Ho avuto l’occasione ed il privilegio di partecipare in rappresentanza dei “Radioamatori Italiani” – all’evento del “SAT EXPO 2008”. Una grande esposizione di sistemi di telecomunicazioni satellitari, che si è tenuta a fine marzo presso i nuovi padiglioni della Fiera di Roma.
Un momento davvero importante, telecomunicazioni spaziali a parte, è stato il convegno a cui hanno partecipato moltissimi studenti interessati alle professioni aerospaziali e i vari rappresentanti sia delle università italiane, che d’importanti aziende produttrici del settore. A questo convegno ha partecipato anche il noto astronauta Roberto Vittori, il quale mi ha lasciato davvero sorpreso.
Non immaginavo che Roberto Vittori fosse anche lui un Fattorelliano…!
Vittori, a differenza degli altri relatori – che da dietro al podio degli oratori avevano rapidamente sopito la platea con i loro forbiti quanto noiosi interventi, ha chiesto un microfono mobile e scendendo in sala, ha cominciato a parlare tra le file di poltrone dell’expò.
Con un linguaggio semplice ed assertivo, si è rivolto ai ragazzi in sala e destandoli dal torpore precedente, ha parlato loro di ciò che fa raggiungere i risultati più ambiti. I traguardi più difficili della vita sia di studio, che professionali, necessitano secondo vittori di grande passione. Le passioni, tornano finalmente ad essere individuate, dopo anni in cui si parlava d’altro, come il vero motore delle ambizioni e delle aspettative di ciascuno.
I Fattorelliani ne sono a conoscenza. Con questa logica, si spiega la presenza in quell’importante evento che è stata “SAT EXPO 2008”. Nello stand dei “Radioamatori Italiani”, affiancati da complicati sistemi di telecomunicazioni satellitari, siamo stati presenti anche noi, dove abbiamo trasmesso non solo ai giovani, tutta la passione per lasciarsi catturare da questa passione, ciò per condividere l’importanza di comunicare con altri il gioco e la conoscenza. Tali competenze, avviate in un percorso naturale di crescita, ha proiettato molti appassionati della comunicazione via etere ad affermarsi anche in campo professionale .
Il Venerdì Santo a Cerveteri si svolgerà a partire dalle ore 18.30 circa col processione religiosa del Cristo Morto e della Madonna Addolorata, un percorso di circa 2 KM che accoglierà la processione con lumini alle finestre e per le strade, al rientro in chiesa delle statue nella scalinata di Piazza Aldo Moro inizierà la rievocazione storica della passione e morte di Gesù con il processo, al termine di questo Gesù caricato della croce percorrerà lo stesso percorso della processione religiosa accompagnato da 100 figuranti rigorosamente in costume d’epoca.
Il corteo aperto dai cavalli con la biga vede tra i tanti personaggi le guardie ebraiche i soldati romani a piedi ed a cavallo il popolo.
Il Cristo nel percorso incontrerà tutti i personaggi della Via Crucis, Maria sua madre e le Pie Donne, la Veronica che asciugherà il suo volto il Cireneo che aiuterà Gesù a supportare il peso della Croce dopo le sue cadute, il corteo si concluderà in piazza per dare il via al momento più suggestivo quello della Crocifissione, che tiene immobilizzati i migliaia di spettatori che ogni anno accorrono e gli stessi figuranti.
Tra effetti speciali e parole toccanti si conclude il Venerdì Santo a Cerveteri che da sempre non vuole essere solo uno spettacolo folcloristico ma soprattutto un momento di riflessione sul grande mistero della Pasqua di Riseurrezione.
Nella NEWSLETTER di Iamcr–vol 17/1 – april 2007 e sul sito www.iamcrparis2007.org è pubblicata la foto (sopra) di quattro dei fondatori della nostra associazione nel 1957.
Tra questi il primo a sinistra è Francesco Fattorello, il massimo studioso italiano dei problemi dell’Informazione e della Comunicazione autore della originale impostazione teorica denominata “La Tecnica Sociale dell’Informazione” la cui formula ideografica appare chiaramente scritta sulla lavagna alle spalle dei quattro fondatori: è questa una foto di grande rilevanza storico-culturale, perché per la prima volta quella formula veniva scritta sulla lavagna di una prestigiosa istituzione internazionale,fornendo significativi stimoli alla fondazione in sede UNESCO della nostra Associazione.
Fattorello partecipò molto concretamente alla nascita e allo sviluppo di Iamcr di cui fu apprezzato Vicepresidente ininterrottamente dal 1964 al 1981, nonché Presidente della Commissione per lo studio dei problemi relativi alla formazione professionale dei giornalisti . Nel 1981 lascia la vicepresidenza per motivi di salute e riceve l’ultimo riconoscimento internazionale con la nomina di Membro Onorario a vita di Iamcr.
I proficui scambi internazionali portarono Fattorello a presentare la sua Teoria in numerose Università in Europa e nell’America Latina. Dopo averla esposta l’anno precedente all’Università di Strasburgo al Centre International d’Ensegnement Superieur du journalisme, nel 1959 pubblica finalmente il volume “Introduzione alla Tecnica Sociale dell’Informazione”.
Dopo numerose riedizioni la Tecnica sociale fu tradotta in francese e spagnolo e adottata nel 1969 come testo ufficiale anche dall’Università di Caracas. L’ultima edizione a stampa è del 1970, divenuta ormai introvabile.
A vent’anni dalla scomparsa di Francesco Fattorello ho sentito il dovere di pubblicare di nuovo la TEORIA DELLA TECNICA SOCIALE DELL’INFORMAZIONE ideata e insegnata per la prima volta a Roma sin dall’anno accademico 1947/48, presso la prima Scuola italiana del settore, all’Università “La Sapienza” di Roma.
Come direttore dell’Istituto che porta il nome dell’insigne studioso italiano, ho avuto la responsabilità di diffondere i suoi insegnamenti attraverso i corsi di formazione nei contesti più diversi e in quelli istituzionali attivati ormai da 60 anni ed ora, attraverso questa nuova edizione della Tecnica sociale.
L’obiettivo che intendiamo raggiungere è quello di mettere a disposizione degli studenti di Scienze della Comunicazione e degli operatori interessati l’approccio teorico fattorelliano che rappresenta una visione di una incredibile modernità e ci sembra poter fornire una risposta adeguata alle crescenti esigenze di informazione e comunicazione che connotano le Società democratiche di oggi.
L’impostazione teorica proposta da Francesco Fattorello , largamente anticipatrice , in tutto il contesto internazionale ha ormai acquisito sempre più valenza di fondamentale utilità pratica e metodologica.
In altri termini possiamo tranquillamente affermare che oggi l’approccio mondiale alla comunicazione scaturisce dall’impostazione teorica fattorelliana. Tutto ciò è motivo di grande soddisfazione per Iamcr che ha potuto annoverare Francesco Fattorello tra i suoi più convinti ideatori e sostenitori.
L’Istituto Francesco Fattorello ha in programma l’edizione in lingua inglese della Tecnica Sociale.
UNIVERSITA’ DEGLI STUDI “CARLO BO” URBINO – Laurea Specialistica in Editoria, media e giornalismo – Anno accademico 2006-2007 – Corso di Tecniche di relazione – Professore Giuseppe Ragnetti
“L’obiettività come negazione dell’informazione”
a cura di Laura Volpe
Durante gli studi di giornalismo ci siamo trovati, spesso e volentieri, di fronte a professori che ci hanno insegnato che alla base di questo mestiere ci debba essere l’obiettività.
Negli anni continuano ad inculcarci questa condizione come essenziale per chi vuole intraprendere il mestiere del giornalista.
E invece poi si scopre che l’obiettività non esiste perché noi, in quanto soggetti opinanti, NON possiamo che essere soggettivi e porre qualcosa di nostro in qualsiasi processo di informazione.
La tecnica sociale dell’informazione di Fattorello ci insegna proprio questo: l’obbiettività è la negazione dell’informazione.
Il fenomeno dell’informazione è il processo che salda un rapporto fra chi informa(soggetto promotore) ed il suo recettore( soggetto recettore).
Per questo, il rapporto di informazione, avviene attraverso un soggetto promotore(SP) che trasmette al soggetto recettore(SR), sulla base di un argomento esterno (X)) e attraverso un mezzo o strumento (M), la forma che EGLI dà all’oggetto di informazione.
X)
M
SP SR
O
Informare vuol dire proprio “dare forma” a qualcosa e poi, come nel caso del nostro schema, comunicarlo ad un altro soggetto. Ma la cosa importante da capire è che i soggetti sono dentro al fenomeno dell’informazione e, in base alla loro caratteristica di essere soggetti intelligenti dotati di una propria opinione, non può esistere l’obiettività.
Ecco perché l’obiettività è la negazione dell’informazione, anche se vogliono insegnarci il contrario, l’informazione è assolutamente soggettiva.
Ritornando al nostro schema, c’è da approfondire le varie funzioni nel processo di informazione.
La X) rappresenta la MATERIA oggetto dell’ informazione, è IL fatto,la parentesi sta ad indicare che questa materia è esterna al processo.
SP e SR sono soggetti opinanti. Il soggetto promotore trasmette la forma che egli ha dato di un fatto o di una cosa e il soggetto recettore non si limita a ricevere detta forma, ma la interpreta a sua volta. Perciò ENTRAMBI danno forma a ciò che è oggetto dell’informazione (X)).
Questo sta a farci capire come il soggetto promotore e quello recettore siano sempre gli stessi diversificati nella loro funzione.
Per quanto riguarda il mezzo o lo strumento (M) attraverso il quale i soggetti instaurano questo rapporto di informazione, la scelta dello stesso ha una funzione essenziale nel rapporto in quanto deve essere percepibile sia dal promotore che dal recettore.
Il termine O è l’opinione. È ciò che si identifica come la forma, la manifestazione dell’opinione data dal promotore che mira ad ottenere l’adesione del recettore. La O sta a rappresentare l’abito che, il promotore prima e il recettore poi, mettono al fatto, alla materia, ovvero alla X).
Tutto questo sta a significare che la conoscenza di un determinato fatto avviene tramite la mediazione del tecnico dell’informazione, che si colloca fra l’ oggettività del fatto e il suo soggetto recettore attraverso una doppia valenza di soggettività: la propria e quella del recettore che, a sua volta, essendo un soggetto opinante, interpreta l’interpretazione che gli è stata data.
Da ciò risulta il fatto che non si trasmette mai la realtà vera e propria ma sempre la sua forma, l’”abitino” della X). Molto importante è il fatto che detto “abitino” debba essere “cucito” sull’acculturazione( intesa come habitat naturale e visione del mondo del soggetto, ciò che lo ha “socializzato”) del soggetto recettore. A questo punto è palese che in tale rapporto non si possa parlare di obiettività.
L’uomo non è una macchina e non riferisce il fatto da “esterno”, bensì riferisce la forma che egli stesso da al fatto, la sua opinione che non può mai essere oggettiva. Quindi, il bravo giornalista è colui che dà l’abito più adatto ai fatti di fronte al suo recettore, è colui che trasmette la realtà nel modo più vicino possibile a ciò che è il mondo sociale del lettore.
È da tutto questo discorso che scaturiscono i principi base dell’informazione pubblicistica: Coloritura, Interpretazione, Semplicità.
Il primo suscita l’attenzione del lettore sul fatto, l’interpretazione supplisce al fatto di non essere stati fisicamente presenti all’accaduto e la semplicità che non impone un lavoro intellettuale troppo impegnativo per un recettore che è sempre più distratto da mille stimoli. Alla base di quanto si è detto si capisce che la realtà NON può essere comunicata e che può essere trasmessa solo la sua FORMA ovvero FORMULAD’OPINIONE che il soggetto promotore propone, tenendo conto della acculturazione del soggetto recettore, per ottenerne l’ADESIONE.
Il 2 settembre 1992 su Repubblica intervista a Giorgio Gori Direttore di Canale5.
La TV volgare? E’ lo specchio degli Italiani.
“Nostro compito è dare al pubblico ciò che vuole perché vendiamo telespettatori agli inserzionisti pubblicitari. La tv è un eccezionale specchio sociologico: andiamo in giro per le case degli italiani e scopriremo che la televisione non è altro che un’immagine fedele del paese” E più avanti “….per avere questa grande platea di telespettatori, noi dobbiamo capire che cosa piace alla gente, perché il pubblico sceglie e in qualunque momento può usare il telecomando”.
Quanto appena affermato, è molto interessante perché consente agli studiosi ed appassionati del settore di innescare varie riflessioni; pensiamo ad esempio alla polemiche che sovente vengono fatte a determinati programmi radio-televisivi. La domanda, a questo proposito, che ci piace porre e che, solitamente, è argomento di dibattito in aula è la seguente: “Tv spazzatura o pubblico spazzatura?”.
Da ciò si evince che molte delle c.d. problematiche inerenti la “qualità” dei programmi radio-televisivi risultano relativamente importanti poiché, in virtù di quanto affermato ormai da diversi decenni nella nostra piccola Scuola, l’industria dei mezzi di
Prof. Giuseppe Ragnetti
comunicazione non fa altro che “mettere in forma” un prodotto che è pari ai gusti del pubblico al quale è indirizzato.
Non può permettersi di creare programmi che non derivino da uno studio dei recettori perché tale industria ha ovvie finalità imprenditoriali e gli investimenti effettuati devono fornire un consistente ritorno economico. Proprio come il marketing, l’industria dei mezzi di comunicazione ha l’obbligo di studiare il suo mercato-recettore e fornire un prodotto adeguato, semplicemente perché le regole del mercato sono queste: “compro se il prodotto è di mio gradimento” (ovvero, guardo o ascolto un programma se mi piace) altrimenti “cambio canale”.
L’industria dei mezzi di comunicazione, proprio perché azienda, non crea prodotti che non abbiano riscontri sul pubblico ed allora: “Tv spazzatura o pubblico spazzatura?”. Ignoranza, superficialità o malafede impediscono a molti di dare una risposta univoca a quella che è soltanto una domanda retorica.
Sono felici alla vita i bambini, il cui sguardo si perde nell’imperfetto presente. Hanno un unico gesto, crudele, avverso al tramite. Sguardi improbabili al futuro, trafitta realtà, posta come mucche immobili su prati, sotto la pioggia. Mani di terra sporche, iridescenti primavere dissolte d’un fiato. Piccolo, tenero fiore, tu muoviti nell’imperfetto sottraendoti ad ogni credo. Ama la diversità umana. Il dubbio,la sua domanda, la vita, non solo come valore. Amala e basta. Gli uomini muoiono per non amare più.
Marina Petrillo
Il confine
C’è voglia di sperare nella tua gioventù valori in cui credere, per cui lottare, dimenticando paure concrete e reali continuando a crescere accumulando ricordi ed esperienze mischiando il “sono” col “vorrei essere” e ritrovarsi un giorno seduti sull’orgoglio. E’ il giorno del confine quel punto indefinito dove qualcosa nasce e qualcosa muore, il giorno in cui l’incoscienza svanisce e limpida, imponente, si erge la maturità. Non c’è limite, non c’è regola, non c’è tempo, non c’è motivo, il confine è labile, flessibile, è uno stato di fatto improvviso come un lampo, puoi arrivarci a vent’anni, da ragazzino, da vecchio, ma prima o poi lo trovi. Io ancora non l’ho trovato, certamente non me ne faccio cruccio, covo in me stesso l’utopico sogno di non trovarlo, e morire “bambino”.
Remo Diana
Punto di rottura
Brutto scoprirsi debole peggio di quando si pensava di non esserlo ci vuole poco, molto poco per demolire le barriere del tuo orgoglio. Il cuore non lo puoi costruire ti si può sgretolare con un semplice sguardo o per una parola che lo risvegli dal coma. Lo sto provando ed è strano dolce e terribile in una strana fusione attrazione, repulsione non c’è distinzione contraddico le certezze e le mischio con pensieri confusi. Forse vuol dire essere vivi forse finchè questo succede avrò una speranza la speranza di non perdere mai quel dolce sentimento chiamato amore.
Non era un corso come tutti gli altri quello a cui avevo deciso di partecipare quel 14 dicembre del 2004. Effettivamente era proprio diverso rispetto a quelli che siamo normalmente abituati a frequentare noi commercialisti, anzi mi correggo, “dottori commercialisti” come raccomanda vivamente di definirci il nostro Ordine. Parlavo di un corso diverso, mi spiego meglio.
Normalmente i corsi che riguardano un dottore commercialista hanno sempre a che fare con Testi Unici delle Imposte dirette, DPR sulle imposte indirette, decreti legislativi, circolari, principi contabili, argomenti dalle sigle ai più insignificanti come IVA, IRAP, IRE, IRES, ecc.
Secondo l’impostazione di origine anglosassone, il cliente può essere influenzato con un’opportuna scelta delle variabili comunicazione, prezzo, prodotto e punto vendita
L’argomento che si sarebbe tenuto quel giorno, LA COMUNICAZIONE DEL PROFESSIONISTA, proprio per la sua diversità, aveva attirato la mia attenzione e così, decisi di parteciparvi. Sentendo la parola comunicazione il mio pensiero è tornato indietro, a cercare tra i ricordi universitari una traccia dell’esame di marketing, che avevo superato brillantemente vent’anni prima. Affioravano nella mia mente vaghi e sbiaditi ricordi sulla comunicazione.
Rammentavo che la comunicazione era una delle quattro variabili (insieme a prezzo, prodotto e punto vendita/distribuzione) della strategia di vendita o di marketing mix. Secondo questa impostazione di origine anglosassone, il consumatore (o più genericamente un cliente finale) può essere influenzato con un’opportuna scelta di queste variabili, ed in particolar modo attraverso un’importante campagna pubblicitaria/di comunicazione, a compiere azioni che altrimenti non avrebbe mai compiuto.
L’informazione di per se stessa è come una materia grezza, come la creta in mano al suo scultore, non avrebbe alcun valore se in qualche modo non venisse “manipolata”
In altre parole, una volta identificato, attraverso delle opportune ricerche di mercato, il bersaglio (o target), che è fisso e ben definito, l’importante è miscelare bene le variabili ed il gioco è fatto. Ma è davvero così semplicistico convincere un cliente? Il cliente è realmente un bersaglio fisso? Comunicazione e pubblicità sono allora la stessa cosa? Se è così ne deve allora conseguire che chi fa più pubblicità vende automaticamente di più il proprio prodotto o servizio?
L’informazione non può mai essere obiettiva ed è sempre espressione di soggettività
Come professionista mi sono fatto molte volte queste domande, ponendomi non pochi dubbi a riguardo, senza darmi mai delle spiegazioni esaurienti. Forse a partire da quel giorno avrei potuto dare delle risposte più convincenti ai miei tanti interrogativi. Comincia così la mia “avventura” con il Fattorello. Premessa l’importanza, in taluni casi, delle altre tre variabili indicate (prezzo, prodotto e punto vendita/distribuzione), nel caso di un professionista un ruolo fondamentale, per poter “vendere” meglio i propri servizi, è quello occupato dalla comunicazione.
Non si può parlare di comunicazione se non ci si sofferma inizialmente sulla “materia prima” informazione e su come trasformarla. L’informazione di per se stessa è come una materia grezza, come la creta in mano al suo scultore, di per sé non avrebbe alcun valore se in qualche modo non venisse “manipolata”. Il fatto che l’informazione sia sempre in qualche modo manipolata mi permette di sfatare subito un mito: l’obiettività dell’informazione.
Un professionista sarà tanto più convincente con il suo cliente quanto più riuscirà ad entrare nel suo cervello, quanto più sarà in grado di interpretare i suoi gusti, le sue tendenze, le sue preferenze
Quante volte in tv o alla radio o leggendo un giornale ci siamo sentiti dire che l’informazione che da loro viene data è obiettiva. Oppure, ancora peggio, che la loro informazione è assolutamente obiettiva mentre quella del concorrente no. Nulla di più falso!!! L’informazione non può mai essere obiettiva ed è sempre espressione di soggettività. Fatta questa fondamentale premessa si può parlare di comunicazione.
La disciplina della comunicazione è molto complessa in quanto, come vedremo successivamente, entrano in gioco mille componenti e proprio quando si pensa di aver capito tutto emergono altre variabili non considerate. Come deve essere allora attivato il processo di comunicazione? Esiste una formula “magica” per descrivere questo processo di comunicazione? Il prof. Fattorello, studiando la comunicazione come tecnica sociale, ha elaborato una formula dentro la quale l’intero concetto di comunicazione è racchiuso.
Comunicare significa mettere in comune. Non è solo di tipo logico-semantico ma anche e soprattutto di tipo affettivo-emotivo
Abbiamo un soggetto promotore (SP), un mezzo (M), una formula d’opinione (O), attraverso la quale descrivo un fatto, ed un soggetto recettore (SR) che impropriamente nella scuola anglosassone viene definito target o bersaglio fisso. Supponiamo che in questo istante nel mondo si verifichi un determinato fatto, colui o coloro che decidono di parlarne comunicheranno quel qualcosa a modo loro. La realtà non entrerà mai tale e quale nel rapporto di comunicazione. Il soggetto promotore vede la realtà con tutta la sua soggettività e mette addosso a quel fatto la sua interpretazione, il suo abitino.
Da questo si deduce che la tanto decantata obiettività è un clamoroso “bluff”. In qualunque ambito ci troviamo dobbiamo allora concentrarci sulla O ossia sull’interpretazione che il soggetto promotore dà alla realtà. Tale interpretazione sarà tanto più convincente quanto più riuscirà a raggiungere il maggior numero di soggetti recettori. Emerge allora una eclatante verità: il soggetto recettore è un elemento fondamentale nel processo di comunicazione e non un soggetto passivo come forse fino ad oggi qualcuno credeva o voleva farci credere.
L’impatto della comunicazione non verbale è nettamente superiore a quella di tipo verbale. Il 90% della comunicazione interpersonale è rappresentata da messaggi non verbali emessi in maniera inconsapevole
Analogamente un professionista sarà tanto più convincente con il suo cliente quanto più riuscirà ad entrare nel suo cervello, quanto più sarà in grado di interpretare i suoi gusti, le sue tendenze, le sue preferenze. Un aspetto che il soggetto promotore dovrà sempre tenere presente è che i soggetti recettori sono capricciosi quindi potrebbero cambiare idee, esigenze ecc.
Un buon commercialista, ad esempio, non sarà soltanto colui che fornisce un buon servizio o che sa a memoria tutto il testo delle imposte dirette, ma colui che cercherà di entrare il più possibile nel pensiero del suo soggetto recettore che, nel caso specifico, è il cliente.
Possiamo allora definire due concetti fondamentali: 1) la realtà non può essere comunicata ma solo essere messa in forma”, cioè informata; 2) per ottenere l’adesione del soggetto recettore bisogna guardare la realtà il più vicino possibile a come la vedrebbe lui. Quanto più il soggetto promotore/professionista (SP) ed il soggetto recettore/cliente (SR) riusciranno a condividere il modo di vedere la realtà tanto più sarà efficace il processo di comunicazione.
Ne consegue che non esiste un modo di condizionare gli altri per portarli verso noi stessi, esiste però l’imperativo categorico di studiare a fondo e capire il nostro soggetto recettore/cliente. Quanto più capiremo il nostro soggetto recettore, tanto più sarà efficace il processo di comunicazione. Comunicare significa mettere in comune. La comunicazione non è solo di tipo logico-semantico (verbale) ma anche e soprattutto di tipo affettivo-emotivo (non verbale).
Laddove comunicazione verbale e non verbale (tono della voce, gestualità, movimenti ecc.) coincidono tanto più efficace è il messaggio che vogliamo comunicare
L’impatto della comunicazione non verbale è nettamente superiore a quella di tipo verbale. Il 90% della comunicazione interpersonale è rappresentata da messaggi non verbali emessi in maniera inconsapevole. Per un professionista imparare a comprendere e gestire tali messaggi è fondamentale per comunicare bene. Laddove comunicazione verbale e non verbale (tono della voce, gestualità, movimenti ecc.) coincidono tanto più efficace è il messaggio che vogliamo comunicare.
Il professionista (soggetto promotore) ed il cliente (soggetto recettore) all’interno del processo di comunicazione non occupano sempre la stessa posizione ma alternativamente diventano soggetto recettore e soggetto promotore, dando vita ad un continuo processo di comunicazione. Una volta avviato il processo di comunicazione segue un processo fondamentale che è il controllo. Con il processo di controllo si arriva a misurare (in situazioni importanti si ricorre a studi come la doxometria) la l’adesione, ossia il consenso che viene dato dal soggetto recettore.
E nel caso di scarso consenso il soggetto promotore dovrà cercare di apportare gli opportuni cambiamenti alla formula di opinione proposta, per avvicinarsi il più possibile al soggetto recettore. Un professionista che vuole comunicare bene con il suo cliente deve innanzitutto capire chi è il suo interlocutore e qual è il modo migliore per entrare in comunicazione con lui. Non deve, inoltre, mai perdere di vista quelli che possono essere i cambiamenti che intervengono nei suoi gusti, nelle su
e esigenze, nelle sue aspettative.
Da quanto finora esposto si deduce che comunicare sia un’arte, difficile e semplice nello stesso tempo. Saper comunicare bene è, quindi, una sfida importante che coinvolge indistintamente tutte le categorie ma, in particolar modo, quella dei professionisti che necessitano di ottenere una comunicazione quanto più efficace.
Purtroppo ancora oggi molti professionisti cercano di “colpire” i clienti con paroloni inutili, linguaggio tecnico ed una terminologia che, alla maggior parte delle persone, appare a dir poco incomprensibile. Parafrasando una famosa pubblicità di tanti anni fa verrebbe da dire “meditate professionisti, meditate……”