“Novella 2000”: un’informazione all’italiana

Facoltà di Sociologia – Corso di Laurea specialistica in Editoria, media e giornalismo – Tecniche Di Relazione, prof. Giuseppe Ragnetti

“Novella 2000”: un’informazione all’italiana

a cura di Orazio Martino

  • Introduzione
  • Profilo, curiosità ed orientamento della rivista
  • Opinioni su opinioni
  • Conclusioni

Introduzione

Viviamo in un Paese dove il gossip, la notizia facile, lo scoop, la comunicazione contingente, dominano le passioni di una miriade di esseri comunicanti, che a malapena riescono ricompattare i pezzi per un’efficace difesa. Si pensi alla generazione odierna di mamme casalinghe, la cui domenica è spesso incentrata sulle pulizie e sulla TV accesa 24 ore su 24: salotti, dibattiti, Giletti e l’informazione diventa scoop, la comunicazione sensazione. Si opta per una trasmissione nazional-popolare, che attira ed è convinta di nascondersi dietro la maschera di una cultura che non c’è.

Questioni che acchiappano, dibattiti che si infiammano, scenate programmate, liti e parolacce; la comunicazione è diretta, e data la superficialità, l’assorbimento immediato. Di certo non si mira a infrangere la muraglia del pudore, ma tutto appare confuso, ambiguo: pensate alle bravate di alcuni conduttori televisivi, in merito alle quali vengono immediatamente espresse scuse pubbliche. In Rai si tenta di comunicare tramite un’immagine sobria e classica (si veda la razionalità di un conduttore come Bruno Vespa), sulle reti Mediaset invece si punta più al lato giovanile, immediato e rischioso dei contenuti (trasmissioni quali Lucignolo meriterebbero il linciaggio mediatico). Ma se c’è un mezzo che più d’ogni altro continua a perpetrare la sua filosofia tutta scoop e spazzatura commestibile questo è Novella 2000, quanto di più obbiettivo si possa immaginare in un mezzo di comunicazione al giorno d’oggi.

Novella 2000 è la rivista più schierata e parziale d’Italia, con un’identità e target di ferro, l’obiettivo è uno solo: farsi i fatti degli altri, e cosa c’è di meglio sotto un sole estivo che spulciare nei fatti della gente altrui?

Mediatori infallibili, i paparazzi sono il motore della rivista, il male che Fabrizio Corona vorrebbe estirpare. Se nell’esempio televisivo le nostre casalinghe non hanno alcuna responsabilità (perché una volta accesa, è la “scatola” che decide per loro), con Novella 2000 il confine si fa più sottile: chi acquista la rivista lo fa perché intende ricevere quel particolare tipo di informazione detta in quel preciso modo. Novella non fallisce un colpo: contenuti futili, fotografia rizza capelli ed articoli fini a se stessi.

Profilo, curiosità ed orientamento della rivista

Gossip: “parlare ozioso, diceria insignificante o senza fondamento […], indifferentemente parlata o scritta, soprattutto a proposito di persone o di fatti concernenti la comunità”.

Oxford English Dictionary

In Italia, dove il calcio è lo sport più popolare, anche i suoi fautori sono considerati V.I.P. (very important person). Questa banda di milionari sulla cresta dell’onda non può sbagliare una mossa , che si tratti di questioni pubbliche o private. Alle loro spalle si muove una combriccola di fotografi d’assalto, pronti ad immortalarne qualsiasi passo falso, caduta di stile od infatuazione amorosa. Loro sono i paparazzi, e Novella 2000 la madre superiora.

Paparazzo è un termine coniato da Ennio Flaiano negli anni Cinquanta, la madre superiora esiste dal 1919, e questo è un dato di fatto impressionante. Da quell’anno, infatti, non smetterà mai di pubblicare i suoi articoli, incentrati sul pettegolezzo e roba simile, con un profilo culturale dichiaratamente basso.

Il fatto che esista da 90 anni dimostra come in Italia sia sempre attiva quell’oziosa frangia interessata più al gossip che alla cultura in generale. Novella 2000 vi sbatte in faccia le sue “notizie”. Contenuti spesso graffianti si abbinano impeccabilmente ad immagini che sfociano nel volgare, per non parlare dei titoli, autentici pugni nello stomaco per l’impatto sensazionalistico che possiedono. Nel corso degli anni, la rivista ha dovuto vedersela con una concorrenza agguerrita, in più c’erano le denunce dei diretti interessati (politici, attori, calciatori). Escludendo alcune cadute sporadiche, il riscontro in denaro non è cambiato, così come il suo accanito pubblico, fedele a masticar spazzatura piuttosto che orientarsi sulla lettura di un articolo critico firmato Aldo Grasso sul Corriere Della Sera.

Gente poco disposta trova in Novella 2000 panne effimero per i suoi denti, la rivista è chiarissima, obiettiva, conservatrice: tratta uguali tematiche da circa 90 anni. L’identità del pubblico è parecchio variegata, si va dalle studentesse che fanno economia alle nonne sessantenni poco propense ai film d’azione. A partire dal 2002, Novella 2000 ha subito un imperscrutabile lifting cartaceo, adeguandosi alle imminenti potenzialità offerte dal mezzo internet, approfittando quindi dell’enorme risonanza offerta. Nel 2008 la direzione viene affidata a Candida Morvillo, classe 1974.

La RCS mediagroup punta molto su questa trentenne napoletana, donna verace la Morvillo. Il primo numero della nuova gestione è incentrato sullo scoop d’altri tempi, destinato a stravolgere una volta per tutte i canoni del modo di fare gossip in Italia. In copertina campeggia un’immagine del ministro Gianfranco Fini beccato in intime effusioni con la sua compagna Elisabetta Tulliani. La notizia è presentata come l’anticamera della svolta di Novella: niente più overdose di veline e calciatori, bensì maggiore spazio a personaggi finora rimasti dell’ignoto, politici e imprenditori su tutti. Anche il gossip ha le sue strategie.

Lo stile della Morvillo coincide con il Dna di quella che dovrebbe essere una rivista di gossip: notizie senza mezzi termini, confessioni sparate in faccia come acqua bollente, domande e risposte senza filtraggio o censura. Si scava nei personaggi senza giri di parole, con trasposizioni semplici ma aggressive. Titoli quali “Ecco la compagna segreta di Carlo Conti, lui vuole un figlio da lei!” oppure “Clamoroso: nuovo incontro segreto tra Elisabetta Canalis ed il calciatore Drogba, a Los Angeles” accompagnati dalla foto di rito godono di un impatto sensazionalistico diretto e circonciso. “Carlo Conti, ah quello che presenta Miss Italia” potrebbe essere la reazione di un lettore qualsiasi.

Quello di Novella, invece, mai soddisfatto, va a cercare nell’articolo l’approfondimento gli cambierà la vita. Il potere del gossip è anche questo: qualcosa di sbagliato ed inspiegabile ma che arriva dritto al bersaglio. Ci sono anche casi di VIP che vengono pagati fior di quattrini per architettare uno scoop con tanto di copione in mano. La notizia può essere vera o falsa, l’importante è che abbia effetto. La notizia scorre talmente veloce che non si bada minimamente ad analizzarne il suo contenuto di verità. Come può un articolo di gossip essere sottoposto a critica se la realtà è una sola e la si acchiappa facilmente?

Il giornalista di tale rivista mira ad ottenere semplicemente un adesione di opinione tempestiva e contingente da parte del suo lettore a quanto egli suggerisce. Uno si avvale degli “stereotipi”, l’altro si preoccupa di rispettare i valori atti a formare attitudini profonde. Il risultato è quella che potremmo definire informazione contingente, in opposizione ad un’altra non contingente. Tempestiva e contingente è l’informazione il cui valore si identifica nel momento più utile, più opportuno per ottenere la più piena ed immediata adesione del recettore all’opinione sulla quale lo si richiama[1].

Dal parrucchiere, Novella 2000 approfitta della gente che non è disposta, in pieno pomeriggio, a leggere qualcosa di serio. Da un dentista non troverete mai una copia dell’Internazionale, c’è troppa tensione per addentrarsi in un articolo di politica estera. Ed ecco che interviene Novella 2000, con il suo carico di superficialità disarmante e scatti da night club, una sfogliata generale e via in sala operatoria. Potremmo anche comprenderli, i pazienti di un dentista, o di un parrucchiere, basta mettersi nei loro panni.

Un altro conto è chi, settimanalmente, entra in edicola e si accaparra l’ultimo numero della sua rivista preferita. Un conto è la situazione, le circostanze (l’esempio dei pazienti), altra cosa è la volontà di mettersi la giacca ed uscire per comprare Novella 2000.

Per non parlare degli abbonati. Come si può resistere a classifiche tipo “I Re e La Regina del Gossip Italiano”, stravinti nel 2008 da Simona Ventura e Fabrizio Corona! Briatore- Gregoracci la coppia maggiormente bastonata, “tradimenti e matrimoni” le notizie che la gente vuole sentire. Il sondaggio è stato inoltrato a 350 donne appassionate di cronaca rosa, di età compresa fra i 18 e i 55 anni, contattate telefonicamente. Secondo la stessa indagine, la televisione sarebbe il campo ideale per piantare i semi del gossip.

Opinioni su opinioni

“L’opinione è per colui che si occupa di informazione come la farina per il fornaio. E’ la base da cui partire affinché il prodotto finito  risulti gradevole e soddisfi il pubblico – cliente.”[2] Eccovi svelato il trucco: dietro la sua inutilità, Novella 2000 nasconde quanto di più predatorio in tattiche comunicative si possa immaginare. Alla gente che si domanda “Novella 2000, sono anni ormai che si trova in edicola, e non riesco ancora a capire come facciano le persone a leggere tanta banalità” si risponde chiaramente: difficilmente la rivista cesserà di esistere, perché difficilmente da un giorno all’altro la gente cesserà di acquistarla.

A quelli sottolineano che “spesso le notizie sono fasulle” la riposta sta nell’importanza che il poco o nulla di ciò che osserviamo o leggiamo viene, nella maggior parte dei casi, sottoposto a filtraggio. “Non si trasmette mai la realtà tale e quale ma sempre e solo la sua forma”[3]. La realtà ha urgente bisogno di essere manipolata, la capacità di Novella sta proprio in questo: comunicare la realtà nel modo più vicino possibile al suo recettore. Se poi l’identità di tale destinatario sarà ben squadrata allora il percorso di avvicinamento risulta ancora più semplice. La coloritura, l’interpretazione, la semplicità diventano i cardini dell’informazione all’italiana di Novella 2000.

Quanto ce piace chiacchierà” diceva la Ferilli in uno spot. Inoltre la rivista ha un target ben preciso, assolutamente schierato, una bordata di fans che raramente intraprende altre letture. Possono tradire la “madre”, ma è difficile che si stacchino dal filone gossip. La formula d’opinione di un giornalista che scrive per un determinato soggetto recettore sarà fortemente condizionata da tale recettore. La realtà è noiosa, la realtà non può essere comunicata, la realtà di novella è bombardata dallo scoop e inzuppata nel pettegolezzo. Ciò che ne vien fuori è qualcosa di surreale. “Perché non spacciare lo zucchero che quel VIP ha in mano per cocaina?” è un ragionamento tipico, il problema è che si è smarrita la realtà.

Sfogliare Novella 2000 è un piccolo vizio che tutti noi abbiamo indistintamente dal sesso a cui si appartiene. Fa parte della nostra cultura, la curiosità è di casa nostra”. Un’informazione all’italiana, non c’è titolo più appropriato. Quanto a noi studenti, un pizzico di curiosità può essere anche genuina, ma attenzione a non andare oltre.

Conclusioni

Qui non si tratta di essere persuasi da qualcosa di occulto che proviene dall’esterno, chi spende 2 euro per la rivista lo fa perché è la sua volontà lo decide. Il ricettore non è più un soggetto passivo, ma un soggetto opinante di pari dignità che interagisce sempre e comunque con il promotore[4].

La soggettività del promotore, come quella del ricettore, è determinata da tutte quelle circostanze psicosociali che la condizionano[5], e l’Italia non è mica la Svezia, giacché è tradizione qui da noi essere informati sulla vita di chi ha due piedi nel mondo dello spettacolo. Gli italiani sono immersi fino al collo nel mare del consumismo mediatico, dell’omologazione all’informazione dell’attualità. Uno dei principali motivi per cui l’informazione pubblicistica raggiunge facilmente il suo scopo sta nel fatto che essa è alleata dell’ignoranza del ricettore[6].

Di certo Novella contribuisce al meschino gioco, ma da cosa dipende questa enorme ascesa? Certamente dal lettore. Esisterebbe ancora Novella 2000 se nessuno la comperasse? “Dio preservi coloro che ama da letture inutili”, diceva un vecchio filosofo.


[1] – Francesco Fattorello, Teoria della tecnica Sociale dell’Informazione, 2005, Quattro Venti, Urbino

[2] – Giuseppe Ragnetti, Opinioni sull’opinione, pag. 17, 2006, Quattro venti, Urbino.

[3] – Giuseppe Ragnetti, Opinioni sull’opinione

[4] – Francesco Fattorello, Teoria della tecnica Sociale dell’Informazione, 2005, Quattro Venti, Urbino

[5] – Francesco Fattorello, Teoria della tecnica Sociale dell’Informazione

[6] – Francesco Fattorello, Teoria della tecnica Sociale dell’Informazione

Il teatro dello spettatore … palcoscenico del mondo

UNIVERSITA’ DEGLI STUDI “CARLO BO” URBINO – Laurea specialistica in Editoria Media Giornalismo – Tecniche di relazione – Prof. Giuseppe Ragnetti

“Il teatro dello spettatore … palcoscenico del mondo”

a cura di Adele Frosina


“La poesia non sta solo in chi scrive, ma soprattutto nell’orecchio di chi ascolta”  [R.Benigni]

Tutta la poesia, non solo quella teatrale, è sperimentazione. Ma un libro, un’opera d’arte, non mutano se stessi, al contrario della figura dell’attore teatrale, sempre in contatto col suo pubblico, aperto ad ogni cambiamento e ad intuizioni fino a quel momento probabilmente a lui sconosciute. Bisogna quindi fare una distinzione tra evento teatrale e spettacolo: il primo si svolga in uno spazio/tempo reale, in cui tutti sono parte attiva, sia attori che spettatori. Il secondo è definibile pura “rappresentazione”, in cui l’attore si limita ad essere un preciso esecutore, passivo come il suo pubblico, dell’autore o del regista.

Fatta questa premessa, si potrebbe dire che l’arte scenica in generale è l’unica forma in cui potrebbe (o meglio dovrebbe) avvenire una graduale e lenta mutazione, ovviamente parziale e momentanea, più o meno grande, di tutti i partecipanti al processo.

Il teatro diventa quindi sinonimo di sperimentazione, poesia vivente, l’evadere da un qualcosa di già noto, conosciuto e reale. La presenza del pubblico è essenziale, prescinde dalla quantità, dal numero dei partecipanti, ma non dalla qualità; quest’ultimo aspetto si avvicina a caratteristiche come la disponibilità, la fiducia mentale e fisica, la passione, e perché no, il rischio. Allora teatro come palcoscenico del mondo, dove ognuno dovrebbe recitare la propria parte, togliendo l’ego, il superfluo, per contribuire, anche se in minima parte, alla trasformazione del mondo stesso. Ma non solo. Teatro come la vita, ma non in quanto metafora, bensì come una tecnica di conoscenza che lascia tracce tangibili solo nella memoria.

Si tratta di una pratica artistica collettiva, dove sono essenziali la creatività dei partecipanti oltre alle relazioni che si stabiliscono fra di loro; è una sorta di catena, di circuito, che investe sulla committenza come elaborazione, condivisa, partecipativa, che elabora stimoli e suggerisce spunti di riflessione, spesso sulla società stessa.

A riguardo, sono interessanti le dichiarazioni di Edoardo Sanguineti, Professore di letteratura e autore di teatro, critico, saggista: «Si comunica, a principio, con una ristrettissima cerchia di complici. Poi, quando accade, se accade, l’uditorio si allarga, e l’orizzonte dei destinatari, ma sarebbe più esatto dire dei committenti, si dilata, e diviene un pubblico vero. […] Mancando la committenza, manca anche un’idea del teatro, e questa committenza, se non vuole rimanere una specie di desiderio informe deve articolarsi in istituzioni concrete. È a partire dalla committenza, intesa anche come centro in cui vengono amministrate e regolate le risorse che necessariamente devono sostenere il teatro, che si articola l’operatività di quel fatto comunitario che è appunto il teatro, il quale si alimenta del corpo stesso della società e lo attraversa e ne fluisce fino allo spettatore. […] La poesia non è una cosa morta, ma vive una vita clandestina.»

È a questo punto che si inserisce l’intuizione o la provocazione di Massimo Munaro, regista teatrale. Massimo Munaro e il Teatro del Lemming propongono un nuovo tipo di operazione  drammaturgica: il mito, la fiaba, la tragedia, diventano “attuali” per tutti perché vissuti in presenza, in prima persona, sulla propria pelle e attraverso i propri sensi.

Il suo Teatro dello Spettatore, vuole essere una provocazione nei riguardi della crisi di committenza del teatro contemporaneo italiano (come già aveva presagito Edoardo Sanguineti). Si tratta di fare teatro in maniera del tutto innovativa, mirando a focalizzare l’attenzione sugli spettatori e non sugli attori, dando loro ogni priorità e coinvolgendoli in un processo creativo soprattutto nel momento della realizzazione scenica (durante la quale il soggetto recettore viene invitato ad abbandonare ogni passività per contribuire alla rappresentazione). Così facendo lo spettatore diventa anche committente, portatore attivo di domande, a cui il teatro è chiamato a dare delle risposte come in una sorta di democrazia in cui a prevalere sono  i rapporti diretti.

Il Teatro del Lemming è una compagnia di Rovigo che da alcuni anni, propone spettacoli teatrali che coinvolgono lo spettatore nella drammaturgia mitologica, un viaggio nel teatro e nel mito. Privi di ogni tipo di accessorio o di strumenti più o meno tecnologici, gli spettatori vengono invitati a rivivere su se stessi il mito dell’eroe greco. In Odisseo, ad esempio, i protagonisti divisi in gruppi vengono condotti in diversi luoghi degli scavi archeologici di Ostia; ogni spettatore intraprende il viaggio di Ulisse da Troia ad Itaca incontrando e rivivendo la nostalgia di Penelope, le Sirene, il Ciclope o la maga Circe. Ma non solo, dopo aver vissuto la morte dei soldati troiani tra le proprie braccia ed aver assistito al pianto delle donne, ci si ritrova ad Itaca dove attori e spettatori si rincontrano intorno ad una tavola imbandita. L’esperienza iniziata con il pubblico riunito, identificato con gli Achei, ha poi caratteristiche diverse per ognuno che può essere stato condotto da Hermes o da Atena; nel finale il pubblico arriva ad Itaca, brinda con vino rosso e poi viene congedato. Ripetutamente lo/gli spettatore/i viene messo al posto del personaggio/i principale/i, e può così occupare il posto di Edipo, di Amore o di Psiche, e via discorrendo. Gli attori facilitano solo il viaggio.

Ogni particolare viene pensato per fare incontrare la figura dell’attore con quella dello spettatore, in un dialogo non verbale bensì basato sul linguaggio del corpo che si verifica in uno spazio e in un tempo comuni. Contro la mera rappresentazione, contro una fruizione distaccata, specchio di una temibile passività, l’esperienza sensibile di incontro dei corpi riafferma il teatro come luogo privilegiato in cui la vita accade e non si simula soltanto. Lo spettatore è chiamato personalmente, attraverso i sensi, a rivivere l’esperienza mitica e a far suoi i sentimenti del protagonista. Ed è questo il motivo per cui gli spettacoli presuppongono sempre una partecipazione del pubblico limitata. E’ un teatro del corpo, che non esita a mettere lo spettatore anche in una condizione di vergogna o imbarazzo, mettendo a nudo ogni emotività.

Trenta persone per ricostruire l’identità molteplice e multiforme di Odisseo. Due soltanto per Amore e Psiche, la favola che, attraverso una sorta di iniziazione amorosa, narra la difficoltà della fusione con l’altro. Nell’Edipo una sola persona è introdotta nello spazio teatrale, privato degli effetti personali e reso cieco da una benda nera, è costretto a compiere o a condividere gesti diversi. E nel Dioniso, infine, nove spettatori guidati ciascuno da un partner di scena, si perdono in uno smarrimento fisico, in un crescendo di esperienze sensoriali.

Odisseo del Teatro del Lemming è una lunga e folgorante emozione che assale lo spettatore con la violenza di un’onda solitaria che in una notte calma come il mare d’estate ti scaraventa verso l’abisso tra correnti irresistibili e mostri delle profondità, per poi lasciarti risalire lentamente verso la superficie piatta incredulo e quasi disorientato […].

E’ un teatro che azzera il distacco tra spettatori e spettacolo, che annulla i ruoli per reinventarne altri, per dire al pubblico: “tu sei Ulisse” e chiedergli di viaggiare, carico delle colpe dell’eroe acheo e dei tormenti personali, attraverso cento diverse odissee, quant’è il numero degli spettatori. E’ il teatro da essere, non quello da vedere, in cui lo spettacolo deve significare esperienza dialettica, dinamica, fisica, sensoriale. Un teatro che parla alle emozioni, che chiede libere associazioni al pubblico e al testo […]. Una poetica impegnativa, quella del Lemming, sostenuta da un lavoro tecnico colossale sulle rigorose partiture per i bravissimi attori […] e sullo studio meticoloso dello spazio che qui si moltiplica in tre diversi percorsi simultanei, che troveranno la loro unità solo nella consultazione finale degli spettatori attorno a un banchetto di frutta e vino”. (Estratto rassegna stampa Il Messaggero, 18 agosto 2000, Gian Maria Tosatti)

L’arte si fa quindi interprete del pensiero dell’autore. Facendo un salto nel passato ad esempio, anche Luigi Pirandello si occupò di teatro; drammaturgo, scrittore e poeta italiano, vinse un premio Nobel per la letteratura nel 1934. Pirandello parla di “teatro dello specchio”, perché in esso viene raffigurata la vita vera, quella nuda, amara, senza la maschera dell’ipocrisia e delle convenienze sociali, come se lo spettatore si guardi in uno specchio così come realmente è, e diventi migliore. Definito come uno dei grandi drammaturghi del XX secolo, scriverà moltissime opere, alcune della quali rielaborazioni delle sue stesse novelle, che vengono divise in base alla fase di maturazione dell’autore: in una prima fase si occupa del teatro siciliano, poi di quello umoristico, poi del teatro nel teatro (o metateatro) e infine del teatro dei miti. Nella penultima fase, per Pirandello, il teatro deve parlare anche agli occhi non solo alle orecchie; decide quindi di mettere in atto una tecnica teatrale usata da Shakespeare, “il palcoscenico multiplo”, in cui vi può per esempio essere una casa divisa in cui si vedono varie scene fatte in più stanze contemporaneamente.  Il mondo si trasforma sul palcoscenico. Pirandello inoltre abolisce il concetto della “quarta parete”, cioè la parete trasparente che sta tra attori e pubblico per coinvolgere il suo pubblico che non deve essere più passivo poiché rispecchia la propria vita in quella agita degli attori sulla scena.

E’ nel dramma Ciascuno a suo modo (1924) che si incastrano tre diversi piani prospettici: quello della vita reale, quello della rappresentazione scenica e quello degli spettatori. Mentre in Questa sera si recita a soggetto (1929), affronta il problematico rapporto tra attori e regista, con il coinvolgimento del pubblico.

Nel ’25 Pirandello aveva assistito, in Germania, ad una messinscena del suo Sei personaggi, a cura del regista tedesco di scuola espressionista Max Reinhardt, ed è proprio contro tale tipo di regia che Pirandello si scaglia. La regia tedesca del periodo espressionista prevedeva l’eliminazione di qualsiasi elemento naturalistico, scenografie essenziali ed astratte, ed una recitazione, da parte degli attori, spersonalizzata e straniante. Il testo dell’autore, poi, perdeva valore a vantaggio della libera e soggettiva interpretazione datagli dal regista. Pirandello condivideva solo in parte tali posizioni: il rifiuto per le scenografie sovraccariche ed eccessivamente decorative, così come la libertà della messinscena attuata dal regista.

Agli attori, Pirandello raccomandava di sentire interiormente, immedesimarsi nel personaggio .