La Teoria Fattorelliana all’Università della Tuscia

Giorgia Butera (Sociologa della Comunicazione, Presidente Mete Onlus e Scrittrice) è stata invitata dal Professor Michele Zizza ad intervenire online in occasione di una lezione da lui stesso tenuta sulla “Tecnica Sociale” di Francesco Fattorello.

L’incontro è avvenuto con gli Studenti dell’Università degli Studi della TUSCIA – Dipartimento di DISUCOM (Scienze Umanistiche, della Comunicazione e del Turismo).

La Butera ha iniziato il suo intervento ringraziando il Professor Giuseppe Ragnetti (Direttore dell’Istituto) e successivamente ha illustrato la teoria fattorelliana.

Attraverso la presentazione di fatti realmente accaduti è stato spiegato quanto sia imprescindibile la conoscenza del soggetto recettore.

Gli attori del processo comunicativo sono “soggetti” entrambi dotati di facoltà opinanti e quindi di pari dignità. Non vi è più un tiratore scelto che colpisce l’uomo-bersaglio-target, ma vi sono due soggetti attivi che reagiscono ai numerosi stimoli ricevuti, sulla base delle proprie facoltà opinanti e delle personali attitudini sociali prodotte dalle diverse e determinanti acculturazioni.

Qui il link al sito personale di Giorgia Butera

Comunicare con il Cuore

Essere un abile comunicatore è la summa di tutto il nostro discorso ed è anche la chiave di tutte le abilità sociali richieste nella gestione delle risorse umane e, in generale, in tutte le relazioni sociali che competono all’individuo.

Una buona comunicazione presuppone una conoscenza ed un ascolto attivo, prima di noi stessi e poi del nostro interlocutore o collaboratore.

La maggior parte delle persone comunica quasi esclusivamente con la testa mettendo a tacere il cuore. Osservando infatti tutto il corpo, la gestualità, lo stile di comunicazione, ecc. trapelano molto spesso segnali di tensione e il prevalere della razionalità sulle emozioni, evidentemente soffocate perché ritenute scomode se non addirittura ingombranti.

Tutti concordano sull’importanza di un’efficace comunicazione come ‘condicio sine qua non’ per creare relazioni sane e reciprocamente gratificanti. Nonostante ciò, comunicare bene diventa sempre più difficile e in alcuni casi addirittura impossibile.

Basta osservare i casi di conflitto: quando ci si lascia guidare solo dalla testa e dalla razionalità, si finisce quasi sempre per ritrovarsi in una disputa senza fine in cui ognuno è ancorato rigidamente alle proprie posizioni e, senza saperlo, si gettano le basi per un finale prevedibile e abbastanza scontato, che nella migliore delle ipotesi crea una situazione di ‘muro – contro – muro’ .

Se invece si avesse maggior consapevolezza di sé e del proprio stile di comunicazione si eviterebbero tanti errori nel rapporto con gli altrui. Ma perché accade tutto ciò?

Troppo spesso accade che comunichiamo trascurando il fatto che per compiere questa attività dobbiamo fare riferimento alle competenze sociali ed emotive. Quando si comunica solo con la testa, razionalizzando sempre tutto, si arriva al confronto o alla discussione con un sé fragile, carico d’ira e carico d’ansia e questo non porta ad alcuna soluzione positiva. Quale è l’alternativa?

L’alternativa consiste nel riuscire a comunicare con il cuore per arrivare al cuore. Certo è molto difficile: non abbiamo avuto insegnanti che abbiano minimamente tentato di spiegarci questo procedimento e ne tanto meno abbiamo avuto esempi felici da questo punto di vista e, inoltre, cambiare non è facile.

Tutte queste considerazioni ci aiutano a capire e soprattutto possono spingerci ad applicare correttamente nella vita sociale professionale di tutti i giorni i suggerimenti che seguono. Essi costituiscono la premessa fondamentale di un percorso di autoapprendimento che tende a sviluppare le nostre competenze emotive.

Comunicare con il cuore:
1) convincersi che comunicare con il cuore è possibile oltre che psicologicamente gratificante. Basta volerlo e cominciare subito a farlo con la consapevolezza che solo la pratica rende “perfetti”.
2) Interessarsi agli altri. Più ci interessiamo agli altri e più gli altri si interesseranno di noi. Ognuno in cuor suo vuole sentirsi importante, apprezzato e stimato. E se è vero che il proprio mondo conta sempre di più di quello degli altri, è anche vero che cercare di capire che cosa interessa agli altri aiuta a comunicare meglio e a farsi degli amici.
3) Abbandonare l’idea di essere infallibili. Nessuno è o potrà mai essere detentore di verità assoluta; perciò chi riesce a dubitare di sé e delle proprie opinioni è più saggio di quanto pensi. La mappa non è il territorio e la mappa comprende le proprie convinzioni , idee, opinioni che sono le proprie e non quelle dell’umanità intera.
4) Imparare ad ascoltare. Saper ascoltare sembra facile o addirittura scontato e invece non è così perché saper ascoltare richiede empatia ed impegno privo di giudizio su quanto l’altro ci sta dicendo.
5) Considerare le emozioni una risorsa. Imparare a riconoscere, gestire ed esprimere i propri sentimenti e stati d’animo è una grande conquista personale, che promuove l’equilibrio interiore e predispone all’autorealizzazione.
6) Dire quello che si pensa senza temere il giudizio degli altri. Se dire quello che si pensa aiuta a sentirsi bene ed in pace con se stessi, farlo con un pizzico di tatto e diplomazia è un obbligo sociale. Per questo nel sostenere le proprie idee bisognerebbe evitare qualsiasi esagerazione o forma di arroganza.
7) Sviluppare un orientamento al dialogo. Chi vuole davvero imparare a comunicare con il cuore deve far suo il principio del ‘vincitore-vincitore’ cioè in una relazione comunicativa non ci sono perdenti.

Eufrasia D’Amato

il “Benessere Organizzativo”

Con il termine “BENESSERE ORGANIZZATIVO” possiamo intendere l’insieme dei nuclei culturali, dei processi e delle pratiche organizzative che animano la dinamica della convivenza nei contesti di lavoro, promuovendo, mantenendo e migliorando la qualità della vita e il grado di benessere fisico, psicologico e sociale delle comunità lavorative.

Le categorie alla base del “Benessere Organizzativo” sono:
– Caratteristiche dell’ambiente nel quale si svolge il lavoro
– Chiarezza degli obiettivi organizzativi e coerenza tra enunciati e pratiche organizzative
– Riconoscimento e valorizzazione delle competenze
– Comunicazione intraorganizzativa circolare
– Circolazione delle informazioni
– Prevenzione degli infortuni e dei rischi professionali
– Clima relazionale franco e collaborativo
– Scorrevolezza operativa e supporto verso gli obiettivi
– Giustizia organizzativa
– Apertura all’innovazione
– Stress
– Conflittualità

SEGNALI INDIVIDUALI DI “BENESSERE”
1) Soddisfazione per l’organizzazione
2) Voglia di impegnarsi per l’organizzazione
3) Sensazione di far parte di un team
4) Voglia di andare al lavoro
5) Elevato coinvolgimento
6) Speranza di poter cambiare le condizioni negative attuali
7) Percezione di successo dell’organizzazione
8) Rapporto tra vita lavorativa e privata
9) Relazioni interpersonali
10) Valori organizzativi
11) Immagine del management (credibilità e stima)

SEGNALI INDIVIDUALI DI “MALESSERE”
1) Insofferenza nell’andare al lavoro
2) Assenteismo
3) Disinteresse per il lavoro
4) Desiderio di cambiare lavoro
5) Alto livello di pettegolezzo
6) Covare risentimento verso l’organiz.
7) Aggressività inabituale e nervosismo
8) Disturbi psicosomatici
9) Sentimento di inutilità
10) Sentimento di irrilevanza
11) Sentimento di disconoscimento
12) Lentezza nella performance
13) Confusione organizzativa in termini di ruoli, compiti etc
14) Venir meno della propositività a livello cognitivo
15) Aderenza formale alle regole e anaffettività lavorativa.