Giorgia Butera (Studiosa ed Oratrice alle Nazioni Unite): “La Tecnica Sociale di Francesco Fattorello incide con successo nel benessere organizzativo aziendale”

In ogni contesto della comunità/società è consigliabile nei casi di interrelazione personale l’utilizzo della Tecnica Sociale di Francesco Fattorello. Farne a meno comprometterebbe la valenza logica-scientifica del rapporto stesso. Anche in segmenti aziendali e/o manageriali.

Non può esistere un’impostazione teorica sulla comunicazione sempre valida ed applicabile a qualunque recettore. Ma si interviene su soggetti attivi che reagiscono ai numerosi stimoli ricevuti sulla base delle proprie facoltà opinanti e delle proprie attitudini sociali prodotte dalle diverse e determinanti acculturazioni.

Da Studiosa, Tecnico della Comunicazione ed Oratrice alle Nazioni Unite, quotidianamente sperimento il “benessere organizzativo”. Un concetto valido per ogni cosa e perfetto in contesti produttivi, incidendo sull’andamento del business e sulla cultura aziendale.

Il concetto di “Benessere Organizzativo” riguarda tutti i settori aziendali, dalla dirigenza alla gestione del personale.

Ed include: l’atmosfera e il clima aziendale, il work life balance, la qualità della vita in azienda, le possibilità di crescita, le relazioni interpersonali ed il rapporto tra il datore di lavoro e i propri collaboratori.

Ma affinché tutto questo si concretizzi con successo è ineludibile l’utilizzo della Tecnica fattorelliana.

Giorgia Butera

Presidente METE/OIDUR – Studiosa/Scrittrice – Tecnico della Comunicazione – Oratrice alle Nazioni Unite – Difensore Diritti Umani

www.giorgiabutera.it  – www.meteassociazione.itwww.culturaldemocracy.euwww.oidur.eu

Il paradosso della “Persuasione”

Lectio presso l’Accademia San Marco – Pordenone, Città natale di Francesco Fattorello


Quando si parla di “persuasione”, il significato che le si attribuisce è molto spesso negativo. Persuadere, nell’immaginario comune, significa detenere il potere e far fare agli altri quello che si desidera. Abbiamo visto come fin dai tempi di Aristotele esiste una teoria centrale della persuasione, che si collega strettamente  alla retorica, la quale ha evidenziato come si ottenga il massimo delle presa sull’uditorio quando si adattano le proprie linee di ragionamento all’uditorio stesso.

Tale concetto è bene espresso dalla Tecnica Sociale dell’Informazione del prof. Francesco Fattorello che è stata l’impostazione che abbiamo seguito per la nostra analisi.

La Tecnica Sociale ha restituito dignità al soggetto recettore rendendolo protagonista del processo comunicativo che è di natura sociale.

Questo vuol dire che il processo dell’informazione e dell’adesione di opinione ha un carattere sociale, figlio del tempo e del contesto in cui si realizza e precede sempre senza, tuttavia, determinare il comportamento del recettore.

La formula ideografica è chiara: il Sp informa la X), cioè la interpreta secondo la sua visione e la trasmette al Sr attraverso un mezzo (M) congeniale a questo ultimo, proponendo una formula di opinione adeguata al soggetto recettore stesso che, dunque, va studiato anteriormente. Il Sr può aderire o non aderire, ma il processo si ferma lì. Stop!

Il conseguente comportamento che assumerà il nostro soggetto recettore non riguarda il processo e né, tanto meno, può essere determinato dallo stesso.

Il soggetto recettore può aderire al messaggio che gli abbiamo confezionato ad hoc, ma per tutta una serie di motivi che prescindono dalla natura sociale del processo, può non assumere il comportamento che noi auspichiamo (cioè gli può piacere la pubblicità che abbiamo proposto, ma questo non implica necessariamente che poi acquisti il prodotto presentato, per tutta una seri di motivi, specifici e particolari per ognuno di noi).

Partendo da ciò, l’unica cosa che si può fare è operare sulle opinioni dei recettori e realizzare il messaggio nel modo più adatto per ognuno di loro, ecco perché parliamo di adesione di opinione.

Adesione che verrà data se ci sarà una convergenza di interpretazione sull’opinione proposta.

Ed è proprio qui che risiede il paradosso della persuasione: il ‘persuasore’ deve solo incanalare la forza delle convinzioni e delle argomentazioni già presenti ed attive nell’interlocutore.

Eufrasia d’Amato e Giuseppe Ragnetti

La Teoria Fattorelliana alla Conferenza su Panel “Educazione e Consapevolezza al Sexting. Stop al Revenge Porn”

METE, Organizzazione, presieduta da Giorgia Butera, e riconosciuta in ambito nazionale ed internazionale, sviluppa la sua azione attraverso la “Tecnica Sociale dell’Informazione” di Francesco Fattorello.

Ed in occasione della Conferenza Istituzionale, tenutasi in Sala Tatarella (Camera dei Deputati, Roma) lo scorso 28 novembre 2023, alla presenza dell’On. Eugenia Roccella (Ministra per la Famiglia, la Natalità e le Pari Opportunità), discutendo il Panel ‘Educazione e Consapevolezza al Sexting. Stop al Revenge Porn’, è stata introdotta la Teoria fattorelliana, quale metodo scientificamente perfetto per ideare e mettere in atto una Campagna di Responsabilità Sociale. Come quella, discussa in Conferenza.

Secondo la Teoria di Fattorello, gli attori del processo comunicativo sono parimenti elevati al rango di soggetti, egualmente dotati di facoltà opinanti e, di conseguenza, hanno pari dignità. Allo stesso modo non esiste alcun tiratore che colpisce un target, bensì due soggetti attivi che reagiscono ai numerosi stimoli ricevuti sulla base delle proprie facoltà di giudizio e delle proprie attitudini sociali, prodotte da determinati processi di acculturazione.

Sono intervenuti tra gli altri: On. Carolina Varchi (Segretario di Presidenza – Camera dei Deputati), Roberto Tobia (Segretario Nazionale Federfarma), On. Elisabetta Lancellotta (Commissione di Inchiesta Violenza di Genere e Femminicidi), Angela Margiotta (Presidente Nazionale ‘Farmaciste Insieme’), Sara Baresi (Direttrice Generale OIDUR – Osservatorio Internazionale Diritti Umani e Ricerca) ed Antonio Votino (Presidente CE.S.MA.L.).

In conferenza è stato presentato l’impegno portato avanti da più di 3 anni dall’Organizzazione METE nell’educazione e consapevolezza al Sexting, ed al contrasto al Revenge Porn (un reato, vero e proprio). I dati dichiarano, che oltre due milioni di persone in Italia ne sono vittime. Le denunce sono in aumento in ogni regione d’Italia.

È fondamentale per METE, precisare un equivoco sibillino: si continua a parlare di Revenge Porn, con il sottinteso pensiero che se le immagini non fossero state girate, non avrebbero nemmeno potuto essere diffuse e dunque anche la vittima risulta essere un po’ colpevole, è un atteggiamento pericoloso. L’art. 612-ter del Codice Penale parla di “diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti”, ed è così che dobbiamo definire questo reato.

Inoltre, necessita una regolamentazione differente, trattandosi di forme di violenza che attraversano facilmente i confini e vengono perpetrate attraverso le tecnologie digitali. Durante il Panel, il Professore Antonio Votino ha tracciato il rapporto tra Intelligenza Artificiale e Sexting/Revenge Porn.

Lecture of professor Francesca Romana Seganti (American University in Rome)

On March 01, 2013 Professor Francesca Romana Seganti (American University in Rome) delivered two lectures at the Faculty of Journalism, Lomonosov Moscow State University. The lectures were devoted to the theory of Italian researcher Francesco Fattorello.

– What the theory of Francesco Fattorello is about?

– Fattorello’s Social Technique of Information is a communication model written in the ’50s that has always focused on audiences as active participants, as the pivot of the process of communication. Fattorello’s theory has always been in contrast with Anglo-Saxon theories. While these focused on the quality of the media product thinking that what a few considered to be a “good” product could be embraced by a variety of recipients, the Social Technique of Information’s main principle is that each media product has to be constructed by adapting the message to the expectations and the acculturaion of each specific audience.

– Why should it be studied nowadays?

– According to Fattorello, media can only act on people’s opinions but cannot act on the way we behave which is due to our subjectivity. Instead of accepting the idea that the media industry enterprises imposed values, behaviours and patterns that served to maintain domination, Fattorello in the ’50s focused on audiences as active participants. We think that today for those with economic power, it is still convenient to have people believe in the power of publicity, public relation and propaganda. So, people can blame the media and don’t think about their own responsibility in social change. Instead, if journalists, copywriters and politicians who are not yet powerful and don’t belong to the dominant media industry, became aware of the audiences’ active role in the process of communication and used Fattorello’s technique, they can create a shift in power relations. Therefore, we believe that the Social Technique of Information is an appropriate answer to the needs of today’s democratic societies.

– Can the theory somehow be applied to studying the political processes as well, and if yes – can it be used in analyzing the process and results of the Italian elections in 2013?

– Definetly yes. Italian processes can be interpreted in the light of Fattorello’s model. Those who managed to understand and interpret the expectations and acculturation of their audiences have been succesful, while those who based their campaign on their own believes without adapting the message to the audience had worst results. It is not sufficient to do things in a certain way but it is necessary to pay attention to the audiences’ desires and expectations. The Social Technique of Information in an extremly useful model to analyze political communication.

– What are your impressions about Moscow, meeting students, faculty staff?

– Moscow is a very fascinating city and I am “glad” I did not have the chance to see many parts of it because now I have an excuse to go back there! Also, I have been impressed by the great curiosity and the intellectual vivacity of the young aspiring journalists who paid attention to my speech and especially have been open and willing to understand a theory that was new to them. So it really looks like I have to return to Moscow soon!


La Teoria Fattorelliana all’Università della Tuscia

Giorgia Butera (Sociologa della Comunicazione, Presidente Mete Onlus e Scrittrice) è stata invitata dal Professor Michele Zizza ad intervenire online in occasione di una lezione da lui stesso tenuta sulla “Tecnica Sociale” di Francesco Fattorello.

L’incontro è avvenuto con gli Studenti dell’Università degli Studi della TUSCIA – Dipartimento di DISUCOM (Scienze Umanistiche, della Comunicazione e del Turismo).

La Butera ha iniziato il suo intervento ringraziando il Professor Giuseppe Ragnetti (Direttore dell’Istituto) e successivamente ha illustrato la teoria fattorelliana.

Attraverso la presentazione di fatti realmente accaduti è stato spiegato quanto sia imprescindibile la conoscenza del soggetto recettore.

Gli attori del processo comunicativo sono “soggetti” entrambi dotati di facoltà opinanti e quindi di pari dignità. Non vi è più un tiratore scelto che colpisce l’uomo-bersaglio-target, ma vi sono due soggetti attivi che reagiscono ai numerosi stimoli ricevuti, sulla base delle proprie facoltà opinanti e delle personali attitudini sociali prodotte dalle diverse e determinanti acculturazioni.

Qui il link al sito personale di Giorgia Butera

“L’Attualità” – Così scriveva Francesco Fattorello nell’Aprile del 1975

Il giornalista, l’informatore dei fatti del giorno, dei fatti contingenti, per eccellenza, ha come oggetto delle sue attività professionali l’attualità.

Che cosa è l’attualità, che cosa sono i fatti del giorno? Scrive Guy Gauthier in un suo volume dal titolo “L’actualitè, le journal et l’èducation” (Paris; Tema editions 1975) “l’èvenèment est  un rècit de presse ». E la definizione può andar bene se si sa che cosa vuol dire “relazione giornalistica”, se si sa quali sono i vincoli dai quali è condizionata la stesura giornalistica.

Questi “rècit  de presse” suscitano in noi una certa emozione più o meno immediata. Possono esercitare anche un’emozione collettiva alla quale più o meno possono partecipare i recettori del giornale come un recettore di gruppo.

Naturalmente il “rècit de presse” non è una narrazione storica. La storia ha per oggetto i fatti trascorsi di cui conosciamo il principio, lo svolgimento e la fine. Qui ci troviamo, invece, nel bel mezzo dei fatti, ci troviamo nel mezzo degli avvenimenti ancora in via di svolgimento o appresso ai fatti di cui riteniamo di conoscere un certo svolgimento contingente.

E il rendiconto giornalistico dell’avvenimento, proprio per il suo rapporto ancor immediato col fatto, ha qualche cosa di vivo, come ha scritto Pierre Nora, qualcosa che, inserito nel contesto del giornale e per il rapporto diretto “ancora caldo” con l’avvenimento, suscita qualche effetto, emana delle “onde” che sono la sua forza sociale, quasi gli impulsi di qualche cosa ancora animata.

Ora,  mentre la storia non può incominciare se non dopo che quelle “onde” hanno cessato di farsi sentire, il giornalista proprio quelle “onde” deve percepire: in esse il senso dell’attualità.

Si aggiunga ancora che, mentre nella tradizione del giornalismo occidentale l’attualità è la realtà sociale immediata, ancora palpitante, realtà sociale contingente, non attinente a ciò che fu ma a ciò di cui l’informatore è testimone o partecipe e di cui riferisce, come altri ha detto, “al ritmo del presente”; nella tradizione del giornalismo a marxista-leninista l’attualità attiene non soltanto alla realtà sociale contingente, ma è soprattutto una valutazione di essa dal punto di vista politico e ideologico dell’editore, del giornalista e del lettore.

Non si tratta di una realtà astratta, rilevata secondo una teoria obiettivistica: perché se tale fosse non sarebbe più una realtà giornalistica.

Secondo Vladimir Hudec (di cui è apparso un saggio in “Journaliste dèmocratique”, n.2 del 1975) non si tratta di una realtà astratta. E’ il contenuto sociale con i suoi tratti politico-ideologici, il suo valore differenziato secondo interessi di classe e di partito che fa di una attualità una attualità giornalistica . L’attualità (sono sempre concetti di Hudec) non esiste da sola. Non si tratta di una presa di conoscenza, ma di una valutazione di quella attualità utilizzata nella lotta di classe per imporre le tendenze ritenute più giuste per lo sviluppo sociale.

Questa è la concezione dell’attualità in funzione giornalistica che discende dalla interpretazione politica del giornalismo marxista-leninista.

Dice ancora Hudec che, nel mondo occidentale, giornale, cinema, radio e televisione ritengono di avere come fine quello di fornire delle informazioni obiettive. Ma poiché non si possono presentare tutte le informazioni, esse sono presentate sempre secondo una scelta delle più interessanti o delle più importanti , e questa scelta è già una valutazione secondo determinati interessi e determinate ideologie.

Lo aveva già affermato uno dei maggiori maestri della propaganda politica: Lenin, quando diceva che un giornale deve avere un orientamento permanente. Un giornale senza orientamenti è una cosa assurda.

Così scriveva Francesco Fattorello nell’Aprile del 1975

Opinioni sull’Opinione

“L’uomo non può esimersi dall’esprimere opinioni su tutto ciò che lo riguarda direttamente o che, semplicemente, lo sfiora ma non conosce i mille “limiti” dell’opinione.”

Il libello “OPINIONI SULL’OPINIONE” è stato, per anni, uno dei testi che gli studenti dovevano leggere per preparare l’esame di “Scienze della Comunicazione” all’Università di Urbino.

Gli studi accademici, in Italia, non si sono occupati frequentemente dell’opinione: da una parte gli studiosi non le dedicano molta attenzione, dall’altra i cosiddetti “esperti” e quelli “neanche-esperti” ne parlano e straparlano in ogni occasione e in ogni contesto senza conoscerne minimamente la struttura e i meccanismi evolutivi. E allora sentiamo (ancora!), parlare di informazione obiettiva, condizionamento, persuasione occulta, messaggi subliminali, strapotere dei mezzi di comunicazione, di par condicio, e di altre amenità che quotidianamente ci vengono somministrate senza un minimo humus scientifico che renda il tutto appena credibile.

E’, tuttavia, quello dell’opinione un argomento affascinante che ci coinvolge tutti i momenti, tutti i giorni, tutta la vita.

L’uomo non può esimersi dall’esprimere opinioni su tutto ciò di cui viene a conoscenza, su tutto ciò che lo riguarda direttamente o che semplicemente lo sfiora, ma non conosce i mille limiti dell’opinione. Opinare è quasi un’esigenza fisiologica al pari del respirare o del parlare: e, forse, è proprio questo innato, naturale meccanismo mentale, ad affievolire l’interesse per lo studio e l’approfondimento del fenomeno. Giungiamo fino al paradosso che non esistono insegnamenti di “scienze dell’opinione” nelle scuole che preparano i tecnici dell’informazione, i giornalisti cioè, per i quali, invece, l’opinione rappresenta la materia prima, componente di base insostituibile di tutto il loro lavoro.

Questa non conoscenza, questa sciatta trascuratezza didattico-formativa consente ancora oggi a direttori di importanti quotidiani nazionali di affermare: “il nostro giornale, come sempre ha fatto, terrà separati i fatti dalle opinioni”. E, arrivando alla stazione di Roma Termini, non può non colpirci la pubblicità di un giornale della capitale che recita, ancora una volta, “I fatti e le opinioni”.

Ed ecco perché, con grande modestia e con piena consapevolezza dei limiti del nostro contributo, ci siamo lasciati convincere a mettere nero su bianco quello che andiamo raccontando, ahimé da molti anni, nei nostri corsi nei contesti più diversi.


Il libro è semplicemente una raccolta dei contenuti di tante mie lezioni: non c’è nulla di inedito e non ha pretese di originalità. I contenuti delle lezioni, a loro volta, derivano in parte da precedenti dispense che, partendo dagli insegnamenti del Prof. Fattorello, si sono via via aggiornate ed ampliate, ed in gran parte da riflessioni personali e dalle fonti più diverse. La bibliografia è modesta per il semplice fatto che tutto quello che ho detto nelle lezioni l’ho appreso da altri ma, spesso, non ricordo né mi interessa la fonte. Se ho dato la mia adesione alle opinioni da altri proposte, significa che le stesse mi hanno interessato, che le ho valutate e condivise e, quindi, fatte mie!

Ho avuto sempre pudore a scrivere qualcosa per non voler essere identificato come uno dei tanti replicanti: tutto ciò che c’era da dire è stato già detto in maniera migliore, in altre epoche, dai grandi del passato. Ho, poi, capito che tutti i miei pensieri, le mie idee, non erano mie. E allora, ho accettato gli incoraggiamenti che mi venivano da più parti: ora, voglio scrivere per restituire tutto ciò che mi era stato dato in prestito. Nel transito della vita mi è stata concessa la “servitù di passaggio”, ma la proprietà rimane ad altri.

Secondo il filosofo Pascal, “l’opinione è la regina del mondo”[1].

L’opinare è una funzione sociale. Noi abbiamo delle opinioni solo in quanto pensiamo “socialmente”.

L’opinione tende, in definitiva, a situarci in una determinata posizione nell’ambito del gruppo al quale apparteniamo (in quel momento!).

I problemi di opinione sono posti a noi belli e fatti. La nostra riflessione è libera, senza dubbio, di risolverli nella maniera a noi più confacente, ma non è essa che li ha inventati. L’opinione individuale è sempre il frutto dell’interazione sociale. Nessuna opinione è mai stata veramente autonoma: per esistere e sostenersi, seppure per un brevissimo lasso di tempo, essa ha bisogno di appoggiarsi a mille e mille preesistenti opinioni, alle quali ha di volta in volta aderito, anche senza assumerne consapevolezza. E allora, l’opinione “individuale” per sua natura non può che essere “collettiva”: senza condivisione o senza disaccordo e, in definitiva, senza “pubblicità” l’opinione non sarà mai nata e, pertanto, non potrà mai esistere. Sono gli altri che nel loro essere “altro da me” mi autorizzano e legittimano il mio “secondo me… a mio giudizio … a mio modo di vedere…”, me … mio … mio modo …, che non potrei neppure pronunciare se non fossi certo dell’esistenza del tuo … vostro … loro … .

Ricordo di aver letto in gioventù un autore spagnolo che affermava “i morti comandano”: il nostro presente e il nostro futuro non possono prescindere dal passato, dai nostri morti. Sono loro che dettano le regole del presente, sono loro il nostro irrinunciabile patrimonio genetico che ci permette di vivere anche se in termini antitetici e senza condivisione, nel tentativo, a volte disperato, di superarli, di andare oltre per essere noi stessi i morti del domani, che, continuando a tessere le maglie di una catena senza fine, potranno finalmente “comandare” le generazioni future.

E allora, ogni mio pensiero, ogni mia opinione su tutto l’opinabile non può prescindere da tutto ciò che mi ha preceduto, da tutto ciò che altri, prima di me, hanno opinato. L’opinione, pertanto, non può che ribadire la sua connotazione di impossibile autonomia, di improponibile spontaneità, di illusoria indipendenza.

Nella storia dell’umanità sono apparsi, molto raramente, personaggi forniti di intelligenza superiore e noi, nelle diverse discipline del sapere, li abbiamo considerati originali, creativi, innovativi, spiriti ispiratori. Il loro essere fuori dal comune ci ha costretti a classificarli con un termine fuori dal comune: li abbiamo chiamati geni!

In tal caso, l’idea che li ispirava non stava in rapporto con delle determinanti individuali prestabilite. Questa idea era un’intuizione, innanzi tutto, di cui neppure loro potevano vedere le conseguenze intellettuali e sociali che ne sarebbero scaturite.

L’uomo che cerca di pensare da solo, nell’inseguire una impossibile autonomia perché, comunque, le sue opinioni deriveranno, in qualche modo, da opinioni preesistenti, non cerca di riunire attorno a se un gruppo che sposerà le sue opinioni e le sosterrà. Egli è solo preoccupato di arrivare allo scopo e, perciò, incorre nell’incomprensione, nello scherno, nel ridicolo.

Per quanto mi riguarda, con grande realismo e con un pizzico di autoironia, desidero, invece, iscrivermi al partito che A. Camus auspicava quando affermava che “se mai esisterà il partito di quelli che non sono sicuri delle proprie opinioni io potrò farne parte”.

Prof. Giuseppe Ragnetti

Qui il libro Opinioni sull’opinione in formato PDF

[1] “L’opinion est la reine du monde”, B. Pascal (1623-1662), Pensées, V, 311.

Giorgia Butera, fattorelliana D.O.C.

“E’ un invito nel ritenere la rete uno strumento di formidabile connessione con il mondo. Noi siamo presenti in un preciso luogo ed un previso spazio, ma questo non impedisce il dialogo e l’azione con l’Universo, basta avere una connessione Wi-Fi ed ino Smartphone. Da decenni porto avanti la metodologia online, restando fedele alla Teoria della “Tecnica Sociale” di Francesco Fattorello. La rete è uno strumento potente, la regola è saperne fare buon uso.”

Giorgia Butera, Sociologa della Comunicazione, Scrittrice, Advocacy

Qui il sito personale di Giorgia Butera

La Tecnica Sociale Fattorelliana

Info War e geopolitica delle comunicazioni

Nell’ambito della problematica delle “informazioni” e quindi in chiave geopolitica e geostrategica della “guerra delle informazioni”, non si può non ricordare la «Teoria» di Fattorello, che è stata proseguita e propugnata dal suo allievo Giuseppe Ragnetti. Nel volume di Danilo Ceccarelli Morolli, Appunti di Geopolitica (Roma 2018), l’Autore riprende tale questione ricordando al lettore proprio l’importanza di tale «Teoria».

Capitolo II
§2.2. Info War e geopolitica delle comunicazioni
Connessi ai concetti sopra accennati vi è quello della Info War, letteralmente la “guerra delle informazioni”. Se la Cyber War ha come oggetto l’attacco delle reti informatiche e dei sistemi informatici, l’Info War ha come scopo quello di cercare di orientare la pubblica opinione. Il problema della pubblica opinione e dell’impatto sulla classe dirigente è stato da sempre avvertito da tutti i poteri. I Nazisti fecero della propaganda uno strumento teso alla manipolazione sociale di cui Joseph P. GOEBBLES (1897-1945, ministro della propaganda hitleriana dal 1933 al 1945) può considerarsi come una sorta di fautore. Ai tempi del nazismo si riteneva che la massa fosse un soggetto passivo; al contrario la “scuola” italiana della tecnica sociale dell’informazione, propugnata da Francesco FATTORELLO (1902-1985)45 – poi brillantemente proseguita da Giuseppe RAGNETTI – ha chiarito come anche la pubblica opinione (46) sia composta da soggetti opinanti, sfatando così la chimera della dominazione mentale della massa.
(46) Cfr. RAGNETTI G. (a cura di), Francesco Fattorello – Teoria della tecnica sociale dell’informazione, Urbino 2005.

Qui la versione in formato PDF dell’abstract