi. Ha saputo rendere il suo discorso accessibile a tutti.

Più volte ci ha insegnato che le incomprensioni, la rigidità e la pochezza dei rapporti nascono quando non siamo capaci di abbandonare il nostro punto di vista, il nostro orgoglio il nostro io, quando ad ogni costo, dobbiamo far prevalere le nostre assolutamente giuste convinzioni, che appannano il nostro orizzonte impedendoci di vedere chiaro, di non scorgere chi abbiamo davanti e soprattutto impedendoci di arrivare.

Abbandonare se stessi per accogliere l’altro in ogni azione della nostra vita e carità.

La carità è ciò che l’Apostolo Giovanni in questo passo ci insegna raccontandoci di Gesù, ricordandoci che dove c’è carità c’è amore per se stessi e per gli altri.

Anche nel semplice gesto del dialogo si può omettere la carità, quando non si è capaci di ascoltare il nostro interlocutore, quando non ci accorgiamo che le nostre frasi sono solo per noi stessi, quando cadiamo nella vanità delle parole e dei sentimenti, modi molto frequenti in questa società del desiderio, delle esperienze felici che ignorano l’umana fragilità e l’umana esigenza.

A questo punto si colloca bene l’esempio del seminatore che getta un seme destinato a morire, quasi segno delle nostre fatiche, del nostro patire quotidiano, delle nostre superficialità e dei nostri luoghi comuni; poi l’immagine del mietitore, che raccoglie il frutto della spiga germogliata e maturata da quella morte, da quel chicco di grano che ha saputo rinunciare a se stesso per dare vita ad altri, “ Se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto”.

Dalla rinuncia di ciascuno a se stesso, al proprio egoismo e alle proprie rigide idee si incontrano gli altri e soprattutto con la comunicazione si lascia un segno negli altri.

CAPITOLO 3

L’ascolto prima espressione d’amore e base della comunicazione.

Il primo servizio che si deve alla persona, è l’ascolto; l’inizio dell’amore e dell’interesse di una persona sta nell’imparare ad ascoltarla; l’ascolto può guarire una persona, mentre la mancanza di ascolto può causare ferite molto profonde e può far fallire una comunicazione.

Oggi prevale la cultura del non ascolto: non sappiamo più fare silenzio, stare con noi stessi e con gli altri; non abbiamo né tempo, né voglia di ascoltare.

Non si canta più, si urla, si grida; una vita senza silenzio, senza ascolto, senza dialogo, senza gioia, perché questa viene da molto lontano, dall’interiorità!

Anche la parola di Dio più volte ci ricorda che l’ascolto è la sorgente della vita, il senso di tutta la vita.

Noi siamo chiamati ad ascoltare e a prestare attenzione a chi si ascolta, a ciò che si ascolta, a come si ascolta.

Ascoltare vuol dire: accettare incondizionatamente l’altro, anche nelle differenze che arricchiscono e non dividono.
Condividere i sentimenti dell’altro. Essere positivi, e non lasciarsi andare al pessimismo e soprattutto non trasmetterlo.
Ogni comunicazione ha una sua grammatica, l’emittente, il messaggio, il codice, il mezzo, il contesto e l’intenzionalità, il ricevente ed il feedback.

La comunicazione può avere dei disturbi: da parte del soggetto promotore, la superficialità, la distrazione, la mancanza di consapevolezza e di chiarezza, l’affanno; da parte del ricevente: la precompressione, fretta, superficialità, sordità, affanno, incapacità di ascolto, pregiudizio.

La comunicazione funziona quando il soggetto recettore ha compreso in modo corretto quanto ha voluto comunicare il soggetto promotore.

La comunicazione avviene all’arrivo non alla partenza. Si può concludere che l’ascolto profondo richiede alcune attenzioni: un vuoto di sé, un vuoto di pregiudizi, e un pieno di pazienza.

In ogni incontro ha valore decisivo non quello che dici né i contenuti che esponi né le soluzioni che dai, ma, anzitutto, la relazione che sai creare attraverso un clima di autentico ascolto.

CAPITOLO 4

La formula Fattorelliana nelle diverse realtà.

La formula fattorelliana:
M
X)
Sp Sr
O
X = Il fatto
SP = Soggetto promotore
SR = Soggetto recettore
M = Mezzo
O = Formula d’opinione

Il soggetto promotore, attraverso lo studio della forma di opinione più adatta e al mezzo più consono, deve riuscire ad entrare nel soggetto recettore ed ottenere il suo consenso, allora la comunicazione potrà ritenersi avvenuta ed il fatto accolto.

La formula nella natura:
X = La semina
SP = Il seminatore
SR = La terra
M = Il chicco
O = Il raccolto

La formula può essere rapportata al raccolto: il seminatore con la sua esperienza, conoscenza e bravura, utilizza il chicco come mezzo, lo semina, osservando il terreno e cogliendo il momento migliore.

La terra accoglierà il chicco, permettendogli di germogliare e dare il frutto. Frutto che potrà essere abbondante se il seminatore avrà svolto bene il suo lavoro, o scarso, o inesistente se l’opera condotta dal soggetto promotore non avrà funzionato.

La formula nel Vangelo:
X = L’esperienza di fede
SP = Io
SR = L’ altro
M = Ascolto
O = Carità

Nella formula evangelica io stesso (SP) potrò mettere in pratica l’esperienza di fede (X) con la rinuncia di me attraverso la carità incondizionata (O) del mio prossimo (SR), utilizzando l’ascolto (M) quale mezzo semplice, autentico e naturale.

Se l’altro sarà riuscito a sentirsi protagonista il soggetto promotore (io stesso) potrà considerarsi soddisfatto di aver svolto un semplice ma significativo gesto d’amore.

CONCLUSIONE

Concludo questo lavoro, nella speranza di essere riuscito a cogliere ciò che la teoria Fattorelliana ci insegna.

Se il successo della teoria Fattorelliana è il consenso di opinione del soggetto recettore, nel ciclo della natura il risultato è il bilancio della terra, mentre nell’esperienza del Vangelo è l’amore, quale autentico gesto di accoglienza dell’altro reso protagonista.

In ogni situazione, possiamo concludere che nessuno è terminale ma è sempre promotore, da ogni traguardo raggiunto o successo ottenuto c’è sempre un domani, in cui saremo prossimi di quanti ci passano accanto, di quanti dialogheranno con noi nella vita di tutti i giorni, pronti a farci uno con loro, e soprattutto di quanti saremo stati capaci di rendere protagonisti, di quanti ci avranno dato il loro consenso nell’ accogliere le nostre parole.

Parole che lasciano un segno e ci permettono di comunicare nel mondo e con il mondo, come la spiga matura che giunta al raccolto sarà ancora nutrimento e vita.

Bibliografia
Gv 12,24 Vangelo, Sacra Bibbia.
Fattorello F., Teoria della tecnica sociale dell’informazione, 2005 ed. QuattroVenti, Urbino.
Ragnetti G., Opinioni sull’opinione, 2006 ed.QuattroVenti, Urbino.
Appunti del corso anno 2008.
Lettera parrocchiale, Santa Pasqua anno 2008.

Attestato finale del 62° Corso

ISTITUTO FRANCESCO FATTORELLO

Dal 1947 “la via italiana alla comunicazione

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Venerdi 22 genn.2010, in occasione della presentazione del nuovo Corso Istituzionale i fattorelliani del corso 2009 consegneranno l’Attestato finale ai “vecchi” che hanno frequentato e superato la prova conclusiva prevista dall’Ordinamento degli Studi.

Riceveranno l’ambito e meritato “trofeo”:

FASSARI Concetta Assunta

FRANCIONI Sabrina

LONGARINI Claudia

PELLEGRINI Valeria

PERGAMENO Jacopo

RICCI Francesco

RIGGI Sara

SEGANTI Francesca Romana

SEVERINO Federico

TARICIOTTI Luciana

Rallegramenti a tutti i neo-comunicatori  con i migliori auguri dall’Istituto Fattorello e dalla redazione del nostro blog

Oltre il ricordo

di Francesco Ricci

Sono passati alcuni mesi dalla conclusione della bellissima esperienza di studio a Poggiovalle, quale attività finale del corso di metodologia dell’informazione e tecniche della comunicazione, tenutosi durante l’inverno, presso l’istituto Francesco Fattorello di Roma.

Il ricordo del corso e dell’esperienza finale ha lasciato in tutti noi partecipanti l’arsura del ritrovarci, per continuare l’esperienza dello scambio, del confronto e della condivisione.

Durante i vari incontri invernali abbiamo avuto l’occasione di conoscerci attraverso le lezioni, le presentazioni e perché no, anche condividendo le ricche merende, ma quello che è successo a Poggiovalle è stato diverso.

Sembra proprio che in quell’occasione, si sia abbattuta ogni barriera di divisione e distacco tra tutti i partecipanti, rendendoci in qualche maniera fratelli dello stesso padre, legati da una comunione di intenti e da una rispettosa confidenza tipica di vecchie amicizie.

In quei due giorni ognuno di noi si è messo in gioco con il suo modo di essere, ed è bastato soltanto qualche minuto di curiosità, seduti intorno al tavolo della prima conferenza, per capire cosa facessimo realmente là, e per magia, ognuno di noi libero e alleggerito dal tran- tran delle sue giornate, è riuscito ad accogliere l’altro per come era, con le sue caratteristiche, i sui pregi e difetti e anche le sue potenzialità, superando quella conoscenza un po’ timida e distaccata che ci aveva accompagnato durante il corso a Roma.

Le diversità di ognuno ( l’età, le diverse professioni e ceti sociali), si sono azzerate davanti alla volontà di conoscerci, di accoglierci e di imparare nuovi temi e condividere gli argomenti che ci avevano portati in quel luogo e per i quali ci trovavamo uniti.

In fondo prima di gennaio nessuno di noi avrebbe pensato di vivere una così bella esperienza di vita, di gioco e di studio, che avrebbe portato a conoscere tante persone nuove che solo per il fatto di essersi ritrovati a scuola sarebbero restati uniti, solo per aver conosciuto quella teoria che inizialmente pensavamo un po’ strana, non molto definita e misteriosa.

Mi chiedo: qual è il nostro compito oltre la nostra crescita e arricchimento personale?

Essere diventati amici e ritrovarci nel ricordo di una bella esperienza, basta?

Penso: a ognuno di noi spetta ora un compito importantissimo, quello di poter portare la nostra esperienza nella vita di tutti i giorni, dei piccoli e dei grandi gesti, nelle nostre famiglie, nei nostri amici e soprattutto in tutte quelle persone che per qualsiasi motivo si affacceranno sulla nostra strada e permettere a tutti di condividere questa nostra gioia e capacità, che forse è ancora di pochi, ma con l’aiuto di tutti potrebbe diventare di tanti e soprattutto di tanti uomini e donne speciali che non riusciranno a cambiare il mondo, ma potranno vantarsi di averci provato solo per la capacità di sapersi presentare, riconoscere, ascoltare.

Solo allora la nostra misteriosa e amata teoria, sarà sicura di aver centrato il suo obbiettivo, quello di non essere rimasta dietro un banco di scuola, o incorniciata come un meraviglioso ricordo. Sarà invece riuscita a girare, farsi catturare e lasciare un segno in un presente certo e difficile e contribuendo ad un futuro tutto da costruire ma ancora in tempo per poter regalare meravigliose emozioni.

Cerveteri, Ottobre 2008

Francesco Ricci

L’ accademia della vigna

A cura di Francesco Ricci

Mi trovavo in campagna a compiere alcuni lavori nel vigneto in una bellissima giornata di primavera, in completa solitudine tra il verde dei prati e i germogli delle viti che lasciavano già vedere i piccoli grappoli, con la sola compagnia di una cornacchia che seguiva instancabilmente il mio lavoro svolazzando in ogni filare alla ricerca di qualcosa che avevo reso più visibile con il mio passaggio.

Il rumore del trattore mi ha permesso di estraniarmi dai soliti pensieri quotidiani come se stessi in una campana di vetro, lasciando spazio a riflessioni interiori tra me e me, riascoltando concetti acquisiti recentemente che in questo ultimo periodo sono protagonisti nella mia vita.

Ripensavo agli incontri del venerdì al Fattorello alle lezioni del professor Ragnetti agli scambi tra i partecipanti e anche alle simpatiche merende, e non ho potuto tralasciare alcuni concetti come affermazioni ed esempi, che solo in una seconda accurata riflessione chiariscono le idee.

Ripensavo al gioco del target, alle freccette nei diversi materiali, ai più o meno abili tiratori nonché al bersaglio vicino o lontano, libero o schermato, alla M di metro o di maiale, al carrello della spesa, al freezer necessariamente ben fornito, alla disattenzione verso alcune indicazioni che in quel momento non sono ciò che cerchiamo (mobilificio o pizzeria), alla memoria, al filtro percettivo e alla manipolazione.

Questo elenco di parole, di esempi anche se apparentemente semplici, mi hanno messo spesso in difficoltà nel capire cosa ci si nascondesse dietro, ma la tanta curiosità ha vinto anche lo sconforto di mollare perché argomenti troppo difficili o lontani dalla mia persona.

In quel giorno lontano da tutti e da tutto, sono riuscito a sbriciolare ed a capire l’importanza semplice e intrigante, curiosa e accattivante di questo nuovo mondo che sto conoscendo, formato da vocaboli nuovi, profondi e significativi, legati da un unico filo conduttore: la riscoperta di me stesso ed il riappropriarmi della mia naturale vocazione, quella dell’uomo libero, libero da tutto ciò che io ho erroneamente fatto entrare, libero da tutte quelle situazioni alle quali ho consegnato le chiavi della mia casa ed alle quali ho permesso di mettermi alla porta, perdendo il mio ruolo di padrone per essere servitore.

Sono molto risentito e amareggiato nel pensare al faticoso studio e lavoro che dovrò fare per riconquistare ciò che è mio, ciò che con molta facilità mi è sfuggito di mano, solo per una semplice superficialità, distrazione o condizionamento; ma altrettanta gioia e forza alimenta la mia voglia di proseguire in questo viaggio ancora misterioso, ma che inizia a far assaporare i primi frutti e mi consentirà di essere più attento, coraggioso e libero, e soprattutto, mi insegnerà ad aver cura delle chiavi, ad essere una buona sentinella su ogni orizzonte nuovo che mi si presenterà, fatto di situazioni ma anche di persone che saprò ascoltare e che sapranno ascoltarmi.

Il mio lavoro giungeva al termine perché la mia amica cornacchia, con il suo ultimo volo, mi faceva capire che i filari erano finiti, e guardando l’orologio anche il tramonto era vicino, quello di una piacevole giornata di lavoro e riflessione, che segnava la fine di un giorno di luce ma rappresentava una nuova alba di un pensiero nuovo di una nuova persona in una nuova esperienza.

L’accademia della vigna mi ha permesso di riflettere e mi ha donato il coraggio di poterlo raccontare e condividere.

Cerveteri Maggio 2008
Francesco Ricci

Venerdì Santo a Cerveteri ….di Francesco Ricci

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Il Venerdì Santo a Cerveteri si svolgerà a partire dalle ore 18.30 circa col processione religiosa del Cristo Morto e della Madonna Addolorata, un percorso di circa 2 KM che accoglierà la processione con lumini alle finestre e per le strade, al rientro in chiesa delle statue nella scalinata di Piazza Aldo Moro inizierà la rievocazione storica della passione e morte di Gesù con il processo, al termine di questo Gesù caricato della croce percorrerà lo stesso percorso della processione religiosa accompagnato da 100 figuranti rigorosamente in costume d’epoca.

Il corteo aperto dai cavalli con la biga vede tra i tanti personaggi le guardie ebraiche i soldati romani a piedi ed a cavallo il popolo.

Il Cristo nel percorso incontrerà tutti i personaggi della Via Crucis, Maria sua madre e le Pie Donne, la Veronica che asciugherà il suo volto il Cireneo che aiuterà Gesù a supportare il peso della Croce dopo le sue cadute, il corteo si concluderà in piazza per dare il via al momento più suggestivo quello della Crocifissione, che tiene immobilizzati i migliaia di spettatori che ogni anno accorrono e gli stessi figuranti.

Tra effetti speciali e parole toccanti si conclude il Venerdì Santo a Cerveteri che da sempre non vuole essere solo uno spettacolo folcloristico ma soprattutto un momento di riflessione sul grande mistero della Pasqua di Riseurrezione.

Vi aspettiamo numerosi!

Felice Pasqua.

Francesco Ricci