“Fattorello 2.0”

Il Prof. Giuseppe Ragnetti e la Dott.ssa Francesca Romana Seganti hanno cofirmato l’articolo dal titolo “Fattorello 2.0”, pubblicato nel Volume 6, Numero 1 (2012) della rivista scientifica internazionale Journal of Psychosocial Research on Cyberspace – Cyberpsychology.

Il contributo è stato inserito come ottavo articolo all’interno del fascicolo, che ospita studi di carattere interdisciplinare, con particolare attenzione agli aspetti psicosociali connessi all’uso di Internet e alle dinamiche del ciberspazio.

Il volume è disponibile gratuitamente online sul sito ufficiale della rivista, all’indirizzo: https://cyberpsychology.eu/article/view/4263.
La traduzione italiana del presente contributo è stata realizzata da Sara Domenici.


Cyberpsychology: Journal of Psychosocial Research on Cyberspace è una rivista scientifica online ad accesso aperto “diamond” (senza costi né per i lettori né per gli autori), sottoposta a revisione paritaria (revisione effettuata da esperti del settore), pubblicata dall’Università Masaryk.

La rivista è focalizzata sulla ricerca nelle scienze sociali relativa al cyberspazio.

Offre riflessioni psicosociali sull’impatto di Internet sulle persone e sulla società.

È interdisciplinare, e pubblica lavori scritti da studiosi di psicologia, studi sui media, scienze della comunicazione, sociologia, scienze politiche, sicurezza informatica (ICT security), psicologia del lavoro, e anche di altre discipline rilevanti per gli aspetti psicosociali del cyberspazio.

La rivista accetta articoli di ricerca originali, così come studi teorici e meta-analisi di ricerche.


Introduzione

L’obiettivo di questo articolo è fornire a studenti e studiosi nel campo della Comunicazione la conoscenza della teoria di Francesco Fattorello (la Tecnica Sociale dell’Informazione scritta negli anni ’50), che può aiutarci a comprendere le dinamiche della comunicazione online ed è una risposta appropriata alle esigenze delle società democratiche odierne.

Fattorello è stato membro del gruppo fondatore dell’International Association of Media and Communication Research (IAMCR/AIERI) a Parigi nel 1957. Il suo lavoro è stato tradotto solo in francese e spagnolo dall’originale italiano. Recentemente è stato tradotto in inglese e sarà presto pubblicato da IAMCR.

Tuttavia, fino a oggi il suo lavoro non è conosciuto a livello internazionale, soprattutto nell’ambito accademico anglosassone. Ciò è dovuto al fatto che, quando la teoria di Fattorello è stata sviluppata, non è stata presa in considerazione a causa del predominio della teoria critica della Scuola di Francoforte che, attraverso autori come Adorno, Marcuse e Horkheimer, individuava nella comunicazione di massa un processo che determinava i comportamenti delle persone.

Gli studiosi della Scuola di Francoforte, sia in Germania sia successivamente negli Stati Uniti, dove alcuni di loro si trasferirono per sfuggire al regime nazista, miravano a spiegare il fallimento del liberalismo e la conseguente mancanza di libertà di parola e creatività. Essi evidenziavano la cancellazione della personalità unica dell’individuo operata dalla società e dai mass media. La Scuola di Francoforte vedeva la funzione dei media come controllo del pubblico negli interessi del capitale.

Come spiega Gephart (1999), il presupposto fondamentale della tradizione della teoria critica è che il mondo materiale che incontriamo è sia reale sia prodotto dai e attraverso i modi di produzione capitalisti. Il capitalismo è visto come un sistema diseguale in cui i proprietari dei mezzi di produzione (i capitalisti) non solo hanno il diritto di sfruttare la forza lavoro (sottopagata e che non beneficia affatto del profitto o del valore del lavoro in eccedenza che invece rende i proprietari delle imprese poche potenti corporation dominanti), ma anche la capacità di mascherare le forme di sfruttamento tramite l’ideologia (Gephart, 1999).

Secondo la Scuola di Francoforte, i mass media sono agenti di degenerazione, sono industrie culturali che manipolano la società sostituendo i veri valori culturali con un insieme imposto di valori e credenze la cui funzione è mantenere il potere della classe dominante. La cultura volgare prodotta da radio, cinema e televisione crea “un’aura che fa sembrare allo spettatore di vivere una realtà inesistente” (Adorno, 1965, p. XIV).

Da quanto sopra emerge chiaramente che, sessant’anni fa, non era facile per studiosi e operatori del settore accettare l’idea di Fattorello di un pubblico dotato di pari dignità rispetto al soggetto promotore, perché avente le stesse capacità di pensiero. Invece di accettare l’idea che le imprese dell’industria mediatica imponessero valori, comportamenti e schemi finalizzati al mantenimento del dominio, Fattorello negli anni ’50 si concentrava sul pubblico come partecipante attivo, come perno del processo comunicativo.

Dopo una breve presentazione della vita e dell’opera di Fattorello, nella terza sezione dell’articolo illustreremo il suo modello, la Tecnica Sociale dell’Informazione. Vedremo che la formula diagrammatica con cui è espresso il modello di Fattorello appare molto simile a qualcosa che ci è ormai molto familiare: il paradigma comunicativo del Web. Sosteniamo che il modo in cui gli utenti si sono appropriati del Web rappresenti l’evoluzione naturale delle dinamiche della comunicazione umana interpretate attraverso un modello che, come suggerirebbe McQuail, ha sempre dato il giusto peso al fatto che “gli effetti (della comunicazione mediata) sono determinati almeno tanto dal mittente quanto dal destinatario” (McQuail, 2005, p. 456).

A questo proposito, nella quarta sezione dell’articolo spieghiamo perché Fattorello tracciò una differenza tra “opinione” e “conoscenza” e come questa differenza possa aiutare a comprendere perché egli riteneva che i mass media non potessero determinare il comportamento delle persone.

Nella quinta sezione si spiega che la teoria di Fattorello non si occupava mai degli effetti mediatici. Il modello di Fattorello, che differisce significativamente da alcuni degli approcci teorici dominanti attuali nei media e nella comunicazione, viene confrontato con i modelli predominanti della comunicazione di massa (dai primi modelli fino ai paradigmi contemporanei) per arricchire ulteriormente il dibattito. Riteniamo che il modello di Fattorello possa gettare nuova luce su altri modelli di comunicazione di massa.

Infine, a causa dei limiti di spazio non possiamo trattare alcuni ulteriori aspetti della Tecnica Sociale dell’Informazione, che richiederebbero una discussione più approfondita, ma speriamo che questa breve panoramica possa servire da stimolo per ulteriori riflessioni.

Chi era Francesco Fattorello

Prima di spiegare in dettaglio la teoria di Fattorello, desideriamo dedicare alcune parole alla sua vita e carriera professionale. Di seguito si propone un breve riassunto.

Fattorello nacque a Pordenone (Nord Italia) nel 1902.

Si laureò in Giurisprudenza nel 1924. Era appassionato di classici e letteratura.

Nel 1923 fondò la Rivista Letteraria delle Tre Venezie, una rivista periodica dedicata alla storia del giornalismo.

All’inizio del 1929, Fattorello iniziò a insegnare presso l’Università di Studi Economici di Trieste. Tra le altre cose, curò la seconda edizione di un libro sulle origini del giornalismo in Italia.

Nell’anno accademico 1934-1935, Fattorello tenne il suo primo corso di storia del giornalismo presso il Dipartimento di Scienze Politiche della Regia Università di Roma.

Fattorello intraprese un’analisi scientifica che, sviluppata negli anni successivi, iniziò a costituire la base per una ‘scienza del giornalismo’. Esaminando i mezzi di informazione attraverso i secoli, giunse alla conclusione che la storia del giornalismo era, prima di tutto, la storia dell’opinione pubblica e delle sue varie manifestazioni, piuttosto che la storia del giornalismo in sé (si veda nella sezione cinque una spiegazione più dettagliata di cosa intenda per “opinione”).

Questa idea innovativa conteneva già nella sua forma iniziale una versione sperimentale della teoria dell’informazione a cui si dedicò dopo la Seconda Guerra Mondiale. Infatti, a quel tempo aveva già iniziato a insegnare la Teoria della Tecnica Sociale dell’Informazione, con la quale cercava di fornire ai futuri giornalisti una tecnica sociale per ottenere l’adesione dell’opinione dei lettori.

Si sa poco sull’attività di Fattorello nei primi anni ’40, ma possiamo immaginare che non abbia confrontato il suo modello con il “modello a due fasi dell’influenza mediata” (che si concentrava sul ruolo delle reti sociali e degli opinion leader – Katz e Lazarsfeld, 1955), con gli “effetti limitati” (o modello dell’effetto minimo, che spostava l’attenzione sul ruolo del pubblico nel processo di comunicazione di massa – Klapper, 1960) e con la “teoria degli “usi e gratificazioni” (che sostiene che dovremmo investigare “non ciò che i media fanno al pubblico, ma ciò che il pubblico fa con i media” – Katz, Blumler e Gurevitch, 1974), perché il suo scopo principale non era contribuire alla ricerca e alla teoria della comunicazione, ma solo formare giornalisti.

Supponiamo che non fosse interessato a confutare la teoria della Scuola di Francoforte sull’indottrinamento di massa da parte dei media. L’obiettivo dei suoi studi era l’individuazione delle caratteristiche specifiche del fenomeno giornalistico.

Dopo la Seconda Guerra Mondiale, Fattorello si trasferì a Roma e iniziò a insegnare presso la Facoltà di Statistica e Scienze Attuariali dell’Università “La Sapienza”. Fattorello fu uno dei pochi studiosi in Italia a tenere corsi di storia del giornalismo nel dopoguerra.

A causa dell’influenza culturale degli USA, in Italia vi era una tendenza a privilegiare corsi di pubblicità e ricerche di marketing. Nel 1947 Fattorello fondò l’Istituto Italiano di Pubblicismo.

Inoltre, fu membro fondatore del Centro Italiano per gli Studi sull’Informazione, sostenuto dall’UNESCO.

Presentò il suo modello di comunicazione al Centre Internationale d’Enseignement Supérieur du Journalisme presso l’Università di Strasburgo, per poi pubblicare la prima edizione dell’Introduzione alla Tecnica Sociale dell’Informazione. Seguirono diverse edizioni; l’ultima fu stampata nel 1970 ed è ora introvabile.

Come menzionato nell’introduzione, dal 1964 al 1981, quando fu nominato Membro Onorario a Vita, Fattorello fu Vicepresidente dell’IAMCR/AIERI.

Francesco Fattorello morì a Udine il 3 ottobre 1985.

La Teoria Sociale dell’Informazione

Secondo Fattorello esiste una differenza tra trasmettere, informare e comunicare. Trasmettere e informare sono due processi alleati, ma distinti.

Trasmettere è un’operazione meccanica; è l’atto di passare un’informazione da un mittente a un destinatario.

Informare, come inteso nella filosofia scolastica e nel neoscolasticismo, è l’atto di dare una forma a qualcosa; cioè, l’atto di interpretare una realtà ed esprimere l’interpretazione attraverso una rappresentazione.

Comunicazione, invece, è l’atto di stabilire una relazione.

Secondo Fattorello, si può trasmettere un’informazione, ma laddove il mittente (nelle sue parole, il Soggetto Promotore) non è in grado di stabilire una relazione con il destinatario (il Soggetto Ricevente), non c’è comunicazione. Pertanto, il principio più importante della scuola di Palo Alto, “Non si può non comunicare”, non sarebbe valido per Fattorello. Egli affermerebbe: “Non si può non trasmettere segnali”. Condizione indispensabile per comunicare è che tra il Soggetto Promotore e il Soggetto Ricevente vi sia una convergenza di interpretazione sull’interpretazione proposta; cioè, sulla “O” (“formula di opinione” in italiano).

Per raggiungere un accordo è fondamentale che il Promotore adatti la sua versione della realtà alle capacità cognitive dei Soggetti Riceventi. Inoltre, deve essere in grado di scegliere il mezzo ideale. Ne segue la formula diagrammatica riportata di seguito.

La lettera “x” indica la realtà oggettiva. Questa lettera è tra parentesi per indicare che resta fuori dal processo. Se desidero comunicare che c’è stato un terremoto, non è il terremoto stesso che metto tra me e il Ricevente, ma la mia interpretazione dell’evento. Quindi, secondo Fattorello, il Soggetto Promotore trasmette, attraverso i mezzi appropriati, la ‘forma’ che ha dato a ciò che ha interpretato. Nel caso in cui il Soggetto Promotore riesca a suscitare l’interesse del Soggetto Ricevente, ad attirare la sua attenzione e a far sì che egli comprenda e concordi con l’interpretazione proposta, allora accade che il Soggetto Ricevente a sua volta diventi un Promotore. Pertanto, il Soggetto Ricevente non si limita a ricevere la forma (“O”) o, meglio, a decodificare il messaggio, ma la interpreta e a sua volta diventa promotore. Di conseguenza, nel contesto sociale la formula di Fattorello può essere ampliata come nella tabella sottostante:

Secondo Fattorello, il fenomeno dell’informazione non ha né un inizio né una fine, proprio come la formula sopra attraverso cui viene rappresentato.

È interessante notare che quanto sopra somiglia a una rappresentazione ormai molto nota; cioè, il modo in cui solitamente viene rappresentata la comunicazione online. Occorre considerare che l’intuizione di Fattorello precede di circa trentacinque anni la nascita del Web.

La differenza tra “Opinione” e “Conoscenza”

Secondo Fattorello, utilizzando la Tecnica Sociale dell’Informazione, è possibile influenzare le opinioni, che non hanno stabilità e possono cambiare rapidamente. L’opinione, come definita da Stoetzel (1943), non è radicata negli individui. L’opinione è provvisoria, effimera, contestuale e, soprattutto, soggettiva. In particolare, attraverso strumenti quali propaganda, pubblicità e informazione, si può agire facilmente sull’opinione.

La propaganda mira a ottenere l’adesione immediata del pubblico con tutti i mezzi e metodi disponibili. Analogamente, la pubblicità punta a ottenere un’adesione immediata, con la differenza che il suo scopo è vendere prodotti. Questo obiettivo si raggiunge attraverso lo studio degli atteggiamenti sociali che caratterizzano l’acculturazione del pubblico.

Per “acculturazione”, Fattorello intende tutto ciò che si trova nell’ambiente sociale che inevitabilmente accompagna tutta la vita di ogni individuo. Per fare un esempio, un giornale che si rivolge a lettori molto generici, inclusi specialisti e riceventi meno qualificati, non tratterà temi complessi, né potrà utilizzare una terminologia complessa, ma dovrà usare un linguaggio comune. In altre parole, secondo Fattorello, le forme che agiscono sull’informazione giornalistica politica o, ad esempio, sulla propaganda o sulla pubblicità devono, per quanto possibile, essere “fattori di conformità”. Quanto più sono simili, tanto maggiore sarà il successo del processo informativo.

Inoltre, l’informazione che si rivolge a un pubblico generico è solitamente caratterizzata da una mancanza di precisione. Questa mancanza di precisione a cui il testo dell’informazione giornalistica politica deve rispondere è naturalmente cosa diversa dalla “diffusione” didattica. Un giornalista politico deve sempre ottenere un accordo temporaneo, contingente al destinatario, su ciò che vuole comunicargli. Il giornale è il mezzo ideale per veicolare informazioni contingenti perché è pubblicato quotidianamente ed è sempre nuovo. Ciò che è scritto sul giornale è valido e importante oggi, ma non più valido e importante domani. Leggerlo non richiede al Soggetto Ricevente attenzione e impegno continui. Il giornale emerge quindi come il mezzo perfetto per veicolare informazioni temporanee e contingenti come l’adesione alle opinioni che i giornalisti cercano di ottenere.

Al contrario, la conoscenza che condividiamo attraverso l’educazione non è legata al presente e ha un effetto profondo perché non è contingente. Quando il Promotore non è un giornalista o un pubblicitario, ma un insegnante, allora il processo informativo non può basarsi su fattori stereotipati di conformità, ma su valori. I processi del fenomeno saranno quelli di una persuasione lenta, graduale e logica. Il Promotore, dunque, non ha limiti di tempo (come, per esempio, nel caso dell’uso della televisione come mezzo) nell’informare i suoi Riceventi e non deve conformarsi alle esigenze delle opportunità contingenti. A differenza del giornalista, l’insegnante cerca di arricchire lo schema mentale precedentemente assimilato dal Ricevente con una procedura logica, graduale e razionale. I mezzi degli insegnanti sono i libri, che richiedono concentrazione, silenzio, solitudine e danno al lettore la possibilità di fermarsi a pensare e riflettere. Il Ricevente non ha più le caratteristiche psicosociali del pubblico generico, ma è impegnato ad ascoltare, comprendere e apprendere. Un processo simile non può essere attivato attraverso l’uso dei media di massa, che possono dare agli spettatori l’illusione di aver imparato qualcosa ma che in pratica veicolano solo informazioni contingenti che non contribuiscono alla nostra esperienza.

Per Fattorello i contenuti dei media di massa possono rafforzare valori e credenze preesistenti ma non possono crearli. Solo la conoscenza derivata dall’esperienza diretta e da fonti specializzate contribuisce alla formazione della persona. Invece, i media di massa possono solo influenzare le nostre opinioni, il che implica un effetto temporaneo che non va a incidere sulla nostra identità.

Il modello di Fattorello e i paradigmi dominanti nella comunicazione di massa

McQuail (2005) delinea quattro modelli di base per lo studio della comunicazione di massa che, a suo avviso, si sono sviluppati in un contesto di transizione verso una società industriale altamente organizzata e centralizzata del XX secolo. I quattro paradigmi dominanti da lui individuati sono: il modello trasmissivo, il modello della pubblicità, il modello rituale e il modello della ricezione. Il modello di comunicazione di Fattorello può aiutarci a comprendere questi paradigmi dominanti.

Ad esempio, il modello di Lasswell (1927) rappresenta il paradigma trasmissivo, secondo il quale segnali o messaggi vengono trasmessi a distanza con lo scopo di esercitare un controllo. Nella Tabella 1, possiamo osservare in che modo il modello di Fattorello si differenzia dalla formula di Lasswell.

Da quanto sopra emerge che la domanda di Lasswell “Cosa viene detto?” non prende in considerazione l’esistenza della x, ovvero la realtà oggettiva che Fattorello colloca al di fuori del processo. Osservando il modello di Lasswell, sembra che la realtà possa essere interpretata in modo oggettivo. Inoltre, nel modello di Fattorello non viene posta la domanda “con quale effetto?”. Ciò non significa che la sua importanza venga trascurata, ma che Fattorello riteneva impossibile prevedere gli effetti della comunicazione di massa.

L’obiettivo del Promotore è ottenere un accordo sulla formula d’opinione che trasmette e, pertanto, è necessario che il Promotore tenti di adattarsi ai desideri dei Riceventi o, forse, di rispondere alla loro curiosità. Anche quando si verifica un “accordo di opinione” su determinate formule — cioè, l’accordo su una formula all’interno della scala di opinione costituita dal problema x — il Promotore non può essere certo di ottenere l’effetto desiderato.

Il promotore di un’informazione contingente, come una notizia, non può incidere sull’esperienza del Ricevente dell’informazione e quindi non può determinarne il comportamento. Fattorello intendeva sottolineare che i Riceventi portano con sé un contesto nella ricezione di ogni messaggio. Questo contesto deriva dalla conoscenza, non dall’opinione. Egli si opponeva chiaramente a una visione lineare che riduce la comunicazione a un processo meccanico, anticipando così ciò che autori come Denis McQuail e David Gauntlett avrebbero sostenuto in seguito.

Dopo oltre sessant’anni di intenso sforzo di ricerca, non sono stati identificati in modo chiaro effetti diretti dei media sul comportamento; pertanto, dovremmo concludere che semplicemente non esistono (Gauntlett, 1998,).

Gauntlett sostiene che la ricerca sugli effetti dei media ha, in modo piuttosto coerente, adottato un approccio sbagliato nei confronti dei media di massa, del loro pubblico e della società in generale e, dopo aver criticato vari aspetti del “modello degli effetti”, sottolinea che il fallimento di tale modello non implica che l’impatto dei media di massa non possa più essere considerato o studiato.

Poiché è evidente che non è possibile offrire una guida operativa su “come fare”, il nostro intento è fornire agli studiosi un approccio alternativo a un’area di studio tanto complessa.

McQuail (2005) afferma che anche nei casi in cui è possibile fare previsioni, ciò avviene solitamente sulla base dell’esperienza e di regole empiriche, piuttosto che su una conoscenza precisa di come un determinato effetto si verifichi o possa verificarsi. Secondo lui, è proprio la disponibilità di questo tipo di conoscenza pragmatica, basata sull’esperienza, che permette ai media e ai loro clienti di continuare a operare senza troppe pretese. McQuail sostiene che non sia facile dimostrare un caso in cui i media possano essere considerati la causa unica e indispensabile di un determinato effetto sociale.

A partire dalla Tecnica Sociale dell’Informazione, sviluppiamo la teoria della struttura cristallografica della comunicazione. In quest’ottica, il Soggetto che partecipa al processo comunicativo è situato in un qualsiasi punto di una struttura cristallografica. Tale struttura, descritta di seguito, rappresenta simbolicamente il complesso sistema comunicativo in cui viviamo e comprende un numero infinito di stimoli percettivi.

Dal momento della nascita, il soggetto è immerso nell’incommensurabile mare della comunicazione. Questo fluido amniotico è composto da una varietà di messaggi che contribuiranno — o meno — alla formazione della sfera individuale, unica in ciascuno di noi. Alcuni stimoli filtreranno attraverso la mente del soggetto, in base a fattori come l’intelligenza emotiva, le risorse motivazionali e l’acculturazione.

Ad esempio, gli stimoli derivano dalle informazioni che riceviamo da persone con cui condividiamo lo spazio sociale: amici, genitori, nonni, insegnanti, ecc.

Anche tutti i concetti che apprendiamo e interpretiamo dai libri sono considerati stimoli. Gli stimoli possono essere sociali, ambientali, geografici, meteorologici. Tutti gli stimoli a cui siamo sottoposti nel corso della nostra vita partecipano alla formazione della struttura cristallografica.

La percezione è quindi un tema cruciale all’interno di questo sistema. A nostro avviso, la percezione è estremamente soggettiva e funziona in modo diverso in ciascuno di noi. È il processo attraverso cui elaboriamo stimoli provenienti dall’ambiente esterno in modo utile e significativo. La percezione crea una mappa del mondo personale attraverso la quale ci rapportiamo e reagiamo all’ambiente esterno. In sostanza, essa crea una mappa corrispondente alle nostre credenze culturali e sociali, ai nostri valori e interessi. Crea il nostro filtro personale.

All’interno della struttura cristallografica della comunicazione, l’informazione non contingente (quella che genera conoscenza) riesce ad attivare meccanismi difficilmente reversibili. L’informazione non contingente viene quindi “cristallizzata” e diventa parte di noi, dei nostri schemi di pensiero che necessitano di essere espressi e trasformati continuamente.

La struttura cristallografica della comunicazione è metaforicamente come una rete di ragnatele multidimensionali che si intersecano e si tessono in modo continuo. È come un marchingegno con molte teste, nel quale decidiamo dove collocarci e quali informazioni lasciar entrare (solo noi possediamo la chiave del cancello/filtro).

Possiamo dunque paragonare anche il modello di Fattorello al modello della pubblicità, secondo il quale “lo scopo principale dei mass media non è trasmettere particolari informazioni né unire un pubblico in un’espressione culturale, ma semplicemente catturare e mantenere l’attenzione visiva o uditiva” (McQuail, 2005, p.71).

McQuail spiega che, secondo questo modello, i media perseguono uno scopo economico diretto: ottenere ricavi attraverso l’audience (dato che l’attenzione equivale al consumo — nella maggior parte dei casi) e vendere l’attenzione del pubblico agli inserzionisti. Il fatto di essere conosciuti diventa più importante del contenuto di ciò che si conosce. Quindi, l’ottenimento dell’attenzione diventa un fine in sé, e forma e tecnica hanno la precedenza sul contenuto del messaggio.

Secondo il modello di Fattorello, invece, non ha senso concentrarsi sulla forma del messaggio se ciò avviene senza considerare il ruolo del Soggetto Ricevente. Come sostiene Fattorello, certi messaggi filtrano nella nostra mente solo quando il Soggetto Promotore adatta il significato del messaggio al Soggetto Ricevente, al fine di ottenere una convergenza di interpretazione sulle opinioni proposte.

Possedendo capacità di pensiero attivo, ogni Soggetto può decidere se aderire o meno alle formule di opinione proposte (nei termini di Fattorello) che i media di massa ci presentano ogni giorno.

L’interpretazione (“O”) del messaggio diventa quindi la chiave per aprire il “cancello” di ogni essere umano; ciascuno può decidere quali stimoli ricevuti elaborare, sviluppare e migliorare in base alla propria percezione. La convergenza di interpretazione dipende dalla condivisione di codici e significati.

Ciò è in linea con approcci meno lineari, meccanici e riduttivi che oggi prevalgono negli studi sui media. Il modello della ricezione, ad esempio, che si sviluppa dal modello di codifica e decodifica di Stuart Hall (1980), può essere integrato con la Tecnica Sociale dell’Informazione.

Hall sostiene che i testi sono polisemici e che non esista una corrispondenza necessaria tra il messaggio codificato dal produttore (regista, autore, giornalista) e quello decodificato dal pubblico. Analogamente, per Fattorello, l’interpretazione (“O”) è sempre soggettiva, può variare e non può essere prevista.

In generale (dato che i Cultural Studies non sono un paradigma rigido), quando Hall (1974/1980) afferma che i riceventi non sono obbligati ad accettare i messaggi così come vengono inviati, ma possono opporsi all’influenza ideologica applicando letture alternative o oppositive, secondo la propria esperienza o visione del mondo, la corrispondenza tra la sua teoria e quella di Fattorello è evidente.

In linea con Hall, Fattorello sosteneva che per comprendere il ruolo dei media sia necessario osservare come i diversi individui rispondano a uno specifico contenuto e analizzare come si articola la relazione informativa tra Promotore e Soggetto Ricevente. Come Hall, anche Fattorello promuoveva una teoria sociale della soggettività e della costruzione del significato.

Così come il modello di codifica-decodifica di Stuart Hall, anche il lavoro di James Carey (1989) e la sua idea di modello rituale della comunicazione (in opposizione al modello trasmissivo) offrirono agli studiosi un nuovo orientamento.

Carey si oppose al modello lineare dominante e definì la comunicazione come un processo simbolico attraverso il quale la realtà viene prodotta, mantenuta, riparata e trasformata. La comunicazione rituale è relativamente senza tempo e immutabile. Fattorello sarebbe d’accordo, purché il rituale venga inteso come un evento contingente che attiva e stimola nel Soggetto Ricevente la ricezione di informazioni non contingenti — ovvero la conoscenza profonda e non stereotipata (ad esempio valori, atteggiamenti e convinzioni) — che non risponde alla logica del consumo mediatico, ma rafforza valori preesistenti.

Inoltre, secondo la visione rituale, il messaggio della comunicazione rituale è solitamente latente e ambiguo, a seconda delle associazioni e dei simboli che non sono scelti dai partecipanti, ma resi disponibili dalla cultura (McQuail, 2005, p.70). Fattorello aggiungerebbe che i Soggetti Riceventi partecipano al rituale quando la loro acculturazione permette loro di convergere con l’interpretazione della realtà proposta durante il rituale. I partecipanti giocano dunque un ruolo attivo nel rituale, in cui simboli e messaggi culturali vengono rinnovati e legittimati.

Il fenomeno dell’informazione come flusso continuo: Fattorello 2.0

Al contrario delle applicazioni broadcast, oggi i media online offrono agli individui canali di comunicazione uno-a-uno e molti-a-molti, consentendo l’invio e la ricezione di messaggi in una comunità condivisa. Questo modo di comunicare ha permesso agli utenti varie forme di partecipazione (contenuti generati dagli utenti, cultura DIY, peer-to-peer) e il pubblico non è più confinato nella posizione di “lettore critico”, ma può contare su nuove strutture sociali connesse a livello mondiale, su comunicazione e canali di distribuzione (Jenkins, 2006, p.246).

Il ruolo attivo del Soggetto Ricevente è dunque “sotto il sole” nel Web. Ciò evidenzia tutti gli elementi che Fattorello aveva teorizzato circa 20 anni prima del lancio dell’ARPANET (Advanced Research Projects Agency Network) e quasi 40 anni prima dell’avvento del Web. In questa sezione spiegheremo le dinamiche della comunicazione online secondo il suo modello. Il nostro obiettivo finale è mostrare che la Tecnica Sociale può fungere da trait d’union tra i modelli della comunicazione di massa e i più recenti modelli.

Come si è visto nella terza sezione dell’articolo, nel modello di Fattorello il Soggetto Ricevente può considerare di diventare a sua volta un Promotore dell’informazione, creando così una catena che si sviluppa orizzontalmente. In tal caso, il contenuto mediato non è solo consumato ma anche prodotto. La struttura della comunicazione che si sviluppa è:

  • Reciproca: la comunicazione è bidirezionale perché deve esserci una relazione tra il Soggetto Promotore e il Soggetto Ricevente;
  • Paritaria: Fattorello ha sempre affermato che il Soggetto Ricevente possiede le stesse facoltà di pensiero del Promotore (il Soggetto Ricevente deve lasciar entrare l’informazione, deve decodificarla);
  • Decentralizzata e Aperta: le dinamiche della relazione informativa operano secondo un modello molti-a-molti, come mostrato nella Figura 2;
  • Basata sulla reputazione e sul significato piuttosto che su gerarchie: come spiegato, il fenomeno sociale dell’informazione si basa su una convergenza di interpretazione che deriva dal fatto che il Promotore adatta la forma del messaggio ai bisogni del Ricevente, altrimenti non sarebbe aperto a decodificarlo. In parole povere, il Promotore deve mettersi nei panni del Ricevente. Pertanto, un atteggiamento autorevole piuttosto che autoritario.

Descritta in questo modo, potrebbe sembrare che, se interpretiamo la comunicazione online attraverso il modello di Fattorello, il Web emerga come uno spazio in cui tutti possono comunicare con tutti, come accade nei discorsi celebrativi retorici sul cyberspazio e nelle visioni utopiche che vedono il Web come uno spazio in cui le differenze sono cancellate.

Tuttavia, il modello di Fattorello prende in considerazione che all’interno di una rete di persone la comunicazione non è data per scontata. Fattorello sostiene che solo un accordo sull’interpretazione proposta può garantire una convergenza. La convergenza è data dalla condivisione dell’acculturazione ed è interessante notare che questo pensiero anticipa le ipotesi di Appadurai (1997) riguardo a quei requisiti che contribuiscono alla creazione di “vicinati virtuali” sostenuti dal Web. Appadurai sostiene che oggi i requisiti per l’inizio delle relazioni sono: sentimenti e interessi condivisi, conoscenza comune e la capacità di partecipare a discorsi e comunicazione. Si riferisce a contesti in cui lo sviluppo e l’estensione delle agglomerazioni urbane, la moltiplicazione delle reti di trasporto e comunicazione, la globalizzazione dell’informazione e delle immagini, e le migrazioni hanno prodotto cambiamenti profondi. Come tutti sappiamo, nello spazio online gli utenti hanno la potenzialità di condividere una varietà di contenuti, ma quando manca una corrispondenza culturale, la relazione informativa non si instaura. Il contenuto non può essere ricevuto o compreso, o verrà frainteso, oppure lo sarà con difficoltà e con notevole distonia.

Studi su Internet (Graham, 2004; Wakeford, 2004; Silver, 2004; Jones, 2005) suggeriscono che la vita offline ha notevoli ripercussioni sulle relazioni e comunità online, e che l’interdipendenza tra online e offline non deve mai essere sottovalutata. Allo stesso modo, anche se non c’è dubbio che esistano numerose comunità transnazionali sul Web, dobbiamo ricordare che molte interazioni online sono “profondamente locali” (Graham, 2004, p.21).

Analizzando l’uso e l’esperienza dei nuovi media nei contesti urbani contemporanei, Graham sostiene che i nuovi media sono sempre più usati per riconfigurare i mondi basati sul luogo e le mobilità della vita urbana quotidiana. Egli invita i ricercatori di Internet a non sottovalutare che l’identità è sempre da qualche parte e sempre localizzata in un senso di luogo, anche quando i nuovi media agiscono come “protesi” per estendere le azioni, le identità e le comunità umane nel tempo e nello spazio (Graham, 2004, p.22). Possiamo quindi vedere quanto sia rilevante condividere la formazione acquisita condividendo informazioni non contingenti (il fenomeno della cultura è legato a questa categoria) per garantire la reciprocità negli scambi sociali online. Questi ultimi, a loro volta, avvengono anche tramite informazioni contingenti che contribuiscono al processo di socializzazione e a confermare opinioni cristallizzate e valori preesistenti.

Ad esempio, uno studio recente di Seganti e Smahel (2011), che analizzava le dinamiche online di interazione tra un gruppo di subculturalisti italiani, ha dimostrato che l’assenza di pratiche quotidiane concrete condivise ha spinto adolescenti che si incontravano su Social Network Sites (SNS) a creare marker identitari, come soprannomi e codici di abbigliamento, evocando simboli condivisi e offrendo a chi ha poco da condividere online qualcosa su cui parlare.

Seganti e Smahel hanno riscontrato che gli SNS fornivano alla maggior parte dei subculturalisti, specialmente a quelli che abitavano lontani l’uno dall’altro, uno spazio temporaneo per esprimere la loro “diversità”. Gli SNS supportano la diffusione e amplificano la popolarità di “simboli subculturali”, “celebrità subculturali” e “storie subculturali” che sono “formule d’opinione” volte a creare un accordo provvisorio attraverso il quale giovani precedentemente isolati possono confluire e “rinascere” come soggetti la cui differenza è riconosciuta come familiare da altri subculturalisti.

A seconda dell’acculturazione dei soggetti, la maggior parte delle relazioni costruite sulla condivisione di tali formule sono risultate tanto effimere quanto le informazioni contingenti su cui erano fondate. Per noi, dunque, l’effetto di tali relazioni deve essere ricercato in una fase successiva, che è già lontana, non in senso spazio-temporale, ma motivazionale, nella relazione informativa primitiva.

Conclusioni

Il nostro obiettivo era spiegare che la teoria della comunicazione sviluppata da Fattorello negli anni ’30, per dimostrare che la storia del giornalismo somiglia alla storia dell’opinione pubblica, può essere usata per fare luce sui paradigmi dominanti della comunicazione di massa, ma anche per aiutarci a comprendere le dinamiche della comunicazione online.

In linea con la teoria di Fattorello, riteniamo che il modo in cui la comunicazione si sviluppa nello spazio online sia il risultato di profondi bisogni sociali che ciascuno di noi può avere. Il Web non ha creato il bisogno di uno stile di comunicazione decentralizzato, orizzontale e paritario, ma ha solo fornito un supporto tecnico per esprimere un modo di comunicare che, secondo Fattorello, è l’unico possibile.

Per Fattorello, comunicare è sinonimo di condividere, di “avere in comune”, che è la condizione necessaria per stabilire la relazione che il Promotore dell’informazione deve instaurare per ottenere l’adesione d’opinione del Ricevente.

Secondo Fattorello, i bisogni umani non possono essere creati né imposti, come invece sosteneva la teoria della Scuola di Francoforte. Dove non c’è uguaglianza, non c’è scambio e quindi non c’è comunicazione. Il Soggetto Promotore può solo riuscire a trasmettere un messaggio al Soggetto Ricevente se adatta la propria versione della realtà alla mappa percettiva del Ricevente. L’atto del Promotore di adattare la sua interpretazione al Ricevente mostra che il pubblico ha un ruolo attivo nel processo comunicativo. Il Ricevente deve aprire il suo filtro percettivo e solo successivamente può concordare con la formula d’opinione proposta, e può, a sua volta, diventare un Promotore.

Dunque, la nostra personalità non può essere annullata dall’esposizione ai mass media perché questi ultimi, come giornali, radio e televisione, possono solo essere usati per promuovere informazioni contingenti che non contribuiscono alla formazione della soggettività individuale. All’interno della struttura cristallografica della comunicazione, la capacità di produrre pensieri e comportarsi in un certo modo non è mai il risultato di pochi stimoli conosciuti, ma di una quantità immisurabile di stimoli. Quindi, i mass media certamente possono agire sulle nostre opinioni temporanee (siamo tutti contro la guerra) o rinforzare i nostri valori, ma sono incapaci di influenzare il comportamento degli uomini. Ci sono altre ragioni, alcune note, come per esempio le conseguenze del processo di informazione non contingente, e altre meno note, che stanno alla base delle nostre azioni.

Vorremmo concludere citando un passo dal libro di McQuail. McQuail spiega che i modelli base della comunicazione di massa da lui menzionati sono stati sviluppati in una situazione particolare (comunicazione massiva e unidirezionale) e in un contesto molto diverso dall’oggi. Egli afferma:

«Non tutto è cambiato, ma oggi ci troviamo davanti a nuove possibilità tecnologiche di comunicazione che sono molti-a-molti, e c’è uno spostamento dalla prima massificazione della società. Questi cambiamenti sono già riconosciuti nella teoria della comunicazione di massa, anche se il passaggio è cauto e gran parte del quadro concettuale costruito sulla comunicazione di massa rimane rilevante. Abbiamo ancora politica di massa, mercati di massa e consumo di massa. I media hanno esteso la loro scala a una dimensione globale. Le credenze nel potere della pubblicità, delle relazioni pubbliche e della propaganda sotto altre denominazioni sono ancora ampiamente diffuse tra coloro che detengono potere economico e politico. Il “paradigma dominante” emerso nelle prime ricerche sulla comunicazione è ancora con noi perché si adatta a molte delle condizioni di funzionamento dei media contemporanei e risponde ai bisogni delle industrie mediatiche, degli inserzionisti e dei pubblicitari. I propagandisti dei media rimangono convinti della capacità manipolativa dei media e della malleabilità delle “masse”» (McQuail, 2005, p. 71).

Infine, vogliamo diffondere il modello di Fattorello perché desideriamo offrire agli studiosi della Comunicazione e ai loro studenti, che diventeranno giornalisti, copywriter e politici, un modello che possa aiutare a comprendere i modelli precedenti e che si opponga una volta per tutte alla visione dei propagandisti dei media. Sosteniamo che per chi detiene il potere economico è comodo far credere alla gente nel potere della pubblicità, delle relazioni pubbliche e della propaganda. Così, le persone possono dare la colpa ai media e non pensare alla propria responsabilità nel cambiamento sociale. Invece, se giornalisti, copywriter e politici che non sono ancora potenti e non appartengono all’industria mediatica dominante diventassero consapevoli del ruolo attivo del pubblico nel processo di comunicazione, potrebbero creare un cambiamento nelle relazioni di potere, come dimostra il successo del giornalismo partecipativo.

I giornalisti cittadini utilizzano, senza saperlo, la Tecnica Sociale dell’Informazione, come mostrato nella figura qui sotto. Conoscono molto bene i loro lettori perché fanno parte della comunità a cui si rivolgono. Per loro è facile adattare la propria versione della realtà all’acculturazione dei lettori. Essendo parte della comunità di riferimento, sono allo stesso livello dei Soggetti Riceventi.

Sappiamo che molti autori, come Jenkins, hanno già spiegato il successo della comunicazione online focalizzandosi sul ruolo attivo dei pubblici, ma speriamo che il modello di Fattorello possa supportare e rafforzare tali posizioni. Speriamo di diffondere la nostra visione della comunicazione, che è il frutto della nostra acculturazione, e speriamo che questa visione venga condivisa da qualcun altro, che a sua volta ne parli ad altri.

 

Riferimenti bibliografici

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Biografie degli autori

Francesca Romana Seganti – Istituto Fattorello, Roma, Italia

Ha conseguito la laurea magistrale in Antropologia Culturale presso l’Università di Roma La Sapienza. Nel 2003 ha vinto una borsa di studio e si è trasferita alla London Metropolitan University, Regno Unito. Qui ha ottenuto il dottorato di ricerca nel 2007 con una tesi sul ruolo di una comunità online nella vita dei migranti italiani a Londra. Successivamente ha lavorato come borsista post-dottorato presso la Masaryk University di Brno, Repubblica Ceca. Dal 2007 è assistente didattico presso l’Istituto Fattorello di Roma. Attualmente lavora come professore aggiunto di Comunicazione presso la American University of Rome.

Giuseppe Ragnetti – Istituto Fattorello, Roma, Italia

Giuseppe Ragnetti ha raccolto l’eredità culturale di Francesco Fattorello e ne prosegue il lavoro, approfondendo lo studio della teoria originale della Tecnica Sociale dell’Informazione, che insegna in diversi contesti. È Presidente dell’Istituto ‘Francesco Fattorello’ di Roma, che gestisce la Scuola Superiore di Metodologia dell’Informazione e Tecniche della Comunicazione. È docente nel corso di laurea in Scienze della Comunicazione e nel corso di laurea specialistica in Media e Giornalismo presso l’Università degli Studi ‘Carlo Bo’ di Urbino.

Traduzione a cura di Sara Domenici

Fonte: https://cyberpsychology.eu/https://cyberpsychology.eu/article/view/4263

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