Esiste un limite alla libertà di stampa ?

Il pilastro principale è senza dubbio la libertà di espressione (che nel giornalista si coniuga in diritto di cronaca nel rispetto della verità dei fatti), senza cui la stampa cesserebbe di esistere; ma questa libertà non deve mai mancare di rispetto alla reputazione altrui (in un articolo non si può diffamare un’altra persona). Per finire, la terza caratteristica principale della stampa è quella di rispettare l’interesse pubblico, senza il quale non esisterebbe la ragion d’essere del diritto di cronaca.

La “notizia di uno stupro” viene spesso trasformata in uno “stupro della notizia” in quanto è sovente che per accattivare il lettore, i giornalisti non esitino a riempire l’articolo di fatti e dettagli superflui, che non fanno altro che confondere le idee e suscitare la morbosità della gente, oltre ad alterare il valore originario della notizia.

Il limite del diritto alla libertà di espressione consiste nel rispetto dell’altrui reputazione. Risulta tuttavia possibile fare cronaca giornalistica su degli avvenimenti che riguardano un’altra persona, anche se mettono in luce la riprovevolezza della condotta, purché le informazioni siano vere e ci sia un interesse pubblico a supportare la notizia (qui ritornano i tre cardini della stampa libera e corretta).

Questa affermazione è legata alla tesi di fondo dell’articolo in quanto si può effettuare una cronaca solo nel momento in cui vi è anche un’interesse pubblico a supportarla, dove con interesse pubblico si intende il comune interesse proprio della collettività di individui che è la comunità, considerata come unità. Se questo presupposto non ci dovesse essere, allora il giornalista non è più autorizzato a scrivere e a pubblicare l’articolo.

Se Foscolo aveva stabilito come parametro di civilizzazione di un popolo la modalità con cui venivano seppelliti i defunti, a questo aggiungerei anche il livello di libertà di stampa, compreso in un più generale concetto di libertà di pensiero, che spesso viene considerata ancor più importante della libertà personale.

Infatti sin da quando è stata inventata, con i caratteri mobili di Gutenberg, la stampa è stata il mezzo preponderante con cui esprimere la propria voce e le proprie idee, e di conseguenza è presupposto e condizione di ogni altro istituto in un ordinamento democratico e tollerante.

La Costituzione italiana con l’art. 21 riconosce a tutti il diritto di esprimere liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione e il secondo comma dello stesso articolo vieta le autorizzazioni e censure sulla stampa.

Ma la libertà di stampa non coincide con il “posso dire tutto quello che voglio”, e per questo ne sono stati fissati dei limiti, non certo con l’intenzione di limitarla, quanto con quella di tutelare la libertà di tutti.

Il fulcro della libertà di stampa è innanzitutto la verità. Il giornalista deve necessariamente attenersi alla verità fattuale, senza fantasticare sull’accaduto, e secondo poi non deve ledere la reputazione altrui.

Quand’anche questi due presupposti venissero rispettati, rimane tuttavia sempre al centro il problema di quanto una notizia sia oggettiva in qualsivoglia contesto, che sia politico, sociale o giuridico. Può infatti il giornalista o lo scrittore dire e riportare fatti senza minimamente influenzare questi con la sua opinione, la sua educazione o il suo pensiero?

Possiamo essere certi che le notizie che riceviamo non siano alterate in qualche modo, considerando che tutti i mezzi di comunicazione sociale dipendono da una proprietà, da un gruppo di potere economico o ideologico che hanno come obbiettivo primario l’adesione di opinione dei ricettori?

No, questo è sicuramente impossibile, in quanto il fatto in se non potrà mai entrare in un giornale o in una televisione, ma sarà sempre soggetto all’interpretazione dell’autore e all’approvazione di un suo superiore.

Informare significa infatti “dare forma” ad un fatto, “vestirlo”: il giornalista dà forma a ciò che intende trasmettere al proprio recettore ai fini del consenso; ma in questo non si deve necessariamente vedere un lato negativo, in quanto, purché alla base via sia una verità, la libertà di stampa consiste proprio nel poter esprimere la propria visione della realtà.

Per fare un esempio, se un giornalista novizio assistesse ad un incidente in cui un’auto urta un motorino e ne sbalza fuori il conducente, senza grandi danni, ma comunque con qualche contusione, ne verrebbe fuori un’articolo in cui tutto viene reso in modo melodrammatico e terribile.

Se invece allo stesso incidente assistesse un giornalista inviato di guerra, che ha assistito alla violenza e alla brutalità degli scontri bellici, ne scriverebbe un articolo di neanche due righe.

L’informazione giornalistica non rispecchia, dunque, la realtà quanto, piuttosto, valorizza frammenti di realtà, che appaiono interessanti in base alle contestualizzazioni di natura culturale, politica, economica e sociale.

Il giornalista non è obiettivo e non perché non vuole, ma semplicemente perché non può; però ha un obiettivo: ottenere il consenso del recettore, perché senza consenso non c’è comunicazione.

L’uomo, sia esso uno scienziato, uno storico, un giornalista, non può uscire dalla propria soggettività: pertanto, coloro che credono di essere obiettivi, esprimono solo la loro verità.

Alla luce di queste considerazioni potremmo domandarci se la nostre opinioni non siano altro che il frutto di quelle altrui, che riceviamo passivamente dalla lettura del giornale o dalla visione di un telegiornale. Ma fortunatamente la risposta è no, in quanto, grazie alla pluralità dell’informazione (altro pilastro della libertà di stampa), le persone possono estrapolare, dalla grande quantità di dati che ricevono, la loro personale idea sull’argomento.

Occorre infatti assumere come principio inderogabile il carattere relativo e costruzionistico della realtà. Solo così sarà possibile “informarsi” senza l’illusione di “possedere” la verità : ovviamente dipenderà dai singoli interessi e dalle personali convinzioni socio-politiche e culturali, assumere come “propria” una determinata visione, ma partendo però dal presupposto che si legge solo una delle tante possibili ricostruzioni di un determinato evento e che sia comunque opportuno leggere diverse interpretazioni dello stesso fatto, non per ricercare una verità che appare probabilmente irraggiungibile, ma al fine di possedere delle alternative, valide o meno, di giudizio.

Ogni ricostruzione – o quasi – potrà così possedere i requisiti di veridicità, in quanto grazie all’onestà intellettuale di chi scrive, il lettore saprà a priori che il fatto è stato costruito secondo la visione più obiettiva possibile, ovvero la propria.

Ma la libertà di stampa non é purtroppo prerogativa di tutti i paesi. Nei regimi assolutistici non si riconoscono libertà all’individuo che infatti è considerato suddito e non cittadino, quindi non soggetto di diritti.

Se tutti infatti possono esprimere le proprie idee significa anche che possono essere divulgati pensieri e punti di vista diversi quelli conformi al potere politico e ciò potrebbe significare mettere in crisi e danneggiare la classe governante, che per questo motivo cerca di eliminare il problema vietando la diffusione di ideali diversi da quelli conformi attraverso la censura, ovvero rendendo necessarie autorizzazioni preventive.

E questa non è certo una novità. Sin dall’antichità, e addirittura prima di Cristo, si annoverano i primi esempi di censura, attraverso la quale si eliminavano bruciandoli i libri che erano considerati pericolosi e molto spesso condannando al rogo i loro autori.

Si potrebbero fare numerosi esempi di questi avvenimenti, ma di sicuro il più conosciuto riguarda “l’Indice dei libri proibiti” emanato dalla chiesa sotto Papa Paolo IV nel 1559, per evitare il diffondersi di eresie nei fedeli cattolici, e durato addirittura fino al 1996, dopo essere stato aggiornato almeno venti volte. Una celebre vittima dell’indice fu il teologo tedesco Martin Lutero, che dopo numerose controversie e peripezie, la spuntò da vincitore e diede vita alla chiesa protestante. Ma non tutti furono fortunati come lui, e per trovarne un esempio basta guardare la biografia dello scienziato pisano Galileo Galilei, che fu costretto ad abiurare le sue teorie in nome del cristianesimo, poiché andavano contro i dogmi della fede cattolica, nonostante la loro veridicità che fu dimostrata più tardi.

In epoca più recente si può citare la censura operata dal regime durante il ventennio fascista, che puntava a oscurare ogni contenuto ideologico alieno al fascismo o considerato disfattista dell’immagine nazionale, ed ogni altro tema culturale considerato disturbante il modello stabilito dal regime.

Infine come un ulteriore esempio che riguarda l’attualità, l’epoca del coronavirus, si può citare il controverso comportamento del governo cinese, regime totalitaristico, che sembra abbia nascosto, o perlomeno fatte trapelare in ritardo e in modo filtrato, le notizie sulla vera origine del virus e i dati del decorso dell’epidemia per diversi motivi che in qualche modo potessero nuocere all’immagine della nazione stessa. L’Europa sembra essere attualmente il continente dove maggiormente è garantita la libertà di stampa ed è più facile esercitare il mestiere di operatore dell’informazione, anche se con qualche ombra.

Tuttavia, secondo il World Press Freedom Index 2020, documento che contiene la classifica mondiale delle nazioni più virtuose dal punto di vista del diritto ad informare e ad essere informato, presentato i primi di maggio a ridosso della Giornata mondiale della libertà di stampa, si sta entrando in un decennio decisivo per il giornalismo, anche a causa della crisi del coronavirus.

L’edizione 2020 del rapporto suggerisce infatti che i prossimi dieci anni saranno fondamentali per la libertà di stampa, per via di una serie di crisi convergenti. Una crisi geopolitica, dovuta all’aggressività di regimi autoritari nei confronti dei giornalisti. Una crisi tecnologica, per cui l’assenza di una regolamentazione adeguata nell’era della comunicazione digitale ha creato il caos delle informazioni. Propaganda, pubblicità e giornalismo sono infatti in diretta concorrenza. In ultimo, una crisi economica che ha causato l’impoverimento del giornalismo di qualità.

Concause di una situazione a cui si è aggiunta l’emergenza sanitaria mondiale, e alcuni aspetti della pandemia minacciano il diritto delle persone di avere a disposizione informazioni affidabili.  Sulla gravità del problema è necessario richiamare l’attenzione di tutti gli italiani consapevoli.

La libertà della stampa è sempre cosa preziosa; ma nei periodi di sottogoverno, e di mal costume politico, è una necessità vitale e inderogabile. Nessuna sventura maggiore potrebbe cadere oggi sul nostro Paese di quella rappresentata da una stampa imbavagliata, o intimidita, o costretta al conformismo.

Fonti:

  • “Cenni di diritto dell’informazione” di Alberto Alvazzi del Frate, 1992.
  • Lifegate 20, “reporter senza frontiere”
  • “La Tecnica Sociale dell’Informazione” di Francesco Fattorello