Deformazione?

Così scriveva Francesco Fattorello nell’ottobre del 1974:

Deformazione?

Più volte in queste pagine si è richiamata l’attenzione del lettore sulla soggettività della informazione. Un articolo di un eminente penalista ci dà modo di ritornare sull’argomento.

Si tratta di un articolo pubblicato sul quotidiano romano “Il Tempo” il 1° ottobre 1974, dal titolo “Informazione o deformazione” e già il titolo ci offre occasione per dire qualche cosa e cioè che non molto appropriata pare questa distinzione. Infatti i processi di informazione (tramite il giornale o qualsivoglia altro strumento) possono sempre essere considerati come processi che informano o deformano secondo uno o altro punto di vista dei soggetti recettori.

Francesco Fattorello

Francesco Fattorello

Il fatto che un giornalista pubblichi un rendiconto su una certa mostra d’arte rilevando aspetti negativi atti a screditare la mostra stessa così da indurre il pubblico a non interessarsene, può essere giudicato dagli organizzatori della mostra come una “disinformazione” di quella iniziativa. In materia di informazione i processi muovono da un soggetto promotore tramite mezzi o strumenti atti a trasferire certi contenuti i quali sono la forma data da detti soggetti alla materia oggetto di informazione.

La forma dipende dalle facoltà opinanti dei soggetti promotori. Essi hanno facoltà di informare in quanto hanno facoltà di opinare e la varietà delle “formule d’opinione” che essi possono introdurre nel processo sono infinite e sempre “informanti” o “deformanti” se negative secondo il punto di vista dei soggetti recettori.

Sono i soggetti recettori, diretti o indiretti, coloro ai quali le informazioni possono sembrare “deformate” se divergenti dal modo di vedere, di opinare, che a loro è confacente. Il problema discende sempre dalla soggettività della informazione: soggettività del promotore e del recettore.

Che il promotore informi bene o male è una valutazione del recettore secondo il suo punto di vista; ma è sempre una informazione inserita nel tessuto dei rapporti sociali che è fatto non di informazioni buone o di informazioni cattive, ma di queste e di quelle o meglio di quelle che a ognuno di noi sembrano “buone” e di quelle che a ognuno di noi sembrano “cattive” secondo una valutazione del tutto soggettiva che fa ognuno di noi in virtù di quelle stesse facoltà opinanti con le quali il soggetto promotore le informò per noi.

Coloro che tanto discutono di informazione obiettiva (secondo il loro punto di vista professionale o politico che sia) dovrebbero tenere nella dovuta considerazione la realtà dei fenomeni dai quali non può discendere soltanto la loro obiettività.

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