La società dell’informazione

UNIVERSITA’ DEGLI STUDI “CARLO BO” URBINO – Laurea Specialistica in Editoria Media Giornalismo – Elaborato per l’esame di Tecniche di Relazione – Prof. Giuseppe Ragnetti

La società dell’informazione

a cura di: Rosa Martielli

L’informazione è una manifestazione dell’associazione umana, una delle dinamiche del vivere in società. Essa è dunque, a tutti gli effetti, un fenomeno sociale che si concreta mediante una tecnica sociale in grado di agire sull’opinione altrui.

Il processo dell’informazione si concreta nel rapporto tra i due termini principali, entrambi opinanti e attivamente partecipi: il Soggetto Promotore ed il Soggetto Recettore.

Il Promotore è colui che da inizio al processo informativo prendendo l’iniziativa di interpretare e trasmettere un contenuto, mentre il Recettore è colui che riceve questo contenuto e lo reinterpreta a sua volta.

Occorre fare delle precisazioni sull’oggetto dello scambio informativo, ossia il contenuto. Il contenuto dell’informazione non è, come si potrebbe pensare, la cosa, il fatto o l’ideologia che si vuole comunicare a qualcun altro; l’evento in sé per sé indubbiamente esiste – ad esempio possiamo voler informare un amico della morte del Papa o del discorso di un leader politico – , ma non è questo che entra nel rapporto informativo tra Promotore e Recettore.

Infatti il Promotore non comunica mai l’evento in sé, bensì la rappresentazione che si è fatto di esso, la sua personale e soggettiva interpretazione.

Per dirla in altri termini, quella che viene trasmessa è la sua opinione sull’evento in questione.

L’opinione si concretizza nella forma che il Promotore le da e che raggiunge il Recettore, il quale a sua volta da inizio un’ altra fase del processo. Egli infatti, una volta ricevuto il contenuto, non si limita ad accettarlo passivamente. Al contrario lo interpreta nuovamente in base alle sue idee, ai gusti ed ai principi in cui crede; dopo di che è pronto a trasmettere la sua forma/opinione ad altri recettori.

Quando Il Recettore riceve un’opinione ha dunque quella che viene definita una “reazione d’opinione”, che è parte integrante e finalità del processo informativo.

Se quest’ultimo ha successo, si avrà un’ “adesione d’opinione” , che è ciò che si proponeva d’ottenere il Promotore nel dare il via al processo informativo.

Infatti non esiste nessun tipo di informazione pura, disinteressata, messa in atto senza alcuno scopo: il promotore di informazione ha sempre la finalità – anche inconsapevole – di ottenere un’adesione all’opinione, alla propria personale interpretazione della realtà di cui si parla.

È raro che questa adesione da parte del recettore sia totale, ma anche se parziale è pur sempre un risultato raggiunto, il segno che il processo informativo è andato a buon fine.

Un altro mito da sfatare riguarda l’esistenza di una informazione obiettiva: nel rapporto informativo non si può mai parlare di obiettività o di oggettività. Questo perché, come si è visto, tanto il Promotore quanto il Recettore sono fortemente influenzati, nel dar forma ad un contenuto, dalle proprie personalità, da interessi, gusti, idee e motivazioni strettamente personali.

Ne consegue che la distinzione che viene spesso fatta da alcune scuole di giornalismo tra i “fatti” e le “opinioni” non ha ragion d’essere: un giornalista, o chi per lui, non potrebbe mai essere neutrale ed obiettivo, nemmeno se fosse animato da tale intenzione.

Egli trasmetterà sempre la forma che ha dato a ciò che ha interpretato e con essa cercherà di rappresentare agli altri quella cosa, quell’ evento o quella ideologia.

È altresì importante che questa forma sia dotata di una carica sociale tale da riuscire a determinare un’adesione d’opinione da parte del recettore. La carica sociale dipende anche dal fattore di conformità che viene dato all’informazione, che deve essere tale da riuscire a raggiungere i recettori nel loro punto più sensibile, nei loro interessi, in altre parole deve saper colpire la loro curiosità.

Ovviamente occorrerà un’approfondita conoscenza dei recettori, dei loro gusti e delle loro aspirazioni.

Dell’analisi del recettore si occupano da tempo discipline come la Sociologia o la Statistica; il loro compito tuttavia è reso molto difficile dall’alto grado di eterogeneità dei recettori, specie quando si tratta di un gruppo molto vasto, come ad esempio il pubblico destinatario di una campagna pubblicitaria. Ricapitolando, possiamo affermare che il fenomeno sociale dell’informazione consta di due fasi: la prima inerisce al rapporto tra il Promotore e la forma che da a ciò che è oggetto di informazione; la seconda al rapporto tra il Recettore e la forma che gli è stata trasmessa (cioè alla reazione di opinione).

Dalla convergenza di queste due fasi abbiamo l’informazione, che è la risultante di un duplice processo di interpretazione: prima da parte del Promotore e poi da parte del Recettore.

Occorre inoltre specificare che questo processo è parte integrante delle dinamiche sociali e non esiste in astratto, avulso da esse.

Al contrario il singolo processo informativo è solo un insignificante anello di una catena infinita di molteplici rapporti informativi che si intersecano, si sovrappongo e si susseguono tra loro.

Esistono due forme di informazione: l’informazione contingente (detta anche pubblicistica) e l’informazione non contingente; esse si distinguono sia per le modalità con cui si attuano che per le finalità che si propongono.

L’informazione contingente ha come contenuto opinioni contingenti, momentanee e stereotipate, e si propone di ottenere un’adesione d’opinione immediata da parte dei recettori.

Per fare ciò occorre che il processo informativo sia quanto più possibile tempestivo, ossia si sfrutti al meglio il momento più adatto e conveniente affinché la notizia renda al massimo, provochi cioè la massima adesione.

Il consenso ottenuto così velocemente è però estremamente labile; ciò è dovuto in parte al fatto che è irrazionale, in parte al fatto che una miriade di informazioni contingenti bombardano l’individuo continuamente, dunque esse durano poco, vengono facilmente rettificate o sostituite.

L’informazione non contingente ha come contenuto opinioni cristallizzate e valori insiti nella società di riferimento, e si propone di ottenere una adesione lenta e graduale, ma proprio per questo razionale e duratura.

Il processo in questo caso si caratterizza per la lentezza, indispensabile affinché vi sia una totale e profonda assimilazione da parte dei recettori, che in questo caso sono perlopiù gruppi omogenei e duraturi.

L’esempio più lampante di informazione non contingente è senza dubbio il rapporto tra gli studenti e il loro maestro: un rapporto che dura negli anni e che mira alla formazione profonda e graduale di soggetti che siano poi in grado di vivere e interagire nel sistema culturale e valoriale della società d’appartenenza. Infatti, mentre ciò che si apprende mediante l’informazione pubblicistica serve solo al momento, quello che si apprende con l’informazione non contingente serve per sempre.

L’informazione non pubblicistica è l’unica in grado di realizzare una piena bilateralità nel processo di informazione: essa infatti garantisce sempre una piena, immediata e forte reazione d’opinione da parte dei recettori.

Al contrario l’informazione pubblicistica viene spesso accusata di unilateralità; questo perché gli strumenti di cui si serve prevalentemente – giornali, radio, tv, cinema, nuove tecnologie ecc. – non consentono sempre una reazione d’opinione al recettore, o se la consentono, essa è successiva al momento in cui avviene la trasmissione dell’informazione, quindi sostanzialmente inutile.

Informazione non contingente e informazione contingente contribuiscono entrambe, in misura e secondo modalità diverse, alla socializzazione ed acculturazione dell’individuo.

La prima rappresenta le fondamenta della cultura (intesa in senso sociologico): fornisce all’individuo gli schemi, i modelli di comportamento, di sentimento, di pensiero propri della società in cui vive. Trasmette cioè valori cristallizzati che durano nel tempo e tendono a voler accrescere la loro immutabilità.

La seconda offre opinioni contingenti che servono momentaneamente e vengono soppiantate da altre sempre nuove (l’elemento della novità è fondamentale per questo tipo di informazione), ma che tendono a modificare e in un certo senso aggiornare il sistema di valori ed opinioni sociali in vigore. Dunque il soggetto sociale è il prodotto di questi due tipi di informazione, mentre la cultura si tramanda e rinnova tramite di esse: si tramanda attraverso i canali non contingenti dell’educazione e dell’istruzione, si rinnova attraverso le opinioni contingenti che tendono a rinnovare il sistema culturale/valoriale e a innescare il mutamento sociale.

Detto ciò è evidente che l’influenza dell’informazione non contingente sulle coscienze è molto più durevole e profonda di quella pubblicistica.

Tuttavia, a mio parere, non bisogna dimenticare che viviamo in una società che giornalmente ci bombarda di informazioni contingenti, molte effimere, altre ripetute all’infinito; ed è proprio la continua ripetizione che porta talvolta queste opinioni a cristallizzarsi e a diventare nuovi valori sociali universalmente accettati.

Se dunque da una parte le nostre coscienze si formano in massima parte negli anni dell’adolescenza, sui libri e sui banchi di scuola, dall’altra siamo costantemente in balia di una enorme quantità di opinioni contingenti che spesso tendono a scardinare le convinzioni e i valori acquisiti negli anni.

A mio avviso può nascere un serio problema quando l’informazione non contingente tende a trasmettere valori che poi vengono quotidianamente smentiti e contraddetti dalla maggior parte delle opinioni contingenti messe in circolazione: il soggetto sociale potrebbe così vivere in una condizione schizofrenica, perennemente in bilico tra ciò che gli è stato insegnato negli anni e si è ormai radicato in lui, è ciò che gli viene giornalmente proposto dai media.