La nostra eredità

di GIUSEPPE RAGNETTI

Direttore Istituto Fattorello

Francesco Fattorello, la sua vita, il suo pensiero, la sua Teoria: la nostra eredità. Francesco Fattorello fu il primo studioso dell’informazione e della comunicazione ad andare controcorrente. Anticipando di oltre mezzo secolo quella che sarebbe stata poi l’impostazione teorica adottata in tutto il mondo, ebbe il coraggio e la determinazione di attaccare scientificamente le più accreditate teorie di oltreoceano.

E lo ha fatto in un periodo, il primo dopoguerra, in cui tutta l’élite culturale e tutta l’Accademia del nostro Paese accettava acriticamente impostazioni “esotiche”, suggestive quanto si vuole, ma prive di qualsiasi humus scientifico. I risultati pragmatici permettevano agli Americani di insistere nelle loro assurde impostazioni teoriche e ai nostri “accademici” di inchinarsi ossequiosi di fronte a cotanto ingegno.

Francesco Fattorello non si uni’ al coro dei replicanti ma volle analizzare a fondo e capire il fenomeno arrivando a conclusioni diametralmente opposte. A distanza di oltre 60 anni dalla sua prima elaborazione, l’impostazione teorica fattorelliana è ormai adottata in tutti i paesi del mondo, anche e soprattutto nel mondo anglosassone ormai totalmente allineato con le nostre posizioni.

Non dovrete allora meravigliarvi più di tanto se tutto il nostro insegnamento sarà una”lotta continua”contro i più abusati luoghi comuni,contro le acque quiete di facili approdi di abituale frequentazione ..Approdi ritenuti “sicuri”in base alla forza inesorabile del conformismo sociale,che spinge inconsciamente tutti noi,ad accodarci tranquillamente ai”più”.
Non siamo i più bravi ma certamente siamo i più insoddi-sfatti di quanto finora raggiunto.

Non abbiamo capito tutto,ma certamente ci sforziamo di capire qualcosa.

Non siamo i più eruditi,ma certamente siamo i più curiosi: la nostra è una curiosità intellettuale che ci spinge a non fermarci all’ovvio.Vogliamo indagare,vogliamo conoscere i presupposti che hanno portato a tutto ciò che viene infine definito ed accettato come ovvio.

Siamo più che mai convinti che “niente è meno ovvio dell’ovvio”e valga,pertanto,la pena di non fermarsi al primo gradino.

Non siamo, infine, impegnati o legati a chicchessia:non sappiamo e non vogliamo diffondere insegnamenti accomodanti per non turbare equilibri ormai consolidati e posizioni intoccabili.Tutto ciò non sarebbe “fare ricerca”e i nostri studi non fornirebbero il benché minimo apporto alla conoscenza del fenomeno che tanto ci prende e ci appassiona. Sarebbe ancora una volta,fare “Sociologia dell’Informazione” all’acqua di rose o alla camomilla,se preferite,così come avviene in diverse Università Italiane.

Si impartiscono fumose lezioni di “S o c i o l o g ia d e l l a Comunicazione”che si limitano ad enunciare ora questa ora quella teoria,che non va oltre la descrizione di ciò che è sotto gli occhi di tutti.Per dirla con FERRAROTTI, laddove si dovrebbe indagare e fare ricerca, ci si limita a fare “Sociografia”!

Al di là non si riesce o non si vuole andare:è molto più facile, rassicurante e gratificante raccontare la solita storia dei mezzi caldi e freddi,( ignorando completamente i surgelati!) dell’onnipresente MAC LUHAN, o dei bisogni indotti dalla pubblicità o dello strapotere dei media e della loro subdola attività di persuasione occulta ,piuttosto che indagare scientificamente in merito ai problemi di cui vogliamo occuparci.

E’ a tutti noto che lavorare stanca e molto spesso la gratificazione ottenuta e i riconoscimenti che ne derivano,non sono pari all’impegno richiesto:e allora “meglio evitare”.

Oggi tutti parlano di informazione o di comunicazione:tutti i giorni sorgono iniziative culturali o didattiche al proposito.

Gli addetti ai lavori in qualsiasi settore dell’informazione e a qualsiasi livello di responsabilità e di preparazione,smaniano di attivare corsi,corsetti, seminari, tavole rotonde ,scuole per l’insegnamentodella”comunicazione”.Siamo ai corsi di giornalismo per corrispondenza o,peggio ancora “on line” o al “tutto sull’informazione in 5 lezioni”,che tanta assonanza presenta con il ben noto “7 Kg in 7 giorni!”.

Come possono,addetti ai lavori,operatori culturali ,organizzatori di studi e ricerche pretendere di esaminare un fenomeno sociale di sì vasta portata, per corrispondenza o in corsi intensivi di 5 lezioni? E alla fine che cosa si insegna in cotanta offerta formativa ? I soliti autori e le solite teorie ormai ripudiate persino dagli ambienti scientifici che le avevano partorite!

Evidentemente questi addetti ai lavori o hanno una bassissima stima della loro professione e dei presupposti scientifici che la sostengono oppure ,peggio ancora,hanno una considerazione molto scarsa per i loro “allievi”.

E siamo ai “divi”del mestiere o, addirittura, alle famose soubrettes che s’improvvisano docenti,pur ignorando qualsiasi nozione scientifica nei riguardi dell’informazione e ancor meno della didattica arrivando a scambiare l’aula per uno studio televisivo! Usiamo termini diversi per indicare lo stesso oggetto o,peggio ancora,usiamo gli stessi termini per

identificare oggetti diversi!Ti arriva l’invito a partecipare ad un convegno sui “Moderni mezzi di comunicazione” e scopri,alla fine,che si parlerà di navi,ferrovie e dell’irrisolto problema dei TIR!?!

Si tratta di scrutare fenomeni di estrema mutevolezza, proprio perché di natura sociale:fenomeni quasi mai inquadrabili in caselle e schemi precostituiti. Fenomeni che non possono prescindere dallo studio del motore centrale di tutta la tematica ,rappresentato dal problema dell’opinione.

Soltanto se entreremo nell’ottica che ci permette di ricercare e possibilmente capire la genesi,la persistenza o il mutamento dell’opinione,soltanto allora potremo umilmente avvicinarci al fenomeno “informazione”.

Ogni scorciatoia,semplificazione o deviazione ci porterebbe fuori strada:avremmo indubbiamente perso il nostro tempo non facendo neppure un timido passo avanti verso la conoscenza.

I luoghi comuni,tuttavia, gli stereotipi , le mode e le banalità del “pensiero dominante” sarebbero, ancora una volta, salve.

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