Spettacolarizzazione e personalizzazione della Comunicazione politica: riflessioni

Lidia Avella

SPETTACOLARIZZAZIONE E PERSONALIZZAZIONE DELLA COMUNICAZIONE POLITICA: RIFLESSIONI

Introduzione

La politica oggi ha ormai completamente cambiato la sua natura. Da luogo del dialogo, del confronto tra idee, dell’esposizione argomentata si è trasformata in spazio del consumo.

La comunicazione di massa ha imposto agli attori politici e al pubblico dei cittadini lo scenario dello spettacolo. Il ruolo della leadership è stato amplificato e la maggior parte delle élite politiche è selezionata con criteri che non hanno più nulla a che fare con le logiche politiche.

Tutto è iniziato nel XX secolo, quando si è avviato il processo di mediatizzazione della società e quindi parallelamente della politica.

Il ruolo primario di agenzia di socializzazione viene svolto dai media e non più dalle tradizionali agenzie come la famiglia, la scuola, la chiesa e il partito.

La politica dunque muta, diventando anche pettegolezzo, scandalo, spettacolo. Si arriva al punto in cui i media quotidianamente si comportano da intermediari fra il personaggio politico e il cittadino, interpretando ciò che l’opinione pubblica vuole sapere allo scopo di poter valutare l’idoneità di una persona a ricoprire cariche pubbliche.

La comunicazione politica allora non è più riferita solo al rapporto tra istituzioni, partiti, movimenti e cittadini, ma crea e veicola anche idee, conoscenze, gusti e stili di vita.

I media col passare del tempo, quindi, hanno prodotto una profonda modifica dei caratteri tradizionali della politica e dei partiti. I nuovi luoghi della deliberazione e della rappresentanza sono oggi esclusivamente gli stessi media. È ormai solo nel contesto mediale che le istituzioni, le forze politiche, i leader e i candidati comunicano tra di loro e con i cittadini-spettatori. I media rappresentano oggi la ribalta della scena politica.

In questo scenario i tre attori dello spazio pubblico, sistema dei media, sistema politico e cittadino elettore, sono così in una relazione asimmetrica e piramidale con al vertice proprio il sistema mediale.

Con la mia tesi mi propongo di analizzare in modo più profondo tutti questi cambiamenti che nella politica e nella sua comunicazione si sono avuti negli ultimi anni. In particolare ho osservato il peso dei media in questo percorso, cioè come il sistema mediale abbia accompagnato la trasformazione della politica fino allo stato attuale. Ho cercato di fare una sorta di punto della situazione, provando quindi a capire come la comunicazione politica sia cambiata e come si presenta oggi, ma soprattutto se questo cambiamento così decisivo abbia fatto bene o meno alla politica.

L’idea dell’argomento da affrontare è arrivata con la lettura del testo di Mazzoleni e Sfardini “La politica pop”. I due autori in questo libro approfondiscono la questione del mutamento della comunicazione politica in Italia e spiegano come questo sia un fenomeno nato in realtà ben oltre i nostri confini. Fanno chiarezza sulle nuove tipologie di programmi che appartengono ai neonati generi dell’infotainment e del politainment e le caratteristiche di ognuno.

Prendendo spunto da alcuni argomenti del libro, ho voluto approfondirne altri con la ricerca e lo studio di ulteriori testi e affidandomi al web. La mia guida scientifica e teorica è stato il testo di Mazzoleni “La comunicazione politica”, mentre confesso di aver riso e di essermi a volte stupita leggendo “Il teatrone della politica” di Ceccarelli.

La lettura dei primi libri mi ha permesso di capire cosa approfondire e quanto sarebbe stato utile inserire nella mia tesi esempi concreti.

Così il mio lavoro ha preso forma, ho analizzato le domande a cui volevo dare una risposta e ho fissato i miei obbiettivi.
Ho cominciato con l’affrontare i concetti di base nel primo capitolo, in cui spiego il fenomeno della mediatizzazione, ovvero i cambiamenti che l’avvento e l’affermazione dei media hanno portato nella comunicazione, e in quella politica in modo particolare. Ho citato autori come Altheide e Snow, che ben spiegano come sia stata per lo più la logica politica ad adeguarsi a quella dei media, e non viceversa.

Ho approfondito con maggiore attenzione il ruolo della televisione in questo processo di cambiamento della comunicazione politica, poiché tra i vari vecchi e nuovi media è il mezzo di comunicazione principale nel nostro Paese, il punto di riferimento informativo per i cittadini italiani. La televisione ha cambiato molto il mondo politico, tanto che ormai la politica dell’era televisiva è molto diversa rispetto a quella del passato.

Ho analizzato poi i principali effetti della mediatizzazione, distinti in effetti mediatici, che riguardano gli aspetti mediali della comunicazione politica (effetto di tematizzazione, effetto di spettacolarizzazione ed effetto di frammentazione del discorso politico) ed effetti politici, che riguardano più propriamente il sistema politico (effetto di personalizzazione, effetto di leaderizzazione, effetto di selezione delle élite politiche).

In questa descrizione ho rivolto la mia attenzione specialmente alla spettacolarizzazione e personalizzazione del discorso politico, che rappresentano il fulcro della mia tesi, essendo gli effetti che attirano oggi maggiormente l’attenzione degli addetti ai lavori e non solo.

La spettacolarizzazione della politica è fonte continua di critiche e sdegno da parte dei cittadini, così come la sua personalizzazione ha portato effetti rilevanti nel modo di comunicare la politica stessa.

Ho proposto infine una descrizione del principale esempio di questo cambiamento della politica italiana, da molti considerato l’artefice dei mutamenti avvenuti nel nostro scenario politico: Silvio Berlusconi.

Ho voluto sottolineare come il Cavaliere sia il culmine dei cambiamenti analizzati, come la sua comunicazione abbia saputo, per l’Italia, precorrere i tempi, come essendo un buon conoscitore del mondo dello spettacolo sia stato il primo ad adattare alle sue logiche anche il discorso politico, riuscendo evidentemente nell’intento e accaparrandosi il favore di molti elettori. Ho raccontato dunque alcune delle principali trovate da lui messe in atto e alcuni aspetti del suo marketing politico.

Nel secondo capitolo ho cercato di mettere ordine tra i concetti che si usano parlando di questa svolta popolare della politica, appunto spettacolarizzata e personalizzata. Ho introdotto così i termini infotainment, politainment e soft news, elencando le varianti di questi nuovi generi di informazione-intrattenimento e proponendo alcuni esempi di programmi del palinsesto italiano che appartengono all’uno o all’altro genere.

Ho poi descritto e analizzato il programma che è a mio parere il miglior esempio di come si affronti oggi la politica in TV, ovvero Porta a Porta di Bruno Vespa. Dopo aver descritto il programma, spiegato i suoi punti forti e le critiche rivolte alla trasmissione e al suo conduttore, ho raccontato alcuni rilevanti episodi andati in onda che mescolano bene politica e spettacolo.

Infine il terzo ed ultimo capitolo è dedicato ad un argomento che molto mi ha appassionata.

Quello che ho cercato di capire è se tutti questi cambiamenti avvenuti nella comunicazione politica abbiano modificato la partecipazione dei cittadini alle questioni di interesse pubblico.

Ho aperto il capitolo parlando di quanto sia solo un’utopia oggi l’ideale del cittadino ben informato, che conosce in modo profondo la politica e vi partecipa attivamente. Ho spiegato come il modo di informarsi sia cambiato e come l’informazione non possa più prescindere dai media.

Ho poi descritto le due opposte posizioni degli studiosi rispetto alla questione. Ovvero quella degli ottimisti, sostenitori della teoria del circolo virtuoso, che considerano i media, pur con alcuni limiti, capaci di informare i cittadini, e non solo. Infatti i media eserciterebbero anche un effetto di mobilitazione poiché stimolano l’interesse e la curiosità dei cittadini nei confronti della politica.

La tesi opposta è quella del video malaise, sostenuta invece dai pessimisti. Questa ritiene che i mass media non aiutino la conoscenza, anzi al contrario sono addirittura strumenti di cattiva informazione. In particolare le accuse sono rivolte alla televisione, che ha reso il cittadino spettatore passivo della politica.

Secondo questa tesi la politica “pop” non fa altro che aumentare la sfiducia e lo sdegno del cittadino verso il mondo politico, visto sempre più come un teatro fatto di personaggi, di litigi e risse, di apparenza e di poca sostanza.

Ho poi analizzato un punto di vista intermedio, ovvero quello della teoria del cittadino vigile.

Si parla cioè di un cittadino che seppur distratto dalle proprio cose, non appassionato alla politica e spesso non ben informato, è attento e vigile, appunto, sulle questioni che lo toccano da vicino ed è capace di attivarsi su quelle questioni che per lui contano. Insomma nonostante il cittadino si dedichi in gran parte alla visione di programmi politici leggeri e scanzonati, secondo questo orientamento, può ancora essere pienamente “cittadino”.

Ho proposto infine un ultimo spunto di riflessione sulle qualità civiche che secondo alcuni avrebbe la comunicazione politica così cambiata. Grazie all’infotainment, al politainment e alle soft news, la politica oggi è addirittura più vicina ai cittadini, poiché non appartiene più ad un mondo lontano e separato, ma entra sempre con più facilità nella loro vita quotidiana.

Così anche i programmi di puro intrattenimento come i reality show possono svolgere una funzione pubblica, rappresentando e insegnando aspetti della cittadinanza contemporanea a vasti ed eterogenei pubblici. E le soft news, dal canto loro, riescono a far arrivare le informazioni su problemi politici importanti anche a pubblici poco inclini a seguire i TG o i programmi di approfondimento.

Arrivo quindi alle mie conclusioni, in cui tiro le somme del mio lavoro e esprimo le mie considerazioni e riflessioni, guardando soprattutto alla Teoria della Tecnica sociale dell’informazione di Francesco Fattorello.

Conclusione

Appare evidente dal mio lavoro che la politica e la sua comunicazione abbiano subito rilevanti cambiamenti e questo, come detto, è un fenomeno che caratterizza in maniera piuttosto omogenea tutto il mondo occidentale.

Dopo i discorsi affrontati nei precedenti capitoli, voglio dare spazio ad un’ultima importante riflessione, partendo dal contesto italiano, ma che vale in generale per i temi trattati.

Da quando in Italia nel 1994 Berlusconi è entrato nel mondo politico il mutamento ha avuto inizio. È cambiato innanzitutto il concetto di elettore, che pian piano è stato uniformato a quello di consumatore, con importanti conseguenze.

Berlusconi per primo ha infatti impostato il suo movimento politico su una serie di valori e contenuti che ha presentato agli elettori come merce da acquistare. Agendo come un’azienda, il neonato movimento propone il proprio prodotto esaltandone i vantaggi, rispetto alla concorrenza, per gli elettori e per il sistema generale.

La strategia di Berlusconi è stata chiara fin dall’inizio. Ha organizzato il suo partito utilizzando principalmente le strutture aziendali dedicate alla vendita di spazi pubblicitari che già usava per le sue reti televisive e affidandosi a politiche di marketing mirate, che provenivano chiaramente dal mondo aziendale.

Questa strategia del Cavaliere ha iniziato il cambiamento della politica italiana di cui abbiamo discusso, visto che dal momento del suo arrivo sulla scena politica e dalla sua successiva vittoria elettorale, tutte le altre parti politiche hanno dovuto fare i conti con un tipo di strategia totalmente diversa rispetto al passato. E soprattutto vi si sono dovute adattare.

Quindi anche la controparte ha cominciato a confrontarsi in modo diverso con gli elettori e quindi a considerarli come potenziali clienti, come consumatori. Si è giunti così al punto estremo: la politica è diventata una merce da vendere e i partiti-aziende riempiono di vantaggi il proprio prodotto tentando di convincere i consumatori-elettori ad acquistarlo.

Partiamo da queste considerazioni e analizziamo il fenomeno tenendo presente la Teoria della tecnica sociale dell’informazione di Francesco Fattorello per capire soprattutto quali siano gli effetti sulla politica.

La teoria parte dal presupposto che ci siano due tipi informazione, quella contingente e quella non contingente. Ognuna delle quali ha propri mezzi per essere comunicata, diversi tra loro e adatti a differenti scopi.

L’informazione contingente è quella legata al presente e all’attualità. È l’informazione che soddisfa l’urgenza, la tempestività, è pensata per l’oggi, e si esaurisce nella quotidianità. Si avvale di stereotipi per ottenere una rapida e tempestiva adesione di opinione, ovvero condivisione del messaggio che si vuole trasmettere.

L’informazione contingente è tipicamente l’informazione giornalistica, quindi sia scritta che radio-televisiva. Ma anche più in generale si fa riferimento all’informazione pubblicistica, compresa quindi la pubblicità.

L’informazione non contingente al contrario non ha esigenze di tempestività e di urgenza.

Si preoccupa di rispettare i valori che sono volti a formare attitudini profonde. È un’informazione praticata per il domani e soprattutto da vita ad opinioni cristallizzate e largamente condivise, al contrario dell’informazione contingente che da vita ad opinioni anch’esse contingenti.

L’informazione non contingente è quella che richiede tempo, come il processo del maestro che insegna ai suoi allievi opinioni accettate attraverso un processo storico da un gruppo, da una società, di cui sono diventate patrimonio nazionale.

La politica così come nasce appartiene sicuramente all’informazione non contingente, poiché è un processo lungo, trasmette valori profondi e socializza la comunità.

Oggi però si tende a trattare la politica come qualcosa di contingente, e soprattutto si usano i mezzi dell’informazione contingente per la comunicazione politica, cadendo ovviamente in errore. Si cerca cioè di trasmettere valori, nello specifico valori politici, nei modi e con i mezzi con cui invece si trasmettono le opinioni contingenti. Così si tende a trasformare la politica semplicemente in un prodotto, da utilizzare e da cercare solo quando serve.

In sintesi, quindi, oggi la comunicazione politica è cambiata, parla esattamente la lingua della pubblicità ed usa i suoi stessi mezzi. Di conseguenza è cambiata anche la politica, che è stata trasformata in un prodotto, comparabile con altri. Tra i prodotti proposti il cittadino sceglie il proprio preferito, cioè quello che più soddisfa le proprie esigenze, non più secondo una condivisione di valori profondi, come in passato, ma in base ad opinioni contingenti, legate al momento.

Allora, si può parlare di politica con i mezzi dell’informazione contingente? Si, si può e oggi lo si fa. Ma chiaramente questo ha delle conseguenze. E la principale delle conseguenze è l’impoverimento della politica, divenuta una merce al pari di altre.

L’importanza delle relazioni interpersonali

Fra tutte le attività che ci vengono richieste, l’interrelazione con le persone significative è la più ardua: le persone costituiscono decisamente il compito più difficile che dobbiamo affrontare.
Sullivan

L’IMPORTANZA DELLE RELAZIONI INTERPERSONALI

di Daniela Patta

Prefazione

L’ispirazione del presente lavoro nasce dalle esperienze intraprese in questi anni accademici: l’esperienza in AIESEC l’associazione per la quale sono stata amministratore nell’anno 2009/2010 e il corso di Metodologie dell’Informazione e della Comunicazione effettuato presso l’Istituto Fattorello.

Queste esperienze hanno evidenziato un comune denominatore: l’importanza delle relazioni interpersonali e il valore che risiede nelle connessioni tra le persone.

In modo particolare, AIESEC, mi ha permesso di sperimentare cosa significa lavorare in team, condividere obiettivi, emozioni, successi e insuccessi, di comprendere il valore del network personale e professionale e della condivisione di conoscenza tra vecchi e nuovi membri sempre attraverso un rapporto alla pari.

Di ogni esperienza, di ogni obiettivo raggiunto, quello che rimane sono le persone e tutto ciò che esse creano attraverso la relazione.

Il corso di Metodologie dell’Informazione e della Comunicazione mi ha dato modo di scoprire gli ingredienti di una relazione di successo non solo sul piano personale ma anche professionale.

Il filo conduttore di questo elaborato è rappresentato dal concetto di capitale sociale definito da Nahapiet e Ghoshal (1998) “as the sum of the actual and potential resources embedded within, available through, and derived from the network of relationships possessed by individual or social unit”.

Lo scopo del lavoro è stato quello di indagare l’aspetto umano dell’impresa, rappresentato da persone e relazioni, valutarne in maniera qualitativa l’importanza e studiarne gli effetti sul processo di creazione del valore.

In particolare ho cercato di dimostrare come le interazioni tra gli individui, sia formali sia informali, opportunamente guidate dall’occhio attento e vigile dell’organo di governo, possano creare valore nell’ organizzazione in termini di nuova conoscenza e innovazione.

Il punto di partenza è rappresentato dalla critica ai modelli costruiti dalle teorie classiche e neoclassiche, che astraggono le relazioni sociali e le loro strutture dall’azione economica. L’azione economica risulta essere “embedded” ovvero radicata nelle relazioni sociali (Granovetter, 1985).

L’analisi prosegue nel dilemma legami forti – legami deboli: cosa caratterizza le due tipologie di legame e quale di queste ci consente meglio di creare valore nella nostra organizzazione?

Nel secondo capitolo,il focus è sulla interazione fra le due forme di capitale: il capitale sociale (inteso come funzione delle relazioni che le persone attivano) nelle sue dimensioni strutturale, relazionale, cognitiva e il capitale intellettuale nelle sue componenti capitale strutturale, capitale umano, capitale relazionale.

Ripercorrendo la letteratura esistente sul tema, ho cercato di rispondere a tali quesiti:

Quali sono le componenti del capitale intellettuale?

Quale influenza hanno le dimensioni del capitale sociale sul capitale intellettuale?

Quali azioni potrebbero essere suggerite al management per favorire la creazione di capitale sociale?

Nel terzo capitolo vengono affrontati due livelli di analisi: il primo riferisce all’influenza del capitale sociale sulle condizioni che permettono lo scambio/combinazione di conoscenza secondo il paradigma socially-intellectual, il secondo riferisce allo sviluppo della conoscenza organizzativa come conversione secondo il paradigma intellectual-social.

Il capitolo si conclude, mostrando come la knowledge governance, può supportare la gestione dei rapporti intra e intersistemici. Si è cercato quindi di rispondere a due domande:

Che influenza hanno i processi sociali nel rendere accessibili le risorse, nel motivare allo scambio/combinazione delle risorse, nell’anticipare il valore della combinazione e sulla capacità di combinazione delle risorse?

E sulla capacità di integrazione e assorbimento?

Come si sviluppa la conoscenza organizzativa?

Che influenza hanno i rapporti sociali nella conversione della conoscenza?

Sono quesiti che al giorno d’oggi, le aziende si devono porre e a cui devono dare le proprie risposte. Riuscire ad implementare una gestione strategica dell’interazione fra le due forme di capitale può tradursi in una competenza firm-specific, difficilmente imitabile dai competitors proprio per la difficoltà di replicare i contenuti su cui si basano le relazioni mediate da risorse altrettante uniche: le risorse umane.

La chiave di svolta, è tutta nella gestione strategica delle relazioni in coerenza con l’obiettivo che ci si è prefissati. Non c’è una risposta che vada bene erga omnes. L’organo di governo, seguendo un approccio sistemico alla gestione d’impresa, selezionerà volta per volta quali tra le relazioni possibili attivare, come mantenere, sviluppare o eliminare quelle già attivate per mantenere viva la consonanza/risonanza con il contesto

Il Fattorello informa

AVVISO AI NAVIGANTI……

Attenzione! Lunedì 17 gennaio ore 18.00-21.00

Ultimo incontro al Fattorello per gli iscritti dell’anno 2010

Definiremo ed illustreremo modalità e contenuti dei lavori da presentare e discutere in sede d’esame per il conseguimento dell’attestato finale.

Si raccomanda presenza e puntualità .

Dal prof. Ragnetti cari saluti a tutti ed un forte incitamento a continuare con grinta e determinazione il percorso intrapreso.

Cortometraggio “Piccole cose di valore non quantificabile”

Il Corto “Piccole cose di valore non quantificabile”

di Paolo Genovese e Luca Miniero, 9min, 2002

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Trama del film PICCOLE COSE DI VALORE NON QUANTIFICABILE:

Una notte, in una stazione dei carabinieri, un brigadiere raccoglie l’insolita denuncia di una ragazza a cui hanno rubato i sogni.
REGIA: Paolo Genovese, Luca Miniero
SCENEGGIATURA: Fabrizia Sacchi, Gianni Ferreri
ATTORI: Gianni Ferreri, Fabrizia Sacchi Ruoli ed Interpreti
FOTOGRAFIA: Arnaldo Catinari
MONTAGGIO: Paola Freddi
MUSICHE: Francesco Lanzillotta
PRODUZIONE: ZEBRA PRODUCTION
DISTRIBUZIONE: EMME PER PABLO
PAESE: Italia 1999
GENERE: Cortometraggio
DURATA: 10 Min
FORMATO: Colore 35 MM

Vale la pena vederlo…

 

La tesina di ELENA MONTI… “Piccole cose di valore non quantificabile”

Tecniche della Comunicazione

 

 

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Istituto “Francesco Fattorello”

 

Avviso ai Fattorelliani (annata 2011) in trepida attesa:

 

A tutti un caloroso ben tornati all’autunnale normalità.

Per la ripresa dei nostri incontri l’appuntamento è per il nuovo anno ogni lunedi alle ore 18.00

Raccomandiamo come sempre la vostra presenza e la doverosa puntualità

 

A presto e un caro saluto dal Prof . Ragnetti

 

64° Corso di Comunicazione

Direttore

Prof. Giuseppe Ragnetti

 

Ogni Lunedì – ore 18:00

info@istitutofattorello.org – cell. 335-833.42.51

Sede “Istituto Seraphicum”

Via del Serafico, 1

ROMA

 

Qui si è sempre venuti e si viene per incontrare “la verità che tanto ci sublima”.

(La Divina Commedia, “Paradiso”, XXII, 37-45) 63°Corso

Marea nera della BP: riflessioni sulla Comunicazione di Crisi

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Venerdì 15 ottobre 2010 ore 18.00 presso la sede didattica dell’Istituto “Francesco Fattorello” a Roma in Via del Serafico, 1

Seminario interattivo con il Dott. Nicola Montorsi, ex allievo dell’Istituto “Francesco Fattorello”

Nicola Montorsi condurrà la sessione, prima di dibattere insieme ai partecipanti su come la BP ha gestito la comunicazione di crisi nel disastro del Golfo del Messico dello scorso aprile 2010.

Si ripercorreranno anche gli eventi a ritroso per capire come si sarebbe potuto prevenire l’incidente attraverso l’applicazione di diversi comportamenti, decisioni e politiche aziendali da parte dei dirigenti della compagnia petrolifera. Nel seminario si utilizzerà la Teoria Fattorelliana della “Tecnica sociale dell’ Informazione” per analizzare il caso di studio.

breve biografia

Nicola Montorsi è attualmente residente in Colombia come Amministratore Delegato di FIPRA America Latina, una società di consulenza leader globale negli affari pubblici.

Ex direttore di affari pubblici e governativi di BP ed ufficio stampa alla Croce Rossa, Nicola ha esperienza di affari esterni, gestione dell’immagine e della comunicazione di crisi nel settore energetico e in quello sanitario ed umanitario.

Nella sua passata posizione ha guidato la transizione ed il processo di cambiamento per la creazione di centri di servizi compartiti internazionali. Nel 2009 il suo ultimo sviluppo di un Business Service Centre a Budapest e’ stato riconosciuto dal Governo Ungherese come “investimento dell’anno”.

Nel 2007 e nel 2009 Nicola ha vinto 2 IVCA Awards (l’oscar mondiale dei video aziendali).

Nicola si è formato alle discipline della Comunicazione presso l’Istituto Francesco Fattorello di Roma,e si è laureato in Economia aziendale all’Università la Sapienza. E’ sposato e ha due figlie. Parla le lingue straniere inglese, francese e spagnolo.

La sicurezza nell’approvvigionamento idrico ad uso civile

Nicoletta Boriello

LA SICUREZZA NELL’APPROVVIGIONAMENTO IDRICO AD USO CIVILE: IL CASO DEL VILLAGGIO DI NYOLOLO IN TANZANIA.

Il progetto argomento della tesi rientra nel delicato ambito della Cooperazione allo Sviluppo e nasce in seno all’Associazione di Volontariato Ingegneria Senza Frontiere Roma (ISF-Roma) e alla collaborazione attivata tra questa e l’Organizzazione Non
Governativa Cooperazione Paesi Emergenti (CO.P.E.) a seguito della quale, nell’agosto 2009, è sorto un progetto condiviso nel villaggio africano di Nyololo in Tanzania.

Esso prevede il miglioramento delle condizioni di vita, e in particolare di quelle igenico-sanitarie, a Nyololo e nelle strutture comunitarie del Centro per Bambini Orfani e del Centro di Salute Rurale del villaggio, precedentemente costruite dal CO.PE.

L’obiettivo fissato in questo lavoro, che segue a un viaggio in Tanzania di sopralluogo e prima installazione avvenuto nell’agosto 2010, è quello di dare vita a soluzioni tecniche, pensate e realizzate in co-progettazione con i destinatari, per il soddisfacimento del fabbisogno idrico del villaggio in questione e delle strutture comunitarie costruite dal CO.PE.

L’acqua è di importanza assoluta come prerequisito per la vita stessa, come habitat e come elemento fondamentale per lo sviluppo. Il diritto umano all’acqua implica che ognuno abbia diritto ad acqua in quantità sufficiente, di buona qualità, fisicamente disponibile ed economicamente accettabile per usi personali e domestici.

Un elemento chiave è la qualità della risorsa idrica, e il prerequisito che essa, negli usi civili, debba essere – fra le altre cose – priva di microorganismi e contaminanti chimici, che rappresentano una minaccia per la salute.

In un contesto di disomogenea distribuzione e crescente scarsità e contaminazione dell’acqua, sempre più sforzi devono essere fatti per garantire una protezione della risorsa idrica e delle sue funzioni di supporto alla vita.

La protezione della risorsa idrica nei Paesi in via di sviluppo è l’argomento che tratta la tesi, nello specifico essa affronta il caso studio dell’approvvigionamento e consumo di acqua ad uso civile presso il villaggio di Nyololo, i cui obiettivi sono:
• garantire la qualità dell’acqua consumata;
• garantire un approvvigionamento idrico sufficiente alle esigenze della popolazione;
• garantire il razionale utilizzo dell’acqua.

Dopo un iniziale inquadramento delle problematiche ingegneristiche in situazioni di sviluppo in cui si tenta di delineare il ruolo dell’ingegnere ambientale e l’approccio multidisciplinare che questi dovrebbe tenere, si passa a una descrizione generale della
problematica “acqua”, evidenziandone i rischi e la necessità di salvaguardia.

Il secondo capitolo fa una approfondita descrizione del contesto di azione dal punto di vista geografico, storico, politico, sociale, climatico, fisico, ambientale, della situazione igienico-sanitaria e dell’accesso alla risorsa idrica, dapprima in maniera generale focalizzando l’attenzione sulla Tanzania e sulla regione di Iringa e, in secondo luogo, particolare, analizzando nello specifico il villaggio di Nyololo, del quale vengono delineate le peculiarità climatiche e fisiche del territorio, per dedicare poi buona parte del capitolo alla descrizione delle strutture presenti nel centro del villaggio e all’esposizione della attuale situazione di approvvigionamento idrico e dell’analisi dei problemi evidenziati, presentati attraverso la strutturazione in un albero dei problemi.

Aspetti di particolare rilievo che riguardano Nyololo sono senz’altro le variazioni climatiche legate alla presenza delle due stagioni: quella umida, da novembre a maggio, caratterizzata da intensa piovosità e umidità e temperature elevate, e quella secca, da giugno a ottobre, che presenta invece caratteristiche al limite della siccità e temperature più miti.

Altro aspetto riguarda le caratteristiche fisiche dei suoli che lasciano desumere una presenza importante della componente argillosa la quale si presenta in molti casi nel villaggio compattata in vari strati, comportando una estremamente ridotta capacità di ritenzione idrica del suolo in questione, fattore che impedisce l’infiltrazione di acqua in profondità.

Questo aspetto determina il problema principale che si presenta nel piazzale del centro bambini, il quale, allagato a seguito delle intense precipitazioni che hanno frequenza quotidiana durante il periodo delle piogge, è soggetto ad un notevole degrado funzionale.

Problema inverso si presenta invece durante la stagione secca, caratterizzata da insufficiente e discontinuo approvvigionamento della risorsa. Per soddisfare i bisogni manifestati dalla popolazione locale, si è perciò provveduto all’installazione nel centro suddetto di un sistema di raccolta e riutilizzo delle acque piovane e di un sistema di dispersione nel terreno di acque meteoriche mediante trincee drenanti, che vengono descritti nel dettaglio all’interno della tesi e il cui dimensionamento parte dall’analisi dei dati di pioggia della zona.

Un intero capitolo è dedicato invece alla definizione delle procedure atte a garantire la sicurezza della risorsa idrica di Nyololo mediante la realizzazione di un Piano di Sicurezza per l’acqua, strumento che mira alla riduzione dell’incidenza di malattie attribuite alla povertà di acqua potabile e all’inadeguatezza sanitaria e igienica presenti in loco.

Tale piano, elaborato seguendo il Manuale del Piano di Sicurezza per l’Acqua proposto dalla Organizzazione Mondiale della Sanità, opera una valutazione dei rischi, identifica le misure di controllo necessarie ad evitarli, contenerli ed eliminarli e definisce le procedure di monitoraggio e di gestione.

A supportare la scelta di produrre il suddetto documento sono stati innanzi tutto il riscontro delle condizioni di approvvigionamento idrico palesate durante il sopralluogo e le informazioni apprese grazie alla somministrazione ai locali di un questionario sul rifornimento idrico, che mirava all’acquisizione di notizie che permettessero di fare delle considerazioni valide; in aggiunta l’individuazione di una contaminazione fecale da enterobatteri emersa a valle di una caratterizzazione batteriologica delle acque utilizzate a scopo potabile, campionate in loco.

L’applicazione degli step progettuali così come presentati nel capitolo di apertura, ha permesso di creare le condizioni per apportare un effettivo miglioramento nella comunità umana di Nyololo.

L’approccio multidisciplinare e lo studio approfondito del territorio hanno consentito di:

• migliorare le condizioni di vita dei bambini residenti nel centro per bambini orfani attraverso l’implementazione di alcune tecnologie semplici ed efficaci che prevedono il metodo dell’auto-costruzione;

• formare tecnici che sappiano utilizzare consapevolmente le risorse del proprio territorio e che ne conoscano le potenzialità attraverso l’approccio partecipativo, la co-progettazione e l’uso di materiali locali;

• favorire lo sviluppo endogeno e la capacità di reagire agli impulsi esogeni, resi compatibili con le condizioni e le prospettive locali;

• sensibilizzare la popolazione locale sulle tematiche igienico-sanitarie, ambientali e sull’uso sostenibile della risorsa idrica;

• produrre uno strumento quale il Piano di Sicurezza per l’Acqua, la cui applicazione può contribuire al miglioramento della gestione della risorsa idrica e delle condizioni igienico-sanitarie, assicurando in modo continuativo la salubrità dell’acqua potabile.

Lavorando sia singolarmente sia come gruppo si è avuta la sensibilità, non sempre presente in altri progetti simili, di pensare l’attività con un duplice scopo: soddisfare la necessità di fruizione degli abitanti e stringere un contatto con i beneficiari, per formarli rispetto alla tecnologia proposta e stimolarli a sentirsi partecipi nella costruzione della loro stessa realtà.

Una Fattorelliana DOC… L’oratore “parlante”

La dott. ssa Eufrasia D’Amato non ha dimenticato la sua formazione all’ Istituto Fattorello e continua a seguire e ad appassionarsi ai problemi dell’Informazione e della Comunicazione.

Dopo il suo apprezzato contributo sulla Comunicazione politica, è ora la volta del “Parlare in pubblico”, attività questa che rappresenta tuttora uno scoglio difficile da superare per tutti gli oratori.

Ringraziamo la nostra Fattorelliana doc per il suo intervento che pubblichiamo con piacere, dopo aver invitato , ancora una volta, i lettori del nostro blog a tuffarsi senza paura nel fiume delle opinioni:

in altri termini fatevi vivi e… sotto con i commenti !!!

Prof. Giuseppe Ragnetti

 

Come parlare in pubblico e riuscire a … parlare !!!

A cura di Eufrasia D’Amato

Sembra un paradosso ma in realtà è capitato a molti oratori di bloccarsi mentre si accingevano a parlare in pubblico!

Parlare dinnanzi ad una platea sembra facile! In realtà la paura di essere giudicati e la difficoltà concreta, a volte, di tradurre il pensiero in parole, soprattutto dinnanzi a mille occhi che scrutano ogni più recondito particolare, giocano brutti scherzi. Pensiamo di saper parlare perchè sin da piccoli lo abbiamo imparato, ma coinvolgere e trasmettere aduna moltitudine di gente il proprio pensiero non è cosa altrettanto semplice.

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Affrontare la platea è un po’ come essere sull’orlo di un precipizio…meglio non guardare giù; e, invece, non c’è niente di più sbagliato. E’ necessario guardare in giù o meglio guardare gli ascoltatori per poter stabilire con loro un contatto diretto.

Lo scambio di sguardi contribuisce a diminuire il distacco che concretamente c’è tra l’oratore e la platea. E poi, come i bravi oratori sanno: la cosa più importante da fare è adattare il discorso al pubblico. Solo riuscendo a capire l’atmosfera e la tipologia di personaggi che abbiamo davanti possiamo trasferire loro quello che in realtà vogliono sentire. Il passato insegna. La tradizione storico culturale dei grandi oratori romani ci ha tramandato una letterature ricca e appassionata di “ciceroni” che animavano il foro e non solo. Una tradizione che si coniuga perfettamente con l’impostazione fattorelliana; una linea retta tra il prestigioso passato e la tecnica sociale che ormai da settanta anni coniuga lo studio attento del soggetto recettore alla perfetta riuscita del processo comunicativo.

Ebbene.. è ora di cominciare. Le gambe tremano, il cuore palpita e la platea rumoreggia…aspettano tutti noi. Da dove cominciare? Innanzitutto il lavoro di base per un buon oratore è l’organizzazione del discorso che presuppone la conoscenza e la dimestichezza dell’argomento. Va bene essere emozionati ma se non sappiamo neanche di cosa parlare….!!

Organizzare l’argomento della discussione equivale a parlare con chiarezza di non più di due o tre idee chiave, attorno a cui sviluppare l’arringa. Dinamismo e brevità sono le due inseparabili amiche dell’organizzazione.

La cosa più importante, infine: il bluff si scopre subito! Se cerchiamo di imitare o scimmiottare qualcuno veniamo smascherati immediatamente. Essere se stessi, con i propri piccoli difetti, , aiuta a rendere umani anche i più bizzarri tra gli oratori. Per i futuri successi un consiglio che viene da lontano da una autorevolissima fonte: Pericle, una delle più grandi personalità del passato, affermava:”colui che, capace di pensare, non sa esprimere il suo pensiero, è allo stesso livello di chi non riesce a pensare”.

E allora “la domanda sorge spontanea”: perché molti nostri politici non hanno ancora capito l’insegnamento di Pericle, dopo ben duemila e più anni??!! Lo spettacolo che ci propinano dalle varie emittenti radio-televisive è molto spesso improponibile e i risultati ottenuti o, meglio, non ottenuti ne sono la conferma. Ma allora perché continuano a sbagliare?? Perché lo stesso copione , ormai da decenni, viene affidato sempre alle stesse persone che, tra l’altro, non sanno neanche recitare/comunicare? E tali modesti attori perché non capiscono che la forma vale come o più della sostanza? Quando poi il punto M è la TV agli spettatori arriva soprattutto il “come”, anche perché il “che cosa” è sempre lo stesso, da qualunque schieramento provenga: tutti promettono di lavorare per il bene comune.

In altri termini essendo la sostanza sempre la stessa, è la forma che fa la differenza. Il prof . Giuseppe Ragnetti nel suo Corso all’Università di Urbino, lo ha dimostrato con chiarezza, in una memorabile lezione su“la creta e la statua”.

E, soprattutto, perché tali modesti attori non riescono a fare un bagno di umiltà e chiedere aiuto a chi potrebbe aiutarli: non sarebbe male che politici o aspiranti politici in difficoltà dal punto di vista relazionale e comunicativo, frequentassero la Scuola fattorelliana, dove il prof. Ragnetti sarebbe ben lieto di averli in aula. Siamo certi che anche stavolta riuscirebbe a far capire il significato della parola comunicazione !!!

 

 

 

Giovani, Media, Società: Come saremo domani

Convegno Nazionale ANS

Giovani, Media, Società: Come saremo domani

 

Roma, 15 giugno 2010

Via Salaria 113, facoltà di Scienze della comunicazione “Aula Wolf”

 

ANS Associazione Nazionale Sociologi

In collaborazione con

Facoltà di Scienze della Comunicazione – Università “La Sapienza” di Roma

Dipartimento Lazio ANS Associazione Nazionale Sociologi

Cooperativa sociale “Maggio ‘82”

Programma
Intervento convegno ANS 15 giugno 2010

Dott. Marco Cuppoletti

Voglio iniziare il mio intervento cercando di rispettare il tema proposto in questo convegno : ” Giovani, Media, Società: Come saremo domani”, sapendo bene però che in questo titolo è racchiuso un mondo in continua evoluzione, una costellazione di discorsi, dibattiti, riflessioni, ricerche sociali, che a tutt’oggi non sono giunti ad un paradigma precisamente definito e mai, probabilmente, ci giungeranno.

Per introdurre meglio il mio ragionamento, vi leggo un breve scritto, riguardo al mondo ed alla condizione giovanile, che ci perviene da un autore molto noto.

Leggo testualmente:

“Oggigiorno, i nostri giovani amano il lusso, hanno un pessimo atteggiamento e disprezzano l’autorità: dimostrano poco rispetto per i loro superiori e preferiscono la conversazione insulsa all’impegno: I ragazzi sono ormai i despoti e noi i servi della casa; non si alzano più quando qualcuno entra; non rispettano i genitori, conversano tra di loro quando sono in compagnia di adulti, divorano il cibo e tirannizzano i propri insegnanti”.

Ebbene, queste affermazioni, che potrebbero essere davvero attuali, risalgono a “SOCRATE” – IV secolo – A.C.

Ho voluto leggere questo breve passaggio, per convenire con voi che considerazioni analoghe a quelle fatte da Socrate, oggi si possono ascoltare comunemente dimostrando che esse non sono frutto esclusivo della nostra epoca ma che al contrario si sono ripetute nel corso dei secoli.

Tuttavia, non possiamo disconoscerlo, la storia dell’umanità ha potuto contare sempre sui giovani per progredire, sulle loro energie ideative e sulla loro costante azione innovatrice della società.

Gli illustri scienziati, artisti, letterati, statisti di tutte le epoche che l’umanità ha avuto la fortuna di conoscere, debbono pur essere stati anche loro parte di quella gioventù che le generazioni più “mature” non esistano a “bollare” come a suo tempo ha fatto il grande filosofo greco.

Se conveniamo allora che esiste un “conflitto generazionale” più o meno accentuato o perlomeno una percezione falsata del mondo giovanile che si ripropone ciclicamente con affermazioni generiche ed opinioni preconcette, allora possiamo anche affermare che esse sono, evidentemente, un luogo comune, un modo superficiale per liquidare l’argomento.

Per dibattere sul tema della condizione giovanile, di come i giovani si rapportano con i media e verso quale società stiamo andando, gli studiosi della materia sociale e noi sociologi in particolare, non possiamo esimerci dal fare riferimento a studi analitici e dati statistici di oggettiva interpretazione.

Dico questo perché, nonostante io sia uno strenuo sostenitore della soggettività e della libertà di opinare, secondo gli insegnamenti del Prof. Giuseppe Ragnetti, Direttore dell’Istituto Francesco Fattorello di Roma, con il quale ho l’onore di collaborare, quando siamo chiamati professionalmente a studiare e definire i comportamenti di una categoria sociale, come quella dei giovani e del loro rapporto con i Media, ad esempio, non possiamo non ricorrere agli strumenti che ci mette a disposizione la ricerca sociale anche se, come premesso, le variabili in campo e le modificazioni dei modelli di riferimento che intervengono continuamente non consentono univoche e durature determinazioni del fenomeno.

Lo sforzo in ogni caso deve essere quello che ci propone Emile Durkeim quando dice: “Studia i fatti sociali come cose!” riferendosi al fatto che se la sociologia deve considerarsi una disciplina scientifica allora deve studiare i fatti sociali con gli stessi metodi con cui si studiano i fenomeni scientifici.

Eppure assistiamo spesso, purtroppo, sui temi di natura sociale, a dibattiti televisivi e radiofonici con panel di partecipanti quasi mai qualificati che esprimono quelle che sono però posizioni e apprezzamenti personali.

Anche la stampa è su questa linea, infatti è facile leggere articoli dove chi scrive rappresenta una sua idea, una sua opinione, seppur rispettabile ma che raramente trae spunto da dati oggettivi.

Rispetto a questo, va detto, i Sociologi dovrebbero impegnare molta energia ed imporsi per recuperare autorevolezza e centralità nel dibattito sociale.

Tornando ai giovani e al loro rapporto attuale con i media, potremmo dire semplificando che esso si basa su almeno tre parametri innegabili: la velocità dell’informazione, l’autodeterminazione del palinsesto, l’interattività.

Ricerche condotte da enti di ricerca sociale e da varie università nazionali ed estere (terzo rapporto CENSIS sulla comunicazione in Italia, Università cattolica del Sacro Cuore di Milano, Mario Morcellini in “capire il legame Giovani e media”-atti del Convegno Internazionale Infanzia e Società Roma novembre 2005), indicano con chiarezza che i giovani hanno oggi un approccio assai diverso dal passato rispetto ai media tradizionali quali la radio, la televisione, la stampa quotidiana, media che stanno progressivamente abbandonando a favore del personal computer.

I dati che emergono dalle ricerche, utili certamente a chi si muove professionalmente ed imprenditorialmente nel settore dei Mass-media e necessari quando si voglia affinare strategie editoriali o di marketing pubblicitario, non debbono trovare impreparato il sociologo che è chiamato per impegno professionale ad interpretare le nuove tendenze sociali per ipotizzare il futuro ed i riflessi che tali trasformazioni provocano sulla società del domani.

Il sistema della comunicazione, al pari di altri sistemi sociali, non è certo estraneo ai processi di innovazione culturale e sociale, anzi, ne è quasi sempre il detonatore.

Del resto Niklas Luhmann ci ricorda che i sistemi sociali esistono e si sviluppano soltanto attraverso la continua comunicazione.

I Giovani, emerge dalle ricerche, stanno passando da una fruizione dei mezzi di comunicazione sociale di tipo “generalista e di flusso” ad un progressivo spostamento verso l’opzione di scelta personalizzata, meglio se supportata dalla possibilità interattiva, per giungere alla costruzione di un “palinsesto personalizzato” attraverso lo schermo del computer, quello che Giuseppe Gnagnarella nel suo ultimo libro” Storia Politica della RAI” definisce come un “nuovo egoismo individuale”.

Se fino a qualche anno fa “i giovani del muretto” facevano comitiva e si incontravano in piazzetta, oggi si frequentano e restano in contatto con i social network.

Certamente la rete è uno strumento comodo, specialmente in quelle realtà di provincia dove incontrarsi fisicamente nella giornata può essere difficile, resta il problema relativo ad un uso”patologicamente esagerato”.

Attraverso la rete si accetta il contatto amicale e sociale ma in modo “asettico e superficiale”, poco coinvolgente.

Come si fa del resto a considerare “amici” nel senso stretto della parola, con tutte le implicazioni che conosciamo bene quando ci riferiamo al sentimento amicale, le centinaia e centinaia di contatti Facebook che molti possono “vantare”?

La tecnologia procede autonomamente proponendo nuove abitudini d’uso e consumo e se fino a qualche anno fa i giovani giocavano con il “meccano”, con le “costruzioni Lego” ed al “piccolo chimico”, oggi giocano al “piccolo editore” , si cimentano con la produzione di filmati da inserire su YouTube o scrivendo sul loro Blog personale, magari uno dei sei miliardi di blogs attivi in rete, dove nessuno con tutta probabilità andrà mai a leggere e commentare nulla.

Ciò però avviene non senza contraddizioni: da una parte i giovani affermano di non essere interessati ai programmi televisivi con particolare riferimento ai cosiddetti programmi trash, mentre contemporaneamente anelano ad essere visibili in rete per “esistere” e non hanno remore pur di conquistare la loro “audience” nel proporre i video shock di corse dissennate di moto contromano o le immagini riprese con il telefonino delle percosse al compagno down.

Una ulteriore contraddizione è quella relativa alla richiesta di gratuità dei contenuti presenti in rete.

Se da una parte i giovani rivendicano la libertà democratica di scaricare musica e filmati senza oneri economici e di fare download free di software e documenti, dall’altra sono essi stessi a subire una progressiva desertificazione della produzione culturale che non trova al momento ancora adeguate garanzie di tutela del frutto dell’ingegno e della creatività e quindi nessun interesse di sostanza da parte, ad esempio, di autori e musicisti.

Il rischio è quindi, quello di disporre comodamente dei tanti contenuti esistenti in rete ma di non goderne di nuovi. I giovani navigano e rimestano tra le retrospettive, ripropongono il passato ma non aggiungono novità a quanto già disponibile.

Il rapporto tra i giovani e i media rischia quindi di essere in chiave culturalmente involutiva e non evolutiva come dovrebbe essere.

Il passato è tradizionalmente un bene rifugio, di per sé più rassicurante, rispetto allo scegliere di affrontare progetti per il futuro, così ambiguo ed imperscrutabile, specialmente in un periodo di crisi economico e sociale come quello che stiamo attraversando.

In realtà c’è bisogno di una nuova progettualità sociale per riportare i giovani ad avere un sogno, uno scopo, una passione, anche se non è certo facile convincerli che sia in generale più opportuno studiare ed impegnarsi in un onesto lavoro piuttosto che inseguire il successo del “tronista“ o della “Velina”.

Reso noto proprio in questi giorni, il rapporto Istat 2010 fotografa infatti una gioventù apatica, senza passioni, che non studia, non ha lavoro e nemmeno lo cerca. Ritorna prepotente l’appellativo “Bamboccione” per quelli che, intervistati affermano di non avere tra le loro priorità lo svincolo dalla famiglia di origine.

Questa realtà appare discordante da quanto invece si rileva riguardo la tendenza nell’uso dei media che indicherebbe al contrario nei giovani la voglia di indipendenza e autonomia di scelta.

Viene da pensare allora che non si tratti di una libera scelta, bensì di isolamento e di apatia nei confronti delle naturali sfide alle quali i giovani debbono tendere.

Loro malgrado i giovani gettano la spugna prima di iniziare il combattimento sapendo che le regole del gioco o non ci sono o sono truccate.

Credo che, in ogni caso, fatti salvi i dati statistici a cui fare doveroso riferimento, sia però necessario non generalizzare il rapporto tra i giovani e media e ancor più il riflesso che queste abitudini possano avere sulla società futura.

I giovani d’oggi sono né più e né meno i giovani di sempre, spetta alla società civile ed alla politica gettare le basi per investire su di loro.

Rispondo quindi alla domanda “come saremo domani” con “dipende da quel che vogliamo fare per il domani”.

Deve essere chiaro infatti che è responsabilità precisa di ogni singolo cittadino, ognuno per le proprie rispettive competenze supportare adeguatamente fattivamente o almeno moralmente le giovani generazioni a fare il salto, a spendersi nella competizione del futuro.

Anche noi sociologi del resto non siamo esclusi da questo processo, in quanto dobbiamo rilanciare autorevolmente la proposta di un progetto di società che, attraverso scelte decise, coraggiose, ed ormai irrinunciabili, diano il senso di un ritrovato patto etico e valoriale in un sistema di regole condivise cui fare riferimento.

Allora bisogna essere portatori di una proposta concreta: va chiesto con forza il rilancio del sistema scolastico ed universitario affinché punti alla valorizzazione reale delle competenze e che colga bene i bisogni del mondo del lavoro.

L’università in particolare deve stringere uno stretto rapporto di sinergia con il mercato del lavoro per definire percorsi di Laurea e specializzazione che siano in sintonia con le richieste imprenditoriali conservando evidentemente l’autonomia didattica. Non è possibile assistere ad una Università che va da una parte e le richieste di professionalità dall’altra se vogliamo dare una risposta concreta ai giovani in termini occupazionali.

Nel contempo il mondo del lavoro deve essere rispettoso delle potenzialità, delle competenze e delle qualità della persona affinché chi merita sia valorizzato a vantaggio della collettività.

Per concludere dico che è giunto il momento di abbandonare, o perlomeno attenuare di molto il dibattito intorno all’influenza dei media sui giovani, relegando definitivamente al passato il concetto di “televisione cattiva maestra” di Pasoliniana e Popperiana memoria per superare un periodo che ha attribuito, per nostra stessa colpa a questo “caleidoscopio di colori” fin troppa importanza.

Forse dovremmo sforzarci di ascoltare di più e meglio i segnali che ci giungono dai giovani, i quali hanno molto da dire e lo lasciano intendere in molti modi anche attraverso la loro musica, come il Rap, ad esempio che non ha melodia ma soltanto una esasperata enfasi del testo, una disperata voglia di farsi ascoltare.

In fondo per capire i giovani basterà pensare come i giovani.

Roma 15 giugno 2010

Marco Cuppoletti

65° compleanno “Noi donne e…la festa” 7 maggio ore 17:00-19:30

noi_donne

Dal concetto di ‘arte totale’ tanto amato da quell’Art Nouveau che ha fondato le basi del movimento moderno alle reciproche influenze interdisciplinari che oggi caratterizzano il mondo della creatività, sembra che un secolo sia passato inutilmente. In realtà ciò che allora si vedeva nella forma oggi si è realizzato soprattutto nella struttura.

Le influenze non riguardano più solo i contenuti, ma partono proprio dall’utilizzo di strumenti che hanno stravolto il modo di comunicare ed interagire tra gli individui. Il dialogo continuo tra letteratura e cinema, comunicazione di massa ed arti visive, mondo telematico e musica ha aperto oggi all’arte orizzonti che un secolo fa erano inimmaginabili.

Le attività che ci proponiamo di portare avanti all’interno del Caffè Letterario vogliono essenzialmente mettere a fuoco una realtà complessa in cui la perdita dei confini mi sembra un’opportunità per spingersi verso territori sconosciuti dove tutto possa essere riinventato. Credo che oggi non abbia più senso parlare di arte figurativa senza avere presente ciò che la computer grafica ha operato nel modo di fruire e percepire le immagini. Così i media, quando non sono parte integrante di un’opera d’arte, di certo diventano essenziali per la sua diffusione.

Ed anche la letteratura spesso sente l’esigenza di uscire dalla pagina scritta per essere letta, recitata, integrata in una sceneggiatura o portata in teatro con un reading per poi essere divulgata con un media. Parlare di musica o di cinema senza tenere presente parallelismi o influenze che poi contaminano la creatività di un artista o le creazioni di un design può essere riduttivo e poco stimolante.

Siamo coscienti che il nostro è solo un luogo di aggregazione dove i contenuti si confrontano direttamente con il desiderio di divertirsi, perciò non pretendiamo di sostituirci ad egregie istituzioni dove certe indagini sono continuamente affrontate, né vogliamo dare una risposta a ciò che è destinato a restare in continua evoluzione; ciò che invece ci proponiamo é di rappresentare intimamente quello che succede intorno a noi.

I nostri eventi sono stati divisi in settori per forma ma non per contenuti, quindi tratteranno di letteratura, arte visiva, design, cinema, moda e musica con gli intenti di raffronto e contaminazione che ci siamo proposti.
In un luogo in cui il  rapporto tra gli artisti e la gente è intimo e immediato possono esserci reazioni del tutto diverse – qualche volta più stimolanti – rispetto a quanto non avvenga in quelli istituzionali.

Ci serviamo perciò della struttura polifunzionale con cui il Caffè Letterario si propone per farci accompagnare
ed aiutare in questa affascinante indagine.

Domenico Pasqua
direttore artistico