il Fatto-Rello n.2

Editoriale di GIUSEPPE RAGNETTI

Il secondo numero del Fatto-rello vede la luce a conclusione di un periodo particolarmente intenso di comunicazione elettorale in vista delle elezioni politiche dell’Aprile 2006. L’alluvione mediatica dalla quale, nostro malgrado, siamo stati travolti ha visto il trionfo dei più abusati ed intollerabili luoghi comuni.

Prof. Giuseppe Ragnetti

Prof. Giuseppe Ragnetti

Questi, ancora una volta, sono stati la conseguenza dell’insostenibile impostazione teorica d’oltre oceano per cui il mezzo sarebbe di per sé un valido ed efficace messaggio a prescindere dai contenuti da esso veicolati. La propaganda elettorale, prima, e le successive analisi dei risultati ottenuti hanno evidenziato, ancora una volta, la convinzione largamente diffusa dell’esistenza di uomini (in questo caso politici, figuriamoci!!!!) in grado di agire non tanto sulle opinioni di altri uomini, ma sui loro schemi mentali ed, in ultima analisi, sui loro comportamenti.

Dimenticano costoro che esiste una forte scissione tra opinioni ed atteggiamenti, da una parte, e comportamenti adottati nella vita reale. Più che mai, dobbiamo sentirci orgogliosi, noi fattorelliani, di appartenere alla nostra piccola istituzione culturale che ormai da decenni ha fatto chiarezza sull’impossibilità che attraverso i mezzi della comunicazione sociale si possano governare i comportamenti umani.

Nei prossimi mesi avremo modo di discutere nelle nostre aule del recuperato “miracolo” Berlusconi e dell’incompiuto “miracolo” Prodi. Lo faremo con il rigore scientifico che ci distingue da sempre e che ci consente di essere ancora dopo 60 anni la prima scuola legittimata a definirsi “la via italiana alla comunicazione”.

Sensazioni “Versate”

…di tali abbagli vive l’animo umano, condotto oltre la siepe dallo sconosciuto abitante del cielo. Si imprimono parole su spiriti stracchi e l’idioma si incarna in moltitudini inoperose al pensiero.

Saprò riconoscere l’altro nel silenzioso avvio del giorno o all’imbrunire, tra messe di sconcertanti idee, non mie. Divine. Ma non abito il sacro se non incidentalmente, per lento avvio della coscienza.

Durevole forma o immota presenza, la cui ombra tracima il ricordo nel reflusso della memoria. L’ inconoscibile agita i fianchi ampollosi in danza macabra:non sa la morte del suo doppio.

Amorevole compagno il sonno, stigmata della veglia, accecato dal giorno immobile. Sei già ieri, mentre il sole cala i suoi raggi di rabbuiata collera alla notte.

Marina Petrillo

 

Gentile amico/a, vorrei cercare di farti capire, in poche righe, se quello che cerchi puoi trovarlo nella mia scuola. Per illustrarti sinteticamente il concetto, innanzitutto prova a sostituire le parola “insegnamento” con la parola “scambio”, poi sostituisci “nozione” con “pratica”, ed infine togli il criterio di “affermazione” ed esalta quello dell'”opinione”.

Questo è solo l’inizio della spiegazione di cosa s’intende per scuola Fattorelliana, una scuola del tutto particolare dove, anche materialmente, spesso e volentieri cattedra e banchi mutano i propri ruoli.

A questo punto mi insorge l’obbligo di doverti tre risposte….certo, lo so, tu di domande ancora non ne hai fatte, ma è chiaro che per frequentare questa scuola devi almeno averle intuite e cioè; Cosa imparero ? A che mi servirà? Dove mi porterà? Se non vi dispiace, inizierei da quest’ultima in quanto, l’insegnamento e l’utilità potrebbero rivelarsi così variegati che sarebbe quantomeno improbo per me cercare di spiegare. seppur marginalmente.

Molto più interessante ed omogenea è la risposta al traguardo prefitto ovvero…..vi porterà al di fuori del mare dei pregiudizi e dell’esaltazione dell’inutilità dell’essere obbiettivo. Caro amico/a, tutto parte dalla predisposizione al mettersi in discussione, a cercare di capire che in uno stesso messaggio, mittente e destinatario potrebbero non intendere lo stesso senso e che visto che è impossibile che il mondo giri secondo i nostri schemi mentali, cerchiamo noi di capire quali sono quelli degli altri esseri umani.

Sentirete parlare di soggetto promotore e ricettore, di mezzi, di opinioni, ma soprattutto scoprirete che….quello che ascoltate ed apprendete, in fondo è sempre stato lì nel fondo del vostro animo, e forse il mio intervento è servito solo ad accelerarne la sua fuoriuscita. Augurandovi un buon corso, Francesco Fattorello (o chi per lui…)

Remo Diana

Deformazione?

Così scriveva Francesco Fattorello nell’ottobre del 1974:

Deformazione?

Più volte in queste pagine si è richiamata l’attenzione del lettore sulla soggettività della informazione. Un articolo di un eminente penalista ci dà modo di ritornare sull’argomento.

Si tratta di un articolo pubblicato sul quotidiano romano “Il Tempo” il 1° ottobre 1974, dal titolo “Informazione o deformazione” e già il titolo ci offre occasione per dire qualche cosa e cioè che non molto appropriata pare questa distinzione. Infatti i processi di informazione (tramite il giornale o qualsivoglia altro strumento) possono sempre essere considerati come processi che informano o deformano secondo uno o altro punto di vista dei soggetti recettori.

Francesco Fattorello

Francesco Fattorello

Il fatto che un giornalista pubblichi un rendiconto su una certa mostra d’arte rilevando aspetti negativi atti a screditare la mostra stessa così da indurre il pubblico a non interessarsene, può essere giudicato dagli organizzatori della mostra come una “disinformazione” di quella iniziativa. In materia di informazione i processi muovono da un soggetto promotore tramite mezzi o strumenti atti a trasferire certi contenuti i quali sono la forma data da detti soggetti alla materia oggetto di informazione.

La forma dipende dalle facoltà opinanti dei soggetti promotori. Essi hanno facoltà di informare in quanto hanno facoltà di opinare e la varietà delle “formule d’opinione” che essi possono introdurre nel processo sono infinite e sempre “informanti” o “deformanti” se negative secondo il punto di vista dei soggetti recettori.

Sono i soggetti recettori, diretti o indiretti, coloro ai quali le informazioni possono sembrare “deformate” se divergenti dal modo di vedere, di opinare, che a loro è confacente. Il problema discende sempre dalla soggettività della informazione: soggettività del promotore e del recettore.

Che il promotore informi bene o male è una valutazione del recettore secondo il suo punto di vista; ma è sempre una informazione inserita nel tessuto dei rapporti sociali che è fatto non di informazioni buone o di informazioni cattive, ma di queste e di quelle o meglio di quelle che a ognuno di noi sembrano “buone” e di quelle che a ognuno di noi sembrano “cattive” secondo una valutazione del tutto soggettiva che fa ognuno di noi in virtù di quelle stesse facoltà opinanti con le quali il soggetto promotore le informò per noi.

Coloro che tanto discutono di informazione obiettiva (secondo il loro punto di vista professionale o politico che sia) dovrebbero tenere nella dovuta considerazione la realtà dei fenomeni dai quali non può discendere soltanto la loro obiettività.

L’Istituto Fattorello alla conferenza dell’ AIERI

di FEDERICA CONSOLINI

L’istituto Francesco Fattorello è membro istituzionale dell’Associazione Internazionale per la ricerca nel campo dei media e della comunicazione (IAMCR/AIERI), fondata nel 1957 dall’Unesco, della quale il fondatore della scuola è stato vicepresidente per molti anni.

“Comunicazione e democrazia, prospettive per un nuovo mondo” il tema affrontato dalla IAMCR/AIERI a Porto Alegre

Lo scopo dell’associazione è quello di verificare, ogni due anni con un congresso, il lavoro di ricerca che i vari studiosi portano avanti. I settori di studio che l’Associazione abbraccia sono vari: studi sul pubblico, politiche e tecnologie comunicative, storia, comunicazione internazionale, media e sport, comunicazione politica, economia politica, psicologia e pubblica opinione, religione, cultura e media, ambiente e scienza. L’ultimo congresso si è tenuto dal 25 al 30 luglio 2004 a Porto Alegre in Brasile, presso l’università cattolica PUCRS di Rio Grande Do Sul, il tema che si è affrontato è stato il seguente: “Comunicazione e democrazia, prospettive per un nuovo mondo”.

Il nostro Istituto era presente nella figura del Prof. Giuseppe Ragnetti, accompagnato da Alessandra Romano e da Federica Consolini. L’argomento esposto dalla scuola è stato: “La tecnica sociale dell’informazione come alta espressione della libertà di opinione”. Il tema prescelto è stato affrontato dal Prof. Ragnetti mettendo in rilievo come lo studio dell’umanità abbia evidenziato, da sempre, l’importanza prioritaria attribuita da ogni sistema politico all’informazione e alla comunicazione.

La tecnica sociale dell’informazione come alta espressione della libertà di opinione” è stato il tema affrontato dal Prof. Ragnetti alla Conferenza mondiale in Brasile

L’obiettivo dichiarato è stato quello di permettere all’opinione pubblica di diventare voce di un popolo consapevole e responsabile; ma in realtà nessuna forma giuridica finora prodotta, ha consentito tale realizzazione.

Da sinistra: Federica Consolini, Giuseppe Ragnetti, Alessandra Romano

Da sinistra: Federica Consolini, Giuseppe Ragnetti, Alessandra Romano

 

Ora più che mai che i nuovi mezzi di comunicazione hanno portato ad una globalizzazione informatica, si rende indispensabile un approccio teorico che consenta lo studio e l’interpretazione del fenomeno ma soprattutto fornisca strumenti e metodologie operative coerenti agli obiettivi che si vogliono perseguire.

La metodologia fattorelliana crede e sostiene che ogni comunicazione vada studiata in base al soggetto coinvolto. Il recettore non può essere più un “target” – bersaglio passivo.

La tecnica sociale rappresenta una visione di incredibile modernità e sembra poter fornire una risposta adeguata alle crescenti esigenze di informazione e comunicazione, che connotano le società democratiche di oggi. Possiamo, quindi, affermare che la tecnica sociale è l’unica teoria italiana sull’informazione e sulla comunicazione formulata su basi scientifiche oltre che una costruzione metodologica profondamente radicata nella tradizione culturale europea.

Proprio basandosi sull’assunto che non possa esistere un’impostazione teorica sulla comunicazione, sempre valida ed applicabile a qualunque recettore, la metodologia fattorelliana crede e sostiene che ogni comunicazione vada studiata in base al soggetto coinvolto.

Il recettore non può essere più un “target”- bersaglio passivo, ma essendo un soggetto opinante è in grado di promuovere a sua volta, con pari dignità, la comunicazione, all’interno di una complessa dinamica sociale.

Il Prof. Giuseppe Ragnetti a Porto Alegre, Brasile

Il Prof. Giuseppe Ragnetti
a Porto Alegre, Brasile

Inoltre, la forza di polarizzazione sulla quale si base l’informazione pubblicistica si nutre dell’apporto di una teoria, quale la tecnica sociale, che ricerca l’adesione e quindi il consenso dei destinatari prima di tutto studiando l’acculturazione di ognuno e le attitudini sociali (intese come disponibilità ad accettare opinioni proposte sulla base della propria acculturazione).

Ancora una volta, dunque, il Fattorel-lo ha dimostrato di non essere più nell’ambito della persuasione occulta dell’impostazione anglosassone, che ha fatto leva sulla psiche dell’individuo, ma riconosce la dignità di ogni persona umana liberamente pensante e padrona della sua mente.

Questo è ciò che il Prof. Ragnetti ha ribadito nella sua conferenza a Porto Alegre quel 29 luglio 2004 davanti ad europei, africani, americani e sud-americani, tutti interessati e consci che nuovi grandi passi avanti in campo di comunicazione ancora non ne sono stati fatti a differenza, invece, delle teorie della sua scuola.

La tecnica sociale dell’Istituto Fattorello è sempre attuale e rappresenta, ad oggi, il punto di partenza di molte altre teorie internazionali, nate più tardi.

Sei in grado di informare e comunicare? La tecnica fattorelliana risponde…

di ELEONORA PICCI

La comunicazione ha sempre rappresentato, sin dalle epoche più remote, uno dei bisogni più reali e concreti degli uomini. Questi, attraverso la comunicazione, hanno creato, mantenuto o alterato l’ordine sociale e le loro relazioni mutando la propria identità. Nessun sistema sociale si sarebbe potuto creare senza la comunicazione, che ha reso possibile la realizzazione di qualsiasi attività.

Il comunicare implica una condivisione e consiste nel rendere partecipi gli altri di ciò che si possiede

A tal proposito in uno spazio di comunicazione quale il Fatto-rello, che vuole informare gli “addetti del settore”, non poteva mancare un’importante sezione dedicata interamente ai processi e ai meccanismi che sono alla base di ogni rapporto di comunicazione. Prima di andare a fondo in tali rapporti è necessario mettere in evidenza l’importante differenza, che pochi conoscono, esistente tra l’informare ed il comunicare.

Si tratta di due momenti inscindibili ma distinti del fenomeno di cui questa sezione del nostro bollettino si occupa. L’informare è semplicemente il “dar forma” all’oggetto che si vuole trasmettere, e rappresenta quindi il momento appena precedente alla trasmissione. Il comunicare invece implica una condivisione e consiste nel rendere partecipi gli altri di ciò che si possiede. Le teorie generali alle quali ci si riferisce per sostenere le tesi esposte, si basano sulle ricerche, approfondite e sempre attuali, del grande studioso di comunicazione Francesco Fattorello.

Da sessanta anni, la tecnica sociale da lui realizzata risulta la più valida, per dimostrare che tutte le componenti del processo di comunicazione hanno un proprio significato. Legata allo status sociale di ciascuno, la comunicazione è un elemento di un complesso sistema organico: cambiando quindi il contesto ed i mezzi in un processo di comunicazione, cambia anche l’efficacia di quest’ultima e la percettività dei suoi soggetti.

L’informare è semplicemente il “dar forma” all’oggetto che si vuole trasmettere

Le tecniche fattorelliane hanno rivoluzionato la maniera di intendere e fare informazione, basando tutto il processo della comunicazione su alcuni “termini chiave”, che costituiscono gli elementi insostituibili dell’impostazione teorica sostenuta dal Prof. Francesco Fattorello. Analizzando più da vicino i termini della tecnica sociale si può facilmente capire il successo delle teorie di questa piccola ma importante scuola di comunicazione di Roma, unica depositaria dell’eredità culturale fattorelliana.

Secondo la Tecnica Sociale, infatti, il fenomeno dell’informazione si concreta in uno speciale rapporto fra due termini principali:quello promotore e quello recettore. Il soggetto promotore (Sp) trasmette al soggetto recettore (Sr) la sua interpretazione (O) del fatto (X), che è il motivo per cui si attiva il rapporto di informazione attraverso il mezzo (M). Per comprendere a fondo il processo è possibile avvalersi della seguente formula ideografica:

X) Mezzo S Promotore S Recettore Opinione

Per ottenere il successo desiderato, l’adesione cioè del Sr alla formula di opinione proposta, tutto il processo di comunicazione dovrebbe ruotare intorno al soggetto recettore: studiarlo a fondo dunque per conoscere la sua acculturazione che determina le attitudini sociali in base alle quali si aderisce o meno alla proposta del Sp.

Quando si verifica una convergenza di interpretazioni tra Sp e Sr sull’interpretazione proposta dalla X), ne scaturisce l’auspicata adesione di opinione. Naturalmente il fenomeno qui analizzato, con i suoi vari elementi che lo compongono, è circoscritto e configurato in una formula ideografica che, pur rappresentando un punto iniziale ed uno finale, non si separa dall’incessante rinnovarsi ed articolarsi dei rapporti sociali, tramite i quali vive e si perpetua la società.

Pur avendo estratto il fenomeno dalla dinamica sociale, è importante sottolineare come questo possa vivere ed abbia senso solo nella realtà sociale. Il fenomeno dell’informazione è alimentato dall’articolarsi dei rapporti sociali nei quali la società si perpetua e si rinnova.

La corretta rappresentazione ideografica dovrebbe quindi essere la seguente: X) M M M SP SR-SP SP SR-SP SP SR-SP O O O Questo schema esplica come il processo di comunicazione attivi altri processi di comunicazione in cui un soggetto recettore diventa, a sua volta, soggetto promotore. Ognuno, dunque, può diventare fonte di informazione, motivo che giustifica l’importanza dell’acquisizione delle tecniche di comunicazione per ciascuno di noi.

Con la messa in atto di un processo di informazione hanno inizio le responsabilità sociali dell’informatore, il quale non dà solo dei ragguagli ma l’avvio a quella catena di rapporti d’informazione nel contesto sociale.

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L’impostazione della nostra Attività Formativa

di GIUSEPPE RAGNETTIIstituto Francesco Fattorello

Tra il caos delle Università, nel mare magnum di proposte di corsi, lauree brevi, seminari, master e scuole private ad altissimo livello, il nostro Istituto è in grado di fare da trait-de-union tra una scelta ben definita, quale può essere l’Università ed un approfondimento di tutte quelle materie che ruotano intorno al mondo della comunicazione.

La Scuola fondata nel 1947 dal Professore Francesco Fattorello giunge così al suo sessantesimo anno di attività. La finalità dell’Istituto, perfettamente in sintonia con il suo fondatore, è la preparazione ai “mestieri della comunicazione”. Materie fondamentali sono la Teoria della Tecnica Sociale dell’Informazione, le Scienze dell’opinione e tutte le discipline inerenti alle molteplici Tecniche della comunicazione.

L’ Istituto Fattorello è in grado di fare da trait-de-union tra una scelta ben definita, quale può essere l’Università ed un approfondimento di tutte quelle materie che ruotano intorno al mondo della comunicazione

L’Istituto che vanta un’esperienza pluridecennale organizza, inoltre, la sua attività di ricerca operando su due versanti fondamentali: quello scientifico per l’interpretazione del fenomeno dell’informazione e quello pratico finalizzato alla definizione di una tecnica dell’informazione come strumento metodologico fondamentale.

L’Istituto Fattorello costituisce in Italia il primo centro di approfondimento e di didattica per la preparazione degli operatori dell’informazione. L’Istituto ha sede in Roma e collabora a livello internazionale con i maggiori centri studi nell’ambito della comunicazione tra cui l’International Association for mass communication research, fondata nel 1957 a Parigi dall’UNESCO, di cui è membro istituzionale.

il Fatto-rello n.0

Editoriale di GIUSEPPE RAGNETTI

Il 2006 sarà il sessantesimo anno di insegnamento della Tecnica Sociale dell’Informa-zione all ‘Istituto “Francesco Fattorello”. Per l’occasione nasce il nuovo house organ “Il Fatto-rello”.

Tale pubblicazione realizzata all’interno dell’Istituto da docenti e studenti dello stesso, vuole essere una palestra di allenamento intellettuale, un luogo di ricerca e sperimentazione ma, soprattutto, uno spazio dove presentare l’originale impostazione teorica sui problemi dell’informazione e della comunicazione.

Ci auguriamo che tutti coloro che intendono avvicinarsi o approfondire i loro studi sulle dinamiche relazionali e comunicative all’interno della società, trovino sul “Fatto-rello” proficui spunti di confronto e di riflessione.

Prof. Giuseppe Ragnetti

Prof. Giuseppe Ragnetti, docente di TECNICA SOCIALE DELL’INFORMAZIONE: ANALISI SCIENTIFICA E METODOLOGICA all’ Università del Studi di Urbino “Carlo Bo”

A scuola di emozioni

Università degli Studi di Urbino Carlo Bo – Facoltà di Sociologia – Corso di laurea specialistica in Editoria Media e Giornalismo – a.a 2004/2005 – Lavoro  per l’esame di Tecniche di relazione – Prof. Giuseppe Ragnetti

“A scuola di emozioni”

a cura della Dott.ssa Eufrasia D’Amato

Introduzione

Il presente lavoro nasce dalle riflessioni scaturite durante le lezioni del Prof. Ragnetti sulla Tecnica sociale dell’informazione di Francesco Fattorello. 

La tecnica sociale ha rappresentato, e rappresenta tuttora, un punto di rottura molto importante e significativo per l’universo ‘informazione e comunicazione’. La piccola scuola di Roma da ben 60 anni s’impegna nella diffusione di una delle teorie comunicative più importanti che tutto il mondo ha ormai adottato, pur ignorandone spesso le origini tutte italiane. Non per nulla il depliant della scuola recita “ Istituto Francesco Fattorello”, la via italiana alla comunicazione.

In barba all’impostazione americana del “target senza scampo”, la Tecnica sociale rappresenta, oggi, l’unica vera teoria che esalta le facoltà opinanti di entrambi i soggetti coinvolti nel processo: il soggetto promotore e il soggetto recettore attribuendo agli stessi pari dignità. Tecnica sociale perché diretta all’uomo sociale prima che psicologico, studiando la sua acculturazione ed individuandone le attitudini sociali, in base alle quali il soggetto promotore ottiene l’adesione d’opinione alle formule interpretative della realtà da lui proposte.

Quello che però vorrei affrontare in questa sede non sono le problematiche legate al settore giornalistico o ai meccanismi dell’informazione, tra l’altro argomento del corso di laurea intrapreso. Quello che ha destato la mia curiosità e dato vita alla mia riflessione è la relazione che si instaura tra il soggetto promotore e il soggetto recettore.

Tralasciando i vari contesti in cui può essere applicata la Tecnica sociale, quello che per me è importante sottolineare è la relazione tra il promotore e il recettore, ovvero tutte quelle qualità umane che ognuno di noi dovrebbe possedere per relazionarsi con gli altri, prima di tutto. Ma procediamo con ordine.

1. Il mondo della comunicazione e … la comunicazione con il mondo

Colui che è in grado di cambiare continuamente, adeguandosi alle esigenze dei soggetti che incontra, viene considerato un buon comunicatore. Non si parla ne di magia ne di poteri occulti, ma soltanto di un po’ d’attenzione e capacità di ascolto.

Chi sa esprimere le proprie idee, scegliendo i mezzi e le formule d’opinione più adatte per coinvolgere il pubblico viene considerato dal Prof. Ragnetti , un buon comunicatore. Il Prof. Ragnetti ha più volte sottolineato, durante le lezioni, che la prima cosa da imparare per poter comunicare è l’ascoltare chi si ha davanti. L’informatore in grado di capire le esigenze dei propri recettori riesce a comunicare con loro, utilizzando i mezzi più adatti per essere compreso. Ascoltare per conoscere, conoscere per capire, capire per comunicare, comunicare per agire.

2. Informazione fenomeno sociale

Se con l’informazione si concreta un processo che salda il rapporto fra chi informa ed il suo recettore, con essa si manifesta anche l’inclinazione dell’uomo a vivere in società. Sono i rapporti d’informazione, infatti, che consentono all’uomo di associarsi con gli altri uomini. Da qui si deduce che l’informazione è un fenomeno sociale e quindi si mette in pratica mediante una tecnica sociale. Questa permette di agire sulle opinioni degli uomini.

Questi ultimi sono i protagonisti del rapporto d’informazione: definiti come soggetto promotore e soggetto recettore.

Per analizzare il fenomeno sociale, quindi, è necessario conoscere i due soggetti protagonisti del rapporto d’informazione, l’oggetto del rapporto ed il mezzo utilizzato per concentrare il rapporto stesso. Quando tutti questi elementi vengono presi in considerazione si realizza non solo un’informazione, perché si rende partecipe qualcun altro delle nostre idee. E’ importante percepire il mondo degli altri, perché siamo in ‘comunicazione’ continua con chi ci circonda. Il mondo d’oggi è basato sui rapporti di comunicazione e sulle relazioni pubbliche. E’ necessario quindi rivalutare le tecniche di comunicazione, alla luce di quelle fattorelliane.

3. Informazione dell’attualità

Seguendo l’impostazione teorica fattorelliana, possiamo affermare che l’informazione s concreta in uno speciale rapporto fra i due termini principali: quello promotore e quello recettore. Oltre a questi due termini principali, è necessario considerare lo strumento che salda il rapporto tra i primi ed il suo contenuto. Quest’ultimo termine è la forma di ciò che è oggetto del rapporto di informazione, che resta fuori dal rapporto stesso.

In questa luce possiamo riconsiderare anche l’informazione pubblicista, il cui promotore risulta essere il giornalista, che dà inizio al processo dell’informazione. Lo strumento è il giornale e la forma data al fatto del giorno è la notizia. Il recettore si configura con il lettore e l’oggetto di cui si parla con il fatto del giorno. Evidente quindi l’importanza che il giornalista apprenda la tecnica sociale dell’informazione.

4. Tecnica sociale fattorelliana

La comunicazione, legata allo status sociale di ciascuno, è un elemento di un complesso sistema organico in cui tutte le componenti hanno un proprio significato. Cambiando quindi il contesto ed i mezzi in una comunicazione, cambia anche l’efficacia di quest’ultima e la percettività dei suoi soggetti.

Analizzando più da vicino i termini della tecnica sociale, si può affermare che vengono indicati come:

  • x) – il motivo per il quale si mette in atto il processo di comunicazione
  • SP – Soggetto promotore: che deve trasmettere il messaggio
  • SR – Soggetto recettore: del messaggio, che interpreta secondo i propri schemi il messaggio ricevuto
  • M – il mezzo utilizzato per trasmettere la O
  • O – la visione, l’interpetrazione della x, una formula d’opinione cioè sulla quale ottenere l’adesione di opinione del recettore

5. Il Soggetto Promotore

Colui che trasmette non un fatto ma la forma che ha data a ciò che ha interpretato viene definito soggetto promotore. Soggetto perché in prima persona è il promotore di un’informazione o meglio di un’interpretazione di un fatto con cui cerca di rappresentare qualcosa ad altri.

In qualsiasi situazione, sia essa una comunicazione in ambito familiare o lavorativo o diversamente a livello mondiale, il soggetto promotore esprime sempre un proprio pensiero, in merito a qualcosa. Anche quando è richiesta l’obiettività assoluta. Ogni uomo come soggetto opinante è portato ad opinare su tutto, anche su ciò che non conosce. Questo significa che nella soggettività dell’informazione risiede il suo valore e che l’informazione sta nel gioco delle interpretazioni. Potrebbe sembrare un discorso insensato, ma in questo risiede la grande innovazione degli studi fattorelliani.

Considerando che ciascuno di noi ha una propria visione del mondo, creata in base alle esperienze e al bagaglio socio-culturale, è facile capire il perché ciascuno interpreti uno stesso fatto a modo proprio. La percezione, infatti, è un processo che elabora gli stimoli, attraverso meccanismi di filtro percettivo che determinano la nostra mappa del mondo. E’ chiaro quindi come sia impossibile interpretare e trasmettere oggettivamente un fatto. Analogamente vale per chi riceve l’informazione.

6. Il soggetto recettore

Il soggetto recettore è anche lui definito soggetto perché non ascolta passivamente le informazioni che gli vengono comunicate, bensì, attraverso la sua mappa del mondo, le percepisce, le interpreta e a sua volta le comunica. Con la messa in atto di un processo di informazione, infatti, hanno inizio le responsabilità sociali di un informatore, che dà avvio ad una catena di rapporti di informazione che potrebbe svilupparsi all’infinito. Per questo motivo se il promotore trasmette un messaggio interpretando la realtà come il recettore, ottiene il suo scopo.

La comunicazione ha successo quando chi si fa promotore di un processo d’informazione capisce esattamente quello che i suoi soggetto recettori vorrebbero sentire. Questi ultimi, a loro volta, lo comunicano diventando promotori di una nuova comunicazione.

L’obiettività quindi è la negazione dell’informazione, perché informare equivale a dare il proprio punto di vista.

7. Il simbolo X)

La X da sempre rappresenta un’incognita, qualcosa o qualcuno che non si conosce. Anche nei processi di informazione equivale a ciò che è oggetto di un’informazione. Sia esso un fatto, un’ideologia, un prodotto, ecc. E’ evidente che in una successione di rapporti di informazione, come avviene nella realtà del fenomeno, in luogo del punto X) è operante il precedente rapporto.

Quello di cui si parla, il motivo per cui sia articola un rapporto di informazione resta fuori dal rapporto perché non è di importanza vitale per lo sviluppo di un processo. Quello che realmente interessa è lo studio del soggetto recettore e del mezzo più efficace per comunicare e far capire ciò di cui si parla.

Perché in un rapporto di comunicazione l’insuccesso e quindi l’inefficacia di un qualsiasi messaggio, risiede nel comunicare senza essere capiti.

8. Il linguaggio del mezzo

Il mezzo, questo sconosciuto per la grande maggioranza dei comunicatori odierni, ha suggellato molti insuccessi anche in grandi campagne pubblicitarie. Nello sviluppo della tecnica sociale fattorelliana, invece, riveste un ruolo fondamentale.

Se non si considera, infatti, il mezzo più adatto per raggiungere il bersaglio di una comunicazione, non si possono ottenere risultati efficaci. Il metodo utilizzato diventa dunque la base del risultato. Che sia audiovisivo, meccanico, verbale, un mezzo risulta essere lo specchio della società in cui si esprime, strumento di formazione del costume e delle opinioni. Come queste, quindi, è sensibile al cambiamento e le sue innovazioni sono continue.

Il mezzo ha un proprio linguaggio. Parla la lingua del recettore a cui si riferisce, o meglio, così dovrebbe essere in una corretta comunicazione. Tuttavia bisogna porre attenzione a non confondere le prerogative del massaggio con quelle del mezzo e non attribuire quest’ultimo responsabilità che non gli competono.

Proprio perché si tratta di un mezzo, infatti, di uno strumento, la sua funzione resterà sempre e comunque “funzione d’uso”, al servizio dell’opinione che si vuole accreditare.

9. Il termine ‘O’

Con la lettera ‘O’ viene identificata la forma della rappresentazione, la manifestazione dell’opinione sulla quale si mira per ottenere l’adesione del recettore. Ogni azione, infatti, ogni cosa che è motivo di un processo di informazione riceve la sua forma dallo scopo dell’informazione e della cultura che ha socializzato il promotore ed il recettore.

Questa rappresentazione di ciò che viene espresso dal soggetto, è una nuova rappresentazione derivata dal processo di opinione e configurata in modo tale da provocare l’adesione del recettore. Le informazioni sono ‘formule d’opinione’. 

“L’opinione in particolare si concreta nell’adesione a determinate formule, di un’attitudine che può essere valutata sulla scala delle opinioni”. Per un tecnico dell’informazione, l’opinione pubblica è il campo d’azione di ogni suo lavoro, pertanto, è importante valutare il giudizio e l’attitudine del recettore.

10. La storia dell’opinione

La storia dell’opinione affonda le proprie radici nella filosofia greca. Il dilemma di quanto questa verità sia opinabile e quindi soggettiva ha coinvolto nei secoli filosofi e studiosi che hanno cercato di dare all’opinione una definizione. Platone ha scritto che “all’opinione piace opinare”, perché deriva dai sensi e dagli stimoli della realtà esterna. Questo dimostra non solo la sua imperfezione e mutevolezza ma anche la sua contrapposizione alle scienze matematiche.

Hegel ha parlato del concetto sostenendo l’inesistenza di un’opinione filosofica, essendo al filosofia una scienza universale. Anche per Kant l’opinione non può essere motivo di scienza, perché ha valore soggettivo, ma è proprio questa caratteristica a far si che la comunicazione sia lo stimolo e la fonte principale delle opinioni.

Questa è la grande rivoluzione degli studi fattorelliani, ogni presunta verità è considerata un’opinione individuale, ma l’opinione cambia con il mutare della società, dei soggetti e dei diversi contesti che la esprimono, e come la definì Cicerone, è una imbecillam assertionem.

11. Le fasi dell’opinione

Gli studi sociologici sul fenomeno dell’opinione abbracciati dalla scuola di comunicazione ‘Francesco Fattorello’, condividono quelli affrontati da Stoetzel. L’autore francese, in chiave sociologica, ha studiato non solo la natura e la configurazione del fenomeno opinione, ma anche i motivi che determinano un’adesione di opinione e quali soggetti vengono coinvolti. Considerando che un’opinione è sempre relativa ad un problema determinato (materia d’opinione) su cui il soggetto esprime il proprio punto di vista (forma dell’opinione), esistono varie fasi attraverso le quali il recettore passa, prima di aderire all’opinione propostagli.

Prima di giungere ad adottare come propria l’opinione del promotore, il soggetto recettore ha bisogno di entrare in contatto con il problema opinabile. Questa prima fase presume un’abilità del promotore che deve carpire l’attenzione e l’interesse fornendo un messaggio attrattivo ed efficace (formula d’opinione proposta).

A questo punto il recettore confronta automaticamente l’opinione proposta ed il proprio sistema di valori, valuta l’informazione e decide: le opinioni in sintonia con il suo modo di pensare vengono ascoltate, le altre rifiutate. Quindi adozione o rifiuto sanciscono la fine dell’evoluzione del recettore che, se aderisce alla proposta, diventa a sua volta un nuovo promotore.

12. Il fattore di conformità

Per capire in maniera diretta cosa sia il fattore di conformità, basta riflettere sulla vittoria conseguita nelle ultime elezioni politiche americane negli USA (Novembre 2004 – rivince G. W. Bush). Il candidato favorito dagli elettori USA sembrava essere John Carry, fino alla messa in onda di un video di Al Queda.

Il leader del gruppo terrorista, Bin Laden, ha ricordato agli americani che i suoi obiettivi statunitensi persistono, così come il suo odio per l’America. Questo è bastato a risvegliare negli animi statunitensi paura e terrore, davanti ad una situazione che soltanto George Bush saprebbe continuare ad affrontare. Ecco il motivo della sua vittoria.

Quindi è sufficiente una distribuzione pianificata e conformata per determinare una pressione che, esercitata sugli individui, determina un’adesione pressoché unanime verso un’opinione. I più comuni fattori di conformità risultano essere la ragione, i valori, l’opinione della maggioranza, l’interesse comune, gli stereotipi, perché ci si illude di avere delle opinioni sulle cose del mondo, ma in realtà è solamente sulla rappresentazione di esse che le opinioni si formano e vengono poi giudicate. Sono questi stereotipi a costituire una vera e propria forza di persuasione.

13. Opinione pubblica

La massificazione della società attuale, la standardizzazione e spersonalizzazione dell’uomo moderno. Questi sono i temi fondamentali per la nascita dell’opinione pubblica. Il suo soggetto ed oggetto sono pubblici, conosciuti e condivisi dai più che privi di una propria personalità si fanno forza nella massa.

L’opinione pubblica, una pubblica condivisione di idee, rassicura gli uomini facendoli sentire meno soli. Pur non conoscendo le persone che incarnano le proprie idee, gli uomini si vestono della altrui opinioni, sostenendole e contribuendo alla creazione di un’opinione pubblica, il cui oggetto è conosciuto e condiviso dai più. Questi i presupposti per la formazione di un’opinione pubblica, la cui forza ed efficacia è direttamente proporzionale con la quantità e la qualità delle persone che la sostengono. Il mezzo che meglio esprime l’opinione pubblica odierna è l’informazione, colonna portante dei nostri tempi.

14. Informazione contingente

L’attualità delle notizie dà vita all’informazione di carattere contingente. E’ il contingente che dà vita alla notizia; vive quanto quel rapporto contingente tempestivo che si instaura fra l’evento, l’estensore, il testo ed il recettore. Quest’ultimo è costituito da un soggetto generico che può abbracciare anche tutto il mondo ed è proprio per questo che il contenuto di questa informazione non può che essere generico. Importante risulta l’accessibilità e quindi la pubblicità dell’informazione dell’attualità.

Le opinioni contingenti devono essere ‘fattori di conformità’ per il gruppo a cui si rivolgono. Ciò vuol dire che il successo di un’informazione di ordine pubblicistico si ha quando il recettore è portato ad accettare l’opinione che il promotore gli propone. Per concentrare e limitare l’attenzione del pubblico è necessaria la ripetizione e la periodicità, elementi caratterizzanti questo tipo di informazione. Strumento principe il giornale.

15. Informazione non contingente

Il termine informazione non contingente, indica un lento, non coercitivo e razionale processo di informazione, tipico di contenuti che non hanno rapporto con il momento presente. Si parla di cultura, di didattica, di notizie inerenti opinioni cristallizzate e valori.

Questo il contenuto di informazioni di carattere non contingente, di cui né la tempestività né la novità sono elementi caratterizzanti. Il promotore in questo caso è per lo più qualificato, così come il recettore, perché il processo è bilaterale. Come dire che tra chi propone un tema e chi lo apprende, è necessaria un’interazione.

Seppure il non contingente si articoli tramite procedimenti logici e razionali, su opinioni cristallizzate, può utilizzare, talvolta, gli stessi strumenti validi per l’informazione contingente, quindi la radio, la televisione, il cinema, la rete, la cui informazione si distingue per i contenuti proposti, tenendo tuttavia presenti i limiti strutturali e il  diverso linguaggio che questi mezzi richiedono.

Una Teoria italiana per un nuovo approccio alla Comunicazione

“Una Teoria italiana per un nuovo approccio alla Comunicazione”

Articolo di Francesco Bossi pubblicato sulla Rivista Bimestrale “SYNCHRON” – Idee Prospettive Momenti di Incontro del settore AGIP Petroli – Anno 15 – n.3/96

Qui la Rassegna Stampa dell’articolo sulla rivista


Francesco Fattorello
Ordinario dal 1936 di Storia del Giornalismo all’Univerità di Roma, aveva fondato nel 1947 l’istituto Italiano di Pubblicismo che rappresentò la prima Scuola in Italia per gli operatori dell’informazione. La tecnica sociale dell’informazione è la materia che ne aveva ispirato il piano didattico. Le esperienze tratte da questa interpretazione del fenomeno dell’informazione e dal metodo di insegnamento praticato dalla Scuola italiana, apparvero allora così innovative da essere accolte tra le materie di studio del Corso internazionale per l’insegnamento del Giornalismo, all’Università di Strasburgo.


Quello che è stato Mattei per la vicenda del petrolio in italia, lo è stato Fattorello nel campo della comunicazione. Parlare del “Mattei della comunicazione” significa riferirsi allo spirito di intraprendenza e di innovazione che ha caratterizzato l’opera del Fattorello. La storia ci dice come Mattei abbia rovesciato il ruolo fino ad allora interpretato dall’Italia in campo petrolifero proponendone, anche a livello internazionale, uno più innovativo, quasi rivoluzionario. Ebbene, la stessa cosa è avvenuta in campo sociologico con Fattorello.

L’attenzione che la sua teoria ha destato, soprattutto all’estero, non solo è la testimonianza della carica innovativa che essa portava nel panorama culturale delle scienze sociali, ma ha persino determinato un graduale avvicinamento della Scuola anglosassone alle posizioni della Scuola italiana. La differenza nell’approccio scientifico è tutta qui: se nel processo di comunicazione consideriamo il destinatario come un oggetto passivo e dunque del tutto manipolabile dai mezzi di “persuasione occulta” che giocano sulle pulsioni inconsce proprie di ogni individuo, l’efficacia della nostra comunicazione sara sempre condizionata da variabili imprevedibili che spesso mandano in tilt il circuito pazientemente costruito. Se invece consideriamo il soggetto recettore come un gruppo di individui da un lato inserito in un contesto sociale che ne condiziona i bisogni e gli atteggiamenti, dall’altro che interagisce in modo attivo alle opinioni che gli vengono trasmesse dal promotore della comunicazione, attraverso proprie opinioni a loro volta comunicate ad altri, allora questa sorta di reazione a catena richiede un tipo di analisi della comunicazione che obbliga a tarare pazientemente su ogni tipo di recettore ciascun messaggio elaborato.

É il contrario di quanto spesso accade nel mondo delle imprese, quando si confezionano prodotti di comunicazione anche egregi come fattura, ma generici e indifferenziati (che vanno bene per tutti e per ogni occasione), che cioè non sono costruiti “su misura” dei differenti segmenti di audience ai quali ci si rivolge.

È proprio da questa concretezza della tecnica sociale, questa sua capacita di essere applicata ad ogni situazione particolare, che nasce il marketing operativo, cioè l’esigenza di far accettare ogni particolare prodotto modellandolo in funzione delle esigenze del cliente a cui è destinato, con una analogia tra un modo “tutto italiano” di vendere il prodotto, ad esempio petrolifero e la “vendita” del prodotto comunicazione. In entrambi i casi c’è l’esigenza di non “imporre” il prodotto ma di entrare in rapporto ravvicinato con il contesto sociale nel quale sono inseriti i nostri “clienti finali”.

Da quando, negli anni sessanta, il noto sociologo canadese Herbert Marsliall McLuhan pubblicò le sue più famose opere sui mezzi di comunicazione di massa (La Galassia Gutemberg, Gli strumenti del comunicare) che teorizzavano per la prima volta la prevalenza dei mezzi nel processo di comunicazione, prendeva il via una proliferazione di studi e di analisi sistematiche che finirono per decretare una sorta di predominio della cultura anglosassone d’oltreoceano.

Così le nuove teorie che ne scaturirono andarono a rafforzare quel filone della “cultura di massa” che era stata la scoperta più significativa della sociologia americana del dopoguerra. Nella “mass communication” si andavano per lo più ad osservare i vari fenomeni “quantitativi sull’accumulo delle informazioni e dunque sui processi di carattere psicologico attraverso i quali gli individui acquisiscono ed organizzano l’enorme massa di informazioni da cui sono quotidianamente bombardati.

Ma nel corso degli anni è emersa una certa insofferenza verso questa visione, a favore di un approccio di carattere più sociologico al problema dell’informazione, riguardata nel rapporto che lega chi promuove l’informazione con chi la riceve, cioè come un processo che determina una reazione da parte dei destinatari a causa del loro essere inseriti in un certo habitat, in un particolare contesto socio-culturale.

L’informazione come un momento dunque del vivere in associazione con gli altri, come fenomeno sociale, e non solo meramente psicologico. In particolare la critica all’impostazione di McLuhan si soffermava sull’importanza, ritenuta eccessiva, data al ruolo del mezzo nel processo di comunicazione. Infatti, secondo il sociologo canadese, il senso del noto e forse abusato slogan “il mezzo è il messaggio” consiste nel rilevare la prevalenza del modo di trasmettere i messaggi rispetto al loro contenuto. Una prevalenza giustificata dalla considerazione che il mezzo non si limita a trasmettere il messaggio ma lo viene a modificare in ragione delle proprie caratteristiche tecniche di strumento.

Quindi i mezzi produrrebbero determinati effetti indipendentemente dal loro contenuto. Ed è proprio contro questa interpretazione, di matrice anglosassone, sul termine (cioè il mezzo) del processo di comunicazione che trasformerebbe il messaggio, che si leva la voce di una visione della comunicazione legata ad una tradizione culturale e sociologica più “italiana”, di matrice umanistica, che sottolinea invece come la modifica dell’oggetto della comunicazione è un processo che non fa parte del circuito informativo, ma che si genera al di fuori di esso, più a monte, nella mente di chi comunica (e non già nelle proprietà tecniche degli strumenti, per quanto sofisticati possano essere).

È il soggetto che vuole comunicare che trasforma l’oggetto della sua comunicazione in una sua particolare forma, attribuendogli cioè una interpretazione che diventa essa stessa messaggio, entrando così nel noto circuito di “emittente-messaggio-mezzo-ricevente”. La tecnica sociale dell’informazione di Francesco Fattorello è l’unica teoria italiana sulla comunicazione, formulata su rigorose basi scientifiche. È una costruzione metodologica profondamente radicata nella nostra tradizione culturale, proprio perché si basa sul presupposto che non esista una teoria comunicazionale valida sempre ed applicabile a qualunque recettore, ma che una metodologia sui processi di interazione tra chi promuove una comunicazione e chi la riceve debba necessariamente essere tarata sul recettore, in quanto non oggetto passivo della comunicazione ma soggetto che interagisce con il promotore all’interno di una complessa dinamica sociale.

La “tecnica sociale dell’informazione” si basa sul presupposto che chi riceve la comunicazione non è un oggetto passivo, preda dei condizionamenti, ma un soggetto che interagisce con chi comunica all?interno di una complessa dinamica sociale.

Informare, trasmettere, comunicare

Per chiarire il significato e la portata di questo approccio sociologico è necessario confrontarlo con l’ambito proprio della teoria generale delle comunicazioni. Considerare l’informazione come tecnica sociale comporta infatti un taglio particolare rispetto all’accezione generica dei processi di comunicazione, con i quali non può essere mai confusa.

Una differenziazione innanzitutto rispetto all’azione di trasmissione di informazioni, che indica solo un momento del processo informativo, quello cioè del passaggio dall’emittente al recettore attraverso un mezzo. Infatti la tecnica sociale considera proprio l’impossibilità di trasmettere un oggetto (l’informazione) da un termine all’altro della comunicazione, bensì solo e sempre la sua forma, cioè la particolare interpretazione dell’informazione che il soggetto promotore non può far a meno di dare prima ancora di attivare il processo informativo. Ma informare non coincide dunque con il trasmettere, si differenzia soprattutto dal comunicare, un termine che non a caso il linguaggio corrente applica ad ambiti estremamente vasti e generici come le vie di comunicazione o i mezzi di trasporto.

Comunicare, al di là ovviamente della forma più elementare di rapporto diretto e immediato tra due persone, sta dunque ad indicare un’azione che mette in contatto, che accomuna due termini grazie ad un sistema di trasmissione. Non a caso la teoria generale delle comunicazioni e nata all’inizio degli anni sessanta come una teoria che studiava i problemi delle comunicazioni elettriche (ed è curioso notare come sin d’allora nasceva l’ambiguità del suo significato, se l’opera di John Pierce, uno dei più autorevoli studiosi della materia, “Symhols, signal and noise: the nature and process of communications” veniva tradotta in Italia con “Teoria generale dell’informazione”).

Gli sviluppi successivi ne accentuavano poi il carattere scientifico nel disciplinare il processo di “codifica” dei messaggi che viaggiano su un particolare canale, ponendo così le basi della cibernetica, una scienza che veniva così a racchiudere in un unico ambito sistematico sia i fenomeni fisiologici ( la trasmissione dei segnali del sistema nervoso centrale, periferico e neurovegetativo) che quelli elettromagnetici.

Parlando in senso tecnico di comunicazione, ci riferiamo dunque ad un sistema complesso che svolge tutta una serie di operazioni sulle informazioni captate: non solo cioè le raccoglie, ma le trattiene, le memorizza, le elabora e le trasforma, come risulta evidente se osserviamo i processi di tipo informatici e i sistemi operativi dei computer.

Contrariamente a quanto generalmente si pensa, nella comunicazione verso il pubblico non si trasmette mai una informazione ma sempre la sua “forma”, cioè l’interpretazione che chi comunica non può fare a meno di dare all’oggetto della sua comunicazione.

La formula di opinione

Un esame attento del termine “comunicare” ci indica quindi un significato estremamente ampio e necessariamente generico, che non dà ragione dei fenomeni studiati dalla tecnica sociale dell’informazione, che si occupa invece di comunicazione di messaggi, puntando il suo interesse non dunque sulla comunanza di informazioni quanto sull’accreditare opinioni.

Una prima conseguenza che se ne trae sta nel fatto che l’impossibilità di sottrarsi a questo processo di informazione rende l’informazione sempre “formazione”, nel senso che è impossibile, contrariamente a quanto qualcuno vorrebbe sostenere, distinguere, ad esempio nel campo della carta stampata, organi politici che concorrono a formare opinione da organi di pura informazione. E questo non tanto in forza di una sorta di abitudine a distorcere e a pilotare le informazioni, quanto perché entrambi i casi stanno ad indicare lo stesso processo informativo.

Infatti, secondo la tecnica sociale dell’informazione non esiste la differenza tra fatti e opinioni, ma entrambi si trasformano sempre in formule di opinione, cioè nelle trasformazioni di ciò che deve essere comunicato in una particolare forma di percezione e di interpretazione del soggetto che promuove la comunicazione. Questa base metodologica intende dunque l’azione di informare nel senso della filosofia scolastica di dare forma ad un’informazione, per ottenere un’adesione a quella forma che viene trasmessa al destinatario della comunicazione.

All’interno di questa visione del fenomeno sociologico, tipicamente legata alle nostre tradizioni culturali e concettuali, ci si può addentrare ad osservare il come si crea questa interpretazione con la quale il soggetto promotore mira ad ottenere un consenso, una adesione da parte del recettore. Rispetto alle finalità che il promotore si pone quando deve comunicare, emergono due ambiti fondamentali di informazione: la costruzione dell’oggetto di informazione può essere infatti finalizzata ad ottenere un’adesione di tipo immediato e contingente, come nel caso del giornalista che mira ad un’adesione di opinione da parte dei suoi lettori; oppure si può puntare a conseguire un’adesione di tipo più profondo, come nel caso della trasmissione di valori o di conoscenze scientifiche, che richiede un processo di assimilazione più lento da parte del recettore.

La formazione dell’opinione pubblica intesa come il prodotto di opinioni contingenti attiene il primo tipo di informazione, mirata a conseguire nel recettore un’adesione immediata all’opinione del promotore, attraverso la rappresentazione di stereotipi, interpretazioni già preconfezionate e di facile assimilazione. La tecnica sociale dell’informazione del Fattorello studia proprio questo ambito, che è poi il campo della cosiddetta attualità, nel quale l’informazione – o meglio la sua forma – viene rivolta a quel particolare gruppo di recettori che si identifica nel pubblico.

Questa informazione pubblicistica, che impiega un tipo di analisi sociologica diversa dall’approccio di studio della trasmissione dell’informazione non contingente, propria dell’ambito scientifico, filosofico, morale e dell’educazione, si è andata ad articolare, nella nostra civiltà della comunicazione, in una serie di ambiti specialistici, ciascuno con finalità precise e circoscritte come il giornalismo, la propaganda ideologica, la pubblicità, le pubbliche relazioni. In tutte queste aree risultano comunque identici i termini del processo di informazione, che si possono rappresentare con una formula ideografica:

X)

Sp —> O —> M —> Sr = Sp1 —> O —> M —> Sr1

dove il soggetto promotore della comunicazione (Sp) attiva un rapporto con il soggetto recettore (Sr) usando un particolare strumento di comunicazione (M) attraverso il quale trasmette una sua opinione (O), un suo modo di rappresentare un fatto o un messaggio. Questo fatto o messaggio, che è il “ciò di cui si parla” x), cioè la materia del processo di informazione, resta al di fuori del processo stesso. Chi, ad esempio, deve riferire al proprio superiore il dibattito che ha avuto corso in una riunione, non pone tra sé e il suo destinatario l’evento accaduto x), ma solo la propria relazione su quell’evento; una relazione (O) alla quale egli affida il compito di creare nel suo interlocutore una particolare immagine dell’evento.

Questa interpretazione della comunicazione viene dunque a superare l’idea tradizionale di un soggetto che trasmette ed uno che riceve, ponendo 1’accento sulla complessità sociale del fenomeno comunicazionale: infatti i due termini sono entrambi soggetti di comunicazione, non solo perché il promotore trasmette non un fatto ma una sua rappresentazione soggettiva, ma anche perché il recettore non si limita a ricevere quella interpretazione, ma la elabora a sua volta per ritrasmetterla ad altri, così rielaborata e reinterpretata, cioè per farsi a sua volta promotore di comunicazione.

Ma l’aspetto più rilevante della natura del fenomeno e che i processi di rielaborazione dei due soggetti risultano dello stesso tipo, in quanto la formazione delle opinioni è la risultante delle stesse dinamiche sociali, in continua evoluzione, che scaturiscono dalla condivisione dello stesso “mondo”, delle stesse sollecitazioni indotte dal comune ambiente esterno.

Studiare la comunicazione diventa allora analizzare le caratteristiche dell’habitat culturale e delle strutture conoscitive con le quali i soggetti interagiscono nel ruolo di protagonisti della creazione continua di rappresentazioni della realtà. Siamo dunque ben lontani da quegli individui a cui si riferiva Umberto Eco negli anni sessanta nel suo celebre “Apocalittici e integrati”: in totale balia del bombardamento dei mass media che determinano in loro una sorta di regressione psichica, un conformismo spinto, una ottenebrata passività. No. Qui ci troviamo in una visione ben diversa nella quale gli individui, interagendo tra di loro, si scambiano frammenti dei loro mondi conoscitivi che sono il frutto delle loro continue elaborazioni personali e delle pulsioni della loro convivenza sociale.

Gli stessi mezzi di comunicazione, nella teoria di Fattorello, non sono scindibili da questa visione in quanto strumenti dotati di uno specifico linguaggio (basti pensare, per fare l’esempio più evidente, alla differenza tra il linguaggio della carta stampata e quello degli strumenti informatici multimediali e interattivi); linguaggio che non è una caratteristica a se stante ma è legato al tipo di recettore al quale prevalentemente si rivolgono. Allo stesso modo i recettori della comunicazione non sono considerati solo nelle loro dimensioni quantitative che ne limitano ovviamente la loro recettività, ma anche secondo il loro diverso grado di disponibilità all’informazione che ricevono.

Le dinamiche in cui è immerso chi riceve una informazione pubblicistica non riguardano solo la sfera della razionalità cosciente e le pulsioni inconsce, ma sono costituite in misura rilevante dalle forze esterne di polarizzazione delle opinioni.

I termini del processo di informazione

Ed è proprio sul recettore che la tecnica sociale dell’informazione accentra il suo interesse. L’informazione pubblicistica è rivolta infatti ad un tipo di recettore che non è né un gruppo fortemente connotato e qualificato, né una folla indistinta, ma un tipo di persone riconoscibili all’interno di un segmento di pubblico soggetto allo stesso mix di dinamiche emotive e razionali, differentemente da quanto avviene per l’informazione di tipo non contingente, che si rivolge ad un pubblico più qualificato e omogeneo, la cui recettività, lenta e graduale, segue prevalentemente percorsi di tipo logico-razionale. Quindi l’analisi del soggetto recettore dell’informazione pubblicistica dedica una particolare attenzione alla recettività di tipo qualitativo dei recettori, connessa con una eterogeneità culturale che richiede perciò da un lato l’uso delle metodologie statistiche e sociologiche, dall’altro le ricerche motivazionali per andare ad individuare le motivazioni culturali e il grado di conformismo sociale.

Quindi le dinamiche in cui è immerso il recettore dell’informazione pubblicistica non attengono solo la sfera della razionalità cosciente e quella delle pulsioni inconsce, ma sono costituite in misura rilevante anche da queste forze esterne di polarizzazione delle opinioni. Se dunque il successo teorico di una informazione di tipo pubblicistico si ha nel caso limite in cui l’adesione di opinione del recettore all’opinione che il promotore gli propone sia totale e completa, in pratica si dovrà puntare all’obiettivo di posizionare questo “fattore di conformità” sulle adesioni di opinione della maggioranza del nostro pubblico.

Infatti l’efficacia dell’informazione non può essere misurata solo con i criteri mediati dalla psicologia (indagini qualitative in profondità) in quanto le reazioni emotive e inconsce dell’individuo non sono scindibili dai condizionamenti che egli subisce per il fatto di appartenere al gruppo al quale il messaggio è rivolto. E questo aumenta le difficoltà della misurazione, inducendo il rilevatore a ricorrere anche alle tecniche proprie della psicologia sociale. Ma nella tecnica sociale di Fattorello l’attenzione dedicata al recettore non opera nella direzione di isolarlo dal contesto del processo informativo, anzi l’interazione tra i vari fattori del processo è molto intensa perché ciascuno dei termini del rapporto di informazione condiziona tutti gli altri.

Dal promotore, che sceglie lo strumento più efficace, configura il suo messaggio per ottenere 1’adesione all’opinione a cui mira e si deve adeguare al suo recettore; allo strumento, che impone al promotore il rispetto di certe regole tecniche legate alle proprie caratteristiche, e che si deve adattare alla configurazione del contenuto dell’informazione e obbliga il recettore ad usare quel tipo di recettività necessaria per comprenderne il linguaggio tecnico proprio delle sue caratteristiche; al contenuto, che porta nel processo di informazione la forma che gli ha dato il promotore e condiziona la scelta dello strumento da usare; fino al nostro recettore che obbliga il promotore ad accertarne i processi conoscitivi, le attese e i condizionamenti del suo essere parte di un pubblico destinatario dell’informazione.

Questa rete di reciproche influenze tra i vari elementi del processo rende perciò la nostra tecnica sociale ben diversa dalla teoria generale delle comunicazioni e dalla famosa formula di Lasswell (chi parla? cosa dice? a chi? con quale mezzo? con quale efficacia?).

Evidenziando solo gli aspetti più macroscopici, si nota che da un lato il modello del sociologo americano prescinde dal simbolo x), cioè dalla dinamica fattorelliana che attribuisce un’ampiezza e una complessità ben diverse all’oggetto della comunicazione, che non è una informazione asettica ma un messaggio caricato dal meccanismo dell’opinione che trasforma il recettore in soggetto attivo non solo nella fase di decodifica del messaggio ma anche in quanto, inserito nella dinamica sociale, egli dà vita successivamente a quella reazione a catena diventando egli stesso soggetto promotore dell’informazione ricevuta, interpretata e modificata dalla propria opinione.

In secondo luogo si nota l’assenza, nel modello di Fattorello, dell’elemento “efficacia” della comunicazione attivata. Non si tratta certo di una dimenticanza, ma piuttosto della volontà di confinare, in senso rigorosamente scientifico, l’effetto del messaggio al di fuori del rapporto di informazione, come elemento quindi che non entra in quella dinamica vitale di reciproche interrelazioni che abbiamo osservato prima.

È questo il motivo per il quale le accentuate dinamiche della tecnica sociale dell’informazione pubblicistica, cioè immediata e contingente, consentono di dare spiegazioni sul fenomeno della formazione dell’opinione pubblica (quella cioè che si forma all’interno di un certo raggruppamento sociale intorno ad un particolare tema), che non è riguardata come un qualcosa di statico che si può fissare in uno schema di analisi sempre uguale, ma viene interpretata appunto come processo di polarizzazione di opinioni, in continua trasformazione secondo certe dinamiche note e misurabili.

E la capacità di misurare il fenomeno sociale dell’informazione scaturisce proprio dalla sua bidirezionalità, cioè dal fatto che esso viene considerato come la risultante sia delle interpretazioni soggettive che il promotore dà sull’oggetto dell’informazìone, sia delle interpretazioni altrettanto soggettive che il recettore dà a sua volta all’interpretazione del promotore. E queste soggettività che si ripetono all’infinito non sono casuali e legate “psicanaliticamente” alle dinamiche interne della coscienza dell’individuo (il mondo delle sue pulsioni e della sua emotività personale), ma sono ordinate da quelle circostanze della vita sociale, del condividere la stessa visione del mondo e appartenere allo stesso habitat culturale, che formano le attitudini che ci portano a reagire alle opinioni che riceviamo con altre opinioni.

Il pubblico che riceve la comunicazione è un soggetto che interagisce con la stessa informazione ricevuta sotto una certa “forma” e che provoca in lui la tendenza a riconfigurarla in modo consono al proprio habitat culturale e alla propria visione del mondo.

Una metodologia per comprendere il nostro mondo

In un simile contesto non viene dato più spazio alla pretesa “obiettività” dell’infomiazione, visto che il valore dell’informazìone, nella tecnica di Fattorello, sta proprio nella sua soggettività, nel fatto cioè che non si può distinguere, come accennavamo all’inizio, tra fatti ed opinioni per il semplice motivo che anche ammettendo per assurdo l’esistenza di informazioni “neutrali” da parte di chi le trasmette, non si può prescindere dal fatto che esse vengano trasformate dalla opinione di chi le riceve, secondo una particolare dinamica di natura sociale.

Allora il noto motto del giornalismo americano, secondo il quale “i fatti sono sacri e la notizia è libera” sembrerebbe dimenticare – da questa prospettiva – che non sono i fatti che vengono riferiti, ma la loro “notizia”, cioè la loro relazione caricata inevitabilmente da una interpretazione soggettiva. Non si tratta certo, nel nostro caso, di un ritorno al criticismo kantiano che negava la possibilità di conoscere le “cose in sé” ma solo i loro fenomeni, le loro rappresentazioni mentali.

No. Qui il problema è semplicemente quello di analizzare il fenomeno dei meccanismi che presiedono l’efficacia delle informazioni trasmesse nella loro effettiva concretezza che si manifesta nella convergenza dinamica di due interpretazioni sull’informazione trasmessa (quella del promotore e quella del recettore).

In altre parole la tecnica sociale considera il pubblico dei recettori non come mero oggetto del processo di comunicazione, ma come soggetto opinante che va dunque studiato, per prevederne le reazioni, non tanto nei suoi caratteri psicologici determinati staticamente, quanto nella dinamica della sua condizione sociologica di soggetto che interagisce con gli altri e soprattutto con l’informazione che riceve sotto una certa forma e che provoca in lui la tendenza a riconfigurarla in modo consono al proprio habitat culturale e alla propria visione del mondo.

Oltre a questo carattere dinamico, in cui il feedback è strettamente connesso al circuito della comunicazione, la tecnica sociale pubblicistica che comprende l’intera gamma di strumenti che oggi si usano per comunicare (dai più tradizionali come la carta stampata, la televisione, il cinema e l’editoria a quelli più innovativi come i mezzi multimediali e interattivi) mette dunque in guardia dall’equivoco diffuso che sia possibile informare senza porsi alcuno scopo.

Anche nei casi di informazione tecnico-scientifica, ad esempio, non esiste una informazione asettica e astratta che viene trasmessa come una sorta di onda acustica nello spazio in attesa che qualcuno la raccolga, ma al contrario, ci troviamo anche qui in un processo di trasformazione che conferisce ad un fatto o ad una nozione una particolare configurazione in funzione di un particolare pubblico interessato a riceverla.

Il soggetto recettore che appare da questa visione e dunque il concreto individuo del nostro tempo, sospinto dal forte bisogno di essere inserito a pieno titolo nella stretta rete dei rapporti sociali, e in particolare all’intemo del proprio gruppo di appartenenza, che lo induce non solo a sapere ma anche a mostrare di sapere. E questo suo impellente bisogno lo spinge a reagire ad ogni informazione che gli perviene dalla quale, più che “il fatto in sé”, vuole trarre un’interpretazione di quella relazione sul fatto che gli viene proposta; sul “fatto” che cioè qualcun altro ha, ancor prima di lui, a suo modo modificato.

È il bisogno del nuovo, dunque, che anima l’uomo di oggi, quello stesso bisogno che porta gli operatori dell’informazione a non parlare della miriade di episodi “normali” che quotidianamente accadono, ma prediligere quelli che hanno il carattere di strano, eccezionale, di fuori dall’ordinario, anche (e non certo per morbosità) se si presentano con una connotazione negativa o funesta.

È il nuovo infatti che appaga il bisogno di essere inseriti nel dinamismo della vita sociale. Un nuovo che presenta anche aspetti inquietanti, come nei casi in cui presuppone e quasi favorisce l’ignoranza del recettore che è più esposto e fragile quando non ha punti di riferimento per rielaborare quanto gli viene riferito. Da qui, come sappiamo bene, nasce la tendenza al sensazionale, allo scoop ricercato talvolta con punte di ostinazione.

Il fatto poi che spesso sia proprio il gusto del sensazionale a stimolare la suggestione dell’audience fa scorgere le interessanti interazioni tra il mondo della comunicazione di massa e l’etica sociale, come tra l’informazione di tipo pubblicistico e la cultura di massa, spesso ridotta ad una sorta di prodotto industriale di largo consumo.

Ma tutte le direzioni possibili di approfondimento e di sviluppo dell’analisi sociologica nel processo di informazione possono comunque trovare nella tecnica del Fattorello un’impostazione metodologica rigorosa ma aperta, che offre cioè in modo estremamente efficace la possibilità di osservare e comprendere l’uomo di oggi nella sua fenomenologia di soggetto attivo che agisce e reagisce continuamente agli stimoli del caotico mondo di relazioni sociali nel quale è inserito.

Una Teoria Italiana per un nuovo approccio alla Comunicazione

“Una Teoria Italiana per un nuovo approccio alla Comunicazione”

Articolo di Francesco Bossi pubblicato sulla Rivista Bimestrale “SYNCHRON” – Idee Prospettive Momenti di Incontro del settore AGIP Petroli – Anno 15 – n.3/96

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